«E cioè che cosa ?» chiese Harry, impaziente.
«Sai che ha scritto che svenivi dappertutto e dicevi che ti faceva male la cicatrice eccetera, no?»
«Sì» rispose Harry, che non poteva aver dimenticato tanto in fretta gli articoli di Rita Skeeter su di lui.
«Be’, parlano di te come se fossi un frustrato, uno che cerca attenzione, che crede di essere un grande eroe tragico o roba del genere» disse Hermione rapidissima, come se fosse meno spiacevole per Harry venire a sapere quei fatti velocemente. «Continuano a buttar lì commenti malevoli su di te. Se esce un articolo su una storia inverosimile, scrivono cose tipo “Un racconto degno di Harry Potter”, e se qualcuno ha un incidente buffo o cose così, “Speriamo che non gli resti una cicatrice sulla fronte o presto ci toccherà adorarlo”…»
«Io non voglio che nessuno mi adori…» Harry cominciò a scaldarsi.
«Lo so che non vuoi» disse Hermione in fretta, con aria spaventata. «Io lo so, Harry. Ma lo capisci che cosa stanno facendo? Vogliono farti diventare una persona non credibile. C’è dietro Caramell, ci scommetto tutto quello che vuoi. Vogliono che i maghi della strada credano che sei solo un ragazzino stupido, una specie di macchietta, che racconta storie esagerate e ridicole perché adora essere famoso e vuole che le cose continuino così».
«Io non ho chiesto… io non volevo… Voldemort ha ucciso i miei genitori! » farfugliò Harry. «Sono diventato famoso perché ha assassinato la mia famiglia, ma non è riuscito a uccidere me! Chi vuole essere famoso per questo motivo? Non pensano che preferirei che non fosse mai…»
«Noi lo sappiamo, Harry» disse Ginny, appassionata.
«E naturalmente non hanno scritto una riga sull’aggressione dei Dissennatori» riprese Hermione. «Qualcuno ha detto loro di tenere la bocca chiusa. Dissennatori a piede libero: quella sì che sarebbe stata una notizia. Non hanno nemmeno scritto che hai violato lo Statuto Internazionale di Segretezza. Credevamo che l’avrebbero fatto, collimava così bene con l’immagine di te come uno stupido fanfarone. Secondo noi stanno aspettando che tu venga espulso per andare fino in fondo… voglio dire, se vieni espulso, ovviamente» continuò in fretta. «Non dovrebbe succedere, se si attengono alle loro stesse leggi: non ci sono argomenti contro di te».
Erano tornati a parlare dell’udienza e Harry non voleva pensarci. Cercò di cambiare argomento, ma la fatica di trovarne un altro gli fu risparmiata da un rumore di passi che salivano le scale.
«Uh-oh».
Fred diede un robusto strattone all’Orecchio Oblungo; si udì un altro sonoro schiocco e lui e George scomparvero. Qualche istante dopo, la signora Weasley apparve sulla soglia.
«La riunione è finita, potete scendere a cena, adesso. Muoiono tutti dalla voglia di vederti, Harry. Si può sapere chi ha lasciato tutte quelle Caccabombe davanti alla porta della cucina?»
«Grattastinchi» rispose Ginny senza arrossire. «Gli piace tanto giocarci».
«Oh» disse la signora Weasley, «credevo che fosse stato Kreacher, continua a fare strane cose del genere. Non dimenticate di tenere la voce bassa nell’ingresso. Ginny, hai le mani sporchissime, che cos’hai fatto? Vai a lavartele prima di scendere a cena, per favore».
Ginny fece una smorfia e seguì la madre, lasciando Harry solo con Ron e Hermione. Entrambi lo osservavano ansiosi, come se temessero che ricominciasse a urlare, ora che gli altri se n’erano andati. Le loro espressioni nervose lo fecero vergognare un po’.
«Sentite…» borbottò, ma Ron scosse il capo e Hermione disse piano: «Lo sapevamo che ti saresti arrabbiato, Harry, non c’è da biasimarti, sul serio, ma devi capire, ci abbiamo provato, a convincere Silente…»
«Sì, lo so» concluse Harry asciutto.
Cercò un argomento che non coinvolgesse il Preside, perché il solo pensiero di Silente gli faceva di nuovo friggere le viscere di rabbia.
«Chi è Kreacher?» chiese.
«L’elfo domestico che abita qui» rispose Ron. «Un pazzo. Mai visto uno così».
Hermione lo guardò accigliata.
«Non è un pazzo, Ron».
«La sua massima ambizione è farsi tagliare la testa per vederla inchiodata su una targa come quella di sua madre» disse Ron irritato. «È normale, Hermione?»
Ron sgranò gli occhi rivolto a Harry. «Hermione non ha ancora rinunciato al CREPA».
«Non si chiama CREPA!» Hermione si infervorò. «Si chiama Comitato per la Riabilitazione degli Elfi Poveri e Abbrutiti. E non sono solo io, anche Silente dice che dovremmo essere gentili con Kreacher».
«Sissì» disse Ron. «Andiamo, muoio di fame».
Uscì per primo sul pianerottolo, ma prima che cominciassero a scendere le scale…
«Fermi!» bisbigliò Ron, facendo scattare un braccio per bloccare Harry e Hermione. «Sono ancora nell’ingresso, forse riusciamo a sentire qualcosa».
Il terzetto spiò cauto oltre il corrimano. Il tetro ingresso era affollato di maghi e streghe, compresa la scorta di Harry al completo. Sussurravano eccitati. Al centro del gruppo Harry vide la testa scura e unticcia e il naso prominente dell’insegnante di Hogwarts che meno amava, il professor Piton. Si sporse un po’ di più. Voleva proprio sapere che cosa faceva Piton per l’Ordine della Fenice…
Un sottile spago color carne calò davanti agli occhi di Harry. Guardando in su, vide Fred e George sul pianerottolo di sopra, che facevano scendere cautamente l’Orecchio Oblungo verso lo scuro manipolo di persone di sotto. Un attimo dopo, però, presero tutti a muoversi verso la porta e sparirono.
«Maledizione» Harry udì Fred sussurrare, mentre riavvolgeva l’Orecchio Oblungo.
Sentirono la porta d’ingresso aprirsi e richiudersi.
«Piton non cena mai qui» disse Ron a Harry, piano. «Grazie al cielo. Andiamo».
«E non dimenticare di tenere bassa la voce nell’ingresso, Harry» sussurrò Hermione.
Mentre passavano sotto la fila di teste di elfi domestici appese al muro, videro Lupin, la signora Weasley e Tonks sulla soglia, intenti a sigillare con la magia le molte serrature e i lucchetti dietro coloro che erano appena usciti.
«Si mangia giù in cucina» sussurrò la signora Weasley, raggiungendoli alla base delle scale. «Harry, caro, se attraversi l’ingresso in punta di piedi, è oltre quella porta là…»
Crash.
«TONKS!» urlò la signora Weasley esasperata, voltandosi per guardare alle proprie spalle.
«Mi dispiace!» ululò Tonks, che giaceva a terra lunga distesa. «È quello stupido portaombrelli, è la seconda volta che ci inciampo…»
Ma il resto delle sue parole fu soffocato da un terribile stridio, da spaccare i timpani e inacidire il sangue.
Le tende di velluto tarlate davanti alle quali Harry era passato prima si erano dischiuse, ma non c’era nessuna porta dietro. Per un istante, Harry credette di guardare attraverso una finestra oltre la quale una vecchia con una cuffia nera urlava e urlava come sotto tortura. Poi capì che era solo un ritratto in grandezza naturale, ma il più realistico e il più sgradevole che avesse mai visto.
La vecchia sbavava, i suoi occhi roteavano, la pelle ingiallita del suo volto si tendeva; e lungo tutto il corridoio gli altri ritratti si ridestarono e presero anch’essi a urlare. Harry strizzò gli occhi e si premette le mani sulle orecchie.
Lupin e la signora Weasley scattarono in avanti e tentarono di chiudere a strattoni le tende sulla vecchia, ma quelle non si spostarono, e la donna gridò più forte che mai, tendendo le mani unghiute come per graffiare i loro volti.
« Sozzura! Feccia! Sottoprodotti di sudiciume e abiezione! Ibridi, mutanti, mostri, via da questo luogo! Come osate insudiciare la casa dei miei padri… »
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