J.K. Rowling - Harry Potter e l'Ordine della Fenice

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Harry Potter e l'Ordine della Fenice: краткое содержание, описание и аннотация

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Il quarto volume delle avventure di Harry Potter ci ha lasciato con il fiato sospeso: Lord Voldemort è tornato. Che cosa succederà ora che l’Oscuro Signore è di nuovo in pieno possesso dei suoi terrificanti poteri? Quanta morte e distruzione seminerà nel tentativo di riprendere il dominio dei mondo? Sono le stesse domande che si pone Harry Potter, disperatamente segregato — come tutte le estati — nella casa dei suoi zii Babbani, lontano dal mondo magico che gli appartiene. Ma qualcosa è cambiato anche in lui. Ormai quindicenne, lo ritroviamo divorato dalla frustrazione, dalla rabbia e dall’ansia di ribellione tipiche della sua età. In uno dei libri più attesi nella storia della letteratura, J.K. Bowling non cessa di stupirci. Tessendo un’altra stupefacente trama, riesce questa volta a dar voce alle inquietudini dell’adolescenza, ad arricchire il suo già mirabolante universo di nuove creature e nuovi indimenticabili personaggi, e anche a metterci in guardia contro la stupidità del potere e di chi lo usa per combattere il talento, il coraggio, la fantasia e la diversità.

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«Non importa» sussurrò Hermione, «non è del tutto in sé, non sa che cosa…»

«Non illuderti, Hermione, lui sa esattamente quello che dice» intervenne Fred, osservando Kreacher con enorme disgusto.

Kreacher continuava a bofonchiare, lo sguardo su Harry.

«È vero? È Harry Potter? Kreacher vede la cicatrice, dev’essere vero, quello è il ragazzo che ha fermato il Signore Oscuro, Kreacher si chiede come ha fatto…»

«Ce lo chiediamo tutti, Kreacher» disse Fred.

«Che cosa vuoi, comunque?» gli chiese George.

Gli occhioni di Kreacher scattarono su quest’ultimo.

«Kreacher pulisce» rispose, evasivo.

«Probabile» disse una voce dietro Harry.

Sirius era tornato; guardò torvo l’elfo dalla soglia. Il fracasso nell’ingresso si era placato; forse la signora Weasley e Mundungus avevano deciso di continuare a litigare giù in cucina. Alla vista di Sirius, Kreacher si prostrò in un inchino ridicolmente profondo che gli appiattì a terra il naso a forma di grugno.

«Tirati su» disse Sirius impaziente. «Allora, che cos’hai in mente?»

«Kreacher pulisce» ripeté l’elfo. «Kreacher vive per servire la Nobile Casata dei Black…»

«Che diventa sempre più nera, è sudicia» aggiunse Sirius.

«Il padrone ha sempre amato scherzare» disse Kreacher inchinandosi di nuovo, e continuò sottovoce: «Il padrone era un perfido porco ingrato che ha spezzato il cuore di sua madre…»

«Mia madre non aveva un cuore, Kreacher» sbottò Sirius. «Si manteneva in vita per puro dispetto».

Kreacher s’inchinò di nuovo.

«Come vuole il padrone» mormorò furioso. «Il padrone non è degno di asciugare la melma dagli stivali di sua madre, oh, mia povera padrona, che cosa direbbe se vedesse che Kreacher serve lui, come lo odiava, che delusione è stato…»

«Ti ho chiesto che cos’hai in mente» insisté Sirius gelido. «Tutte le volte che sbuchi con la scusa di pulire, fai sparire qualcosa e la porti in camera tua per impedirci di buttarla via».

«Kreacher non vorrebbe muovere niente dal suo posto nella casa del padrone» rispose l’elfo, poi biascicò molto in fretta: «La padrona non perdonerebbe mai Kreacher se venisse buttato via l’arazzo, sono sette secoli che è in famiglia, Kreacher deve salvarlo, Kreacher non permetterà al padrone e ai traditori del loro sangue e ai mocciosi di distruggerlo…»

«Lo supponevo» disse Sirius, scoccando un’occhiata sprezzante alla parete opposta. «Mia madre deve aver scagliato un altro Incantesimo di Adesione Permanente lì dietro, non ne dubito, ma se solo posso sbarazzarmene lo farò. Adesso vai via, Kreacher».

Pareva che Kreacher non osasse disobbedire a un ordine diretto; ma lo sguardo che rivolse a Sirius mentre passava strascicando i piedi davanti a lui era colmo del più profondo disprezzo. L’elfo continuò a parlare sottovoce uscendo dalla stanza.

«…torna da Azkaban per dare ordini a Kreacher, oh, la mia povera padrona, che cosa direbbe se vedesse la casa adesso, la feccia che ci vive, i suoi tesori gettati via, ha giurato che non era suo figlio ed è tornato, dicono che è anche un assassino…»

«Continua a borbottare e lo diventerò!» ringhiò Sirius, chiudendo con violenza la porta dietro l’elfo.

«Sirius, non è a posto col cervello» lo supplicò Hermione, «non credo che capisca che possiamo sentirlo».

«È rimasto solo per troppo tempo» rispose Sirius, «a prendere ordini folli dal ritratto di mia madre e a parlare da solo, ma è sempre stato un sudicio piccolo…»

«Se solo potessi liberarlo» disse Hermione speranzosa, «forse…»

«Non possiamo liberarlo, sa troppe cose dell’Ordine» replicò Sirius secco. «E comunque, lo shock lo ucciderebbe. Prova a suggerirgli di andar via di casa e vedrai come reagisce».

Sirius attraversò la stanza e raggiunse l’arazzo che Kreacher aveva tentato di proteggere. Occupava tutta la parete. Harry e gli altri lo seguirono.

L’arazzo sembrava immensamente antico; era sbiadito e pareva rosicchiato qua e là dai Doxy. Tuttavia, il filo d’oro con cui era ricamato scintillava ancora abbastanza da mostrare un esteso albero genealogico che risaliva (per quanto ne capiva Harry) al Medioevo. Grosse lettere in cima all’arazzo recitavano:

La Nobile e Antichissima Casata dei Black
’Toujours pur’

«Tu non ci sei!» osservò Harry esaminando la parte più bassa dell’albero.

«Ero qui» disse Sirius, indicando un buchetto rotondo carbonizzato nel tessuto, simile a una bruciatura di sigaretta. «La mia cara dolce madre mi ha incenerito dopo che sono scappato di casa… Kreacher ha una vera passione per bofonchiare questa storia».

«Tu sei scappato di casa?»

«Avevo quasi sedici anni» disse Sirius. «Non ne potevo più» .

«Dove sei andato?» chiese Harry.

«Da tuo padre» rispose Sirius. «I tuoi nonni furono davvero buoni con me; in un certo senso mi adottarono come un secondo figlio. Sì, mi accampavo da tuo padre per le vacanze scolastiche, e a diciassette anni mi sono trovato un posto tutto mio. Mio zio Alphard mi aveva lasciato un bel po’ d’oro — è cancellato, qui, probabilmente per questo motivo — e comunque, da allora in poi ho badato a me stesso. Però ero sempre il benvenuto dai signori Potter per la colazione della domenica».

«Ma… perché…?»

«Me ne sono andato?» Sirius fece un sorriso amaro e si passò le dita tra i lunghi capelli in disordine. «Perché li odiavo tutti: i miei genitori, con la loro mania del sangue puro, convinti che essere un Black ti rendesse praticamente di stirpe reale… il mio fratello idiota, così sciocco da crederci… eccolo».

Sirius puntò un dito alla base dell’albero, sul nome “Regulus Black”. Una data di morte (che risaliva a una quindicina di anni prima) seguiva quella di nascita.

«Era più giovane di me» disse Sirius, «ed era un figlio molto migliore, come mi veniva ricordato di continuo»,

«Ma è morto» osservò Harry.

«Si» disse Sirius. «Stupido idiota… si è unito ai Mangiamorte».

«Stai scherzando!»

«Andiamo, Harry, non hai visto abbastanza di questa casa per capire che genere di maghi erano quelli della mia famiglia?» chiese Sirius stizzito.

«I tuoi genitori erano… erano anche loro Mangiamorte?»

«No, no, ma credimi, erano convinti che Voldemort avesse ragione, erano per la purificazione della razza magica, per liberarsi dei Babbani di nascita e avere al governo dei purosangue. Non erano soli, comunque; molta gente, prima che Voldemort mostrasse il suo vero volto, credeva che avesse ragione… poi però si sono spaventati quando hanno visto che cosa era pronto a fare per ottenere il potere. Ma scommetto che i miei genitori erano convinti che Regulus fosse un autentico piccolo eroe per essersi unito a Voldemort all’inizio».

«È stato ucciso da un Auror?» chiese Harry esitante.

«Oh, no» rispose Sirius. «No, è stato assassinato da Voldemort. O per ordine di Voldemort, più probabilmente; dubito che Regulus sia mai stato così importante da scomodare Voldemort in persona. Da quanto ho scoperto dopo la sua morte, si era fatto coinvolgere fino a un certo punto, poi è stato preso dal panico per quello che gli era stato richiesto e ha cercato di fare marcia indietro. Be’, non si consegnano le dimissioni a Voldemort. È servizio a vita, o morte».

«Il pranzo» annunciò la signora Weasley.

Teneva la bacchetta alta davanti a sé, reggendo in equilibrio sulla punta un enorme vassoio carico di panini e fette di torta. Era molto rossa in faccia e sembrava ancora arrabbiata. Gli altri si fecero avanti, avidi, ma Harry rimase con Sirius, che si era chinato sull’arazzo.

«Non lo guardo da anni. Ecco Phineas Nigellus, il mio bisbisnonno, sai? Il Preside meno amato che Hogwarts abbia mai avuto… e Araminta Melliflua, cugina di mia madre… ha cercato di far passare un progetto di legge al Ministero per legalizzare la caccia ai Babbani… e la cara zia Elladora… ha avviato la tradizione di famiglia di decapitare gli elfi domestici quando diventavano troppo vecchi per portare i vassoi del tè… Naturalmente, tutte le volte che la famiglia ha prodotto qualcuno di appena decente, è stato diseredato. Vedo che Tonks qui non c’è. Forse è per questo che Kreacher non vuole prendere ordini da lei… lui dovrebbe fare tutto ciò che qualsiasi membro della famiglia gli chiede…»

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