«Kreacher non era devoto a lui proprio quanto a mia madre, ma la settimana scorsa l’ho sorpreso a sbaciucchiare un paio di suoi vecchi pantaloni».
* * *
La signora Weasley li fece lavorare sodo nei giorni che seguirono. Ci vollero tre giornate per disinfestare il salotto. Alla fine, le uniche cose indesiderabili rimaste furono l’arazzo dell’albero genealogico dei Black, che resistette a tutti i loro tentativi di staccarlo dalla parete, e lo scrittoio traballante. Moody non era ancora passato al Quartier Generale, quindi non potevano essere certi del contenuto.
Si spostarono dal salotto a una sala da pranzo al piano terreno, dove trovarono ragni grandi come piattini appostati nella credenza (Ron uscì di corsa dalla stanza per farsi una tazza di tè e non tornò per un’ora e mezza). Sirius gettò in un sacco, senza alcun riguardo, tutte le porcellane che recavano impressi lo stemma e il motto dei Black, e la stessa sorte toccò a un gruppo di vecchie fotografie in ossidate comici d’argento: tutti i ritratti emisero urla perforanti quando il vetro che li ricopriva s’infranse.
Piton poteva anche definire il loro lavoro “pulizie”, ma secondo Harry in realtà stavano muovendo guerra alla casa, e la casa opponeva una fiera resistenza, aiutata e sostenuta da Kreacher. L’elfo domestico compariva tutte le volte che si riunivano; il suo mormorio diventava sempre più offensivo mentre cercava di sottrarre quello che poteva dai sacchi della spazzatura. Sirius arrivò a minacciare di vestirlo, ma Kreacher lo fissò con uno sguardo acquoso e disse: «Il padrone deve fare come il padrone desidera» prima di voltarsi e borbottare a voce molto alta: «Ma il padrone non caccerà via Kreacher, no, perché Kreacher sa quello che hanno in mente, oh, sì, lui sta tramando contro il Signore Oscuro, sì, con questi Mezzosangue traditori feccia…»
Al che Sirius, ignorando le proteste di Hermione, afferrò Kreacher dal retro del gonnellino e lo gettò di peso fuori dalla stanza.
Il campanello suonava parecchie volte al giorno, e ogni volta la madre di Sirius ricominciava a strillare, e Harry e gli altri tentavano di origliare le parole del visitatore; ma raggranellarono pochissimo dalle brevi occhiate e dai frammenti di conversazione che riuscivano a rubare prima che la signora Weasley li richiamasse ai loro compiti. Piton entrò e usci furtivamente di casa molte volte, anche se con sollievo di Harry non si trovarono mai faccia a faccia; Harry vide anche di sfuggita la sua insegnante di Trasfigurazione, la professoressa McGranitt, che sembrava assai strana, vestita con un abito e un soprabito Babbani, e anche lei troppo indaffarata per attardarsi. Qualche volta però il visitatore restava a dare una mano. Tonks si unì a loro in un memorabile pomeriggio nel quale scoprirono un vecchio demone assassino appostato in un bagno di sopra, e Lupin, che abitava con Sirius ma usciva per lunghi periodi a svolgere compiti misteriosi per l’Ordine, li aiutò a guarire un orologio a pendolo dalla spiacevole abitudine di scagliare grossi dardi ai passanti. Mundungus riuscì a redimersi un po’ agli occhi della signora Weasley salvando Ron da un antico completo viola che aveva cercato di strangolarlo quando l’aveva tolto dall’armadio.
Nonostante dormisse ancora male e sognasse ancora corridoi e porte chiuse che gli facevano prudere la cicatrice, Harry riuscì a divertirsi per la prima volta in tutta l’estate. Finché era indaffarato, era sereno; ma quando sospendevano il lavoro e abbassava la guardia, o giaceva sfinito a letto osservando ombre sfocate muoversi sul soffitto, lo riprendeva l’ansia per l’udienza imminente. La paura gli perforava le viscere al pensiero di che cosa gli sarebbe successo se fosse stato espulso. L’idea era così terribile che non osava esprimerla, nemmeno a Ron e Hermione, i quali, anche se lui li vedeva spesso sussurrare tra loro e gettargli sguardi ansiosi, seguivano il suo esempio e non ne parlavano mai. A volte non poteva impedire alla sua fantasia di mostrargli un funzionario senza volto del Ministero che spezzava in due la sua bacchetta e gli ordinava di tornare dai Dursley… ma non ci sarebbe andato. Su questo era fermissimo. Sarebbe tornato in Grimmauld Place a vivere con Sirius.
Fu come se un mattone gli fosse cascato nello stomaco quando mercoledì sera, durante la cena, la signora Weasley gli disse piano: «Ho stirato i tuoi vestiti migliori per domani mattina, Harry, e voglio anche che stasera ti lavi i capelli. Una buona prima impressione può fare meraviglie».
Ron, Hermione, Fred, George e Ginny smisero tutti di parlare e lo guardarono. Harry annuì e cercò di continuare a mangiare la sua costoletta, ma la bocca gli era diventata così asciutta che non riusciva a masticare.
«Come ci vado?» chiese alla signora Weasley, cercando di suonare tranquillo.
«Arthur ti porta con sé al lavoro» rispose lei dolcemente.
Il signor Weasley sorrise incoraggiante dall’altra parte del tavolo.
«Potrai aspettare nel mio ufficio fino all’ora dell’udienza» disse.
Harry guardò Sirius, ma prima che riuscisse a formulare la domanda, la signora Weasley era già intervenuta.
«Il professor Silente non crede che sia una buona idea che Sirius venga con te, e devo dire che…»
«…credi che abbia proprio ragione » concluse Sirius a denti stretti.
La signora Weasley strinse le labbra.
«Quando gliel’ha detto Silente?» chiese Harry, fissando Sirius.
«È venuto ieri sera mentre dormivi» rispose il signor Weasley.
Sirius infilzò di malumore una patata. Harry abbassò lo sguardo sul piatto. Il pensiero che Silente fosse stato in quella casa la vigilia dell’udienza e non avesse chiesto di vederlo lo fece sentire, se possibile, ancora peggio.
CAPITOLO 7
IL MINISTERO DELLA MAGIA
La mattina dopo Harry si svegliò alle cinque e mezza, di colpo e completamente, come se qualcuno gli avesse urlato in un orecchio. Per qualche istante rimase disteso immobile, mentre la prospettiva dell’udienza disciplinare riempiva ogni piccola parte del suo cervello, poi, incapace di sopportarlo, balzò fuori dal letto e inforcò gli occhiali. La signora Weasley aveva disposto i suoi jeans e la T-shirt appena lavati ai piedi del letto. Harry se li infilò. Il quadro vuoto sulla parete ridacchiò.
Ron era disteso sulla schiena, a braccia aperte, con la bocca spalancata, profondamente addormentato. Non si mosse nemmeno quando Harry attraversò la stanza, uscì sul pianerottolo e richiuse piano la porta. Cercando di non pensare alla prossima volta in cui avrebbe visto Ron, se non fossero più stati compagni di scuola a Hogwarts, Harry discese piano le scale, passò sotto le teste degli antenati di Kreacher e scese in cucina.
Si era aspettato di trovarla vuota, ma giunto davanti alla porta sentì un quieto borbottio. La aprì e vide il signore e la signora Weasley, Sirius, Lupin e Tonks seduti, come se lo stessero aspettando. Erano vestiti di tutto punto tranne la signora Weasley, che indossava una vestaglia trapuntata viola e balzò in piedi all’ingresso di Harry.
«La colazione» disse sfoderando la bacchetta, e corse verso il camino.
«Buo-buo-buongiorno, Harry» sbadigliò Tonks. Quella mattina aveva i capelli biondi e ricci. «Dormito bene?»
«Sì» rispose Harry.
«Sono sta-sta-stata su tutta la notte» disse, con un altro sbadiglio che la scosse tutta. «Vieni a sederti…»
Prese una sedia e rovesciò quella accanto.
«Che cosa vuoi, Harry?» domandò la signora Weasley. «Porridge? Muffin? Aringhe? Uova e pancetta? Pane tostato?»
«Solo… solo pane tostato, grazie» rispose Harry.
Lupin gli lanciò un’occhiata e poi disse a Tonks: «Che cosa stavi dicendo a proposito di Scrimgeour?»
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