«Tutto bene, Gropy?» chiese Hagrid in tono forzatamente allegro, indietreggiando col ramo levato, pronto a usarlo di nuovo. «Ti sei fatto una bella nanna, eh?»
Hermione e Harry arretrarono il più possibile, senza perdere d’occhio il gigante. Quando Grop si inginocchiò fra due alberi non ancora sradicati, la sua faccia galleggiò sulla radura e su di loro come un’enorme, grigiastra luna piena. Sembrava che i suoi lineamenti fossero stati rozzamente sbozzati in una grossa palla di pietra. Il naso era schiacciato e informe; la bocca obliqua, piena di denti storti e gialli, grandi come mattoni; gli occhi, piccoli per quel testone, erano di un fangoso verdebruno e ancora cisposi di sonno. Grop sollevò le nocche sudicie, ognuna grossa quanto una palla da tennis, si strofinò vigorosamente le palpebre e di scatto, con velocità e agilità sorprendenti, si alzò.
«Oh, cielo!» squittì Hermione atterrita accanto a Harry.
Gli alberi ai quali erano legate le funi strette attorno alle braccia e alle gambe del gigante scricchiolarono pericolosamente. Come aveva detto Hagrid, era alto un po’ meno di cinque metri. Dopo essersi guardato attorno con occhi offuscati, tese una mano grossa quanto un ombrellone per strappare un nido dai rami più alti di un pino e lo capovolse, con quello che parve un ruggito di disappunto per l’assenza degli uccelli; Hagrid si protesse con le braccia dal bombardamento di uova.
«Insomma, Grop!» protestò, alzando preoccupato lo sguardo e pronto a scansare altre uova in caduta libera. «Ho qui un paio di amici che ti vogliono conoscere. Ti ricordi che ti ho parlato di loro? Te lo ricordi quando ti ho detto che forse andavo via per un po’ e venivano loro a prendersi cura di te? Ti ricordi, Grop?»
Per tutta risposta, Grop lanciò un altro ruggito; era difficile dire se aveva ascoltato Hagrid, o se almeno capiva che quei suoni erano parole. Agguantò la cima del pino, la tirò a sé e la lasciò andare di scatto, probabilmente per il semplice gusto di vedere quanto sarebbe andata lontano.
«No, Grop, da bravo, lascia stare!» urlò Hagrid. «È così che hai tirato fuori gli altri…»
In effetti, Harry vide che la terra attorno alle radici dell’albero cominciava a spaccarsi.
«Ti ho portato compagnia!» gridò Hagrid. «Amici! Guarda giù, buffone che non sei altro, ti ho portato degli amici!»
«Oh no, Hagrid» gemette Hermione, ma Hagrid aveva già colpito un ginocchio di Grop col ramo.
Il gigante lasciò andare il pino, che ondeggiò in modo allarmante, provocando una pioggia di aghi, e abbassò lo sguardo.
« Questo » disse Hagrid, affrettandosi a raggiungere Harry e Hermione, «è Harry, Grop! Harry Potter! Se io vado via, può darsi che ti viene a trovare lui, capito?»
Solo in quel momento il gigante parve rendersi conto della presenza di Harry e Hermione. Trepidanti, lo videro abbassare il testone per scrutarli con gli occhi cisposi.
«E questa è Hermione, capito? Her…» Hagrid esitò. «Ti dispiace se ti chiama Hermy?» chiese, voltandosi verso Hermione. «Per lui, il tuo è un nome difficile da ricordare».
«Ma no, figurati» squittì Hermione.
«Questa è Hermy, Grop! Vedrai che viene a trovarti anche lei! Sei contento? Eh? Due amici per te… GROP, NO!»
La mano di Grop era scattata verso Hermione. Più rapido di lui, Harry la afferrò e la trascinò dietro l’albero, così che il pugno del gigante graffiò il tronco ma si chiuse sul vuoto.
«CATTIVO GROP!» sentirono gridare Hagrid, mentre al sicuro dietro il tronco Hermione si aggrappava a Harry tremando e gemendo. «CATTIVO! NON SI ACCHIAP… AHIA!»
Allungando il collo, Harry vide Hagrid disteso a terra con una mano sul naso. Grop, che sembrava aver perso ogni interesse per loro, si era raddrizzato e aveva ricominciato a giocherellare col pino.
«Va bene…» biascicò Hagrid, alzandosi con una mano ancora sul naso sanguinante e l’altra stretta intorno all’arco. «Bene… ecco fatto… l’avete conosciuto e… e così lui vi conosce quando tornate. Sì… bene…»
Alzò lo sguardo su Grop, che continuava a tirare indietro il pino con un’espressione di distaccato piacere sulla faccia rocciosa; le radici scricchiolarono mentre le strappava dal suolo.
«Bene» disse Hagrid. «Per il primo giorno basta così… Adesso noi andiamo via, sì?»
Harry e Hermione annuirono in silenzio. Hagrid si rimise l’arco in spalla e, con la mano sempre sul naso, li precedette fra gli alberi.
Per un po’ nessuno parlò, nemmeno quando un boato lontano segnalò che Grop aveva finalmente sradicato il pino. Hermione era pallida e tesa. Harry non riusciva a trovare una sola cosa da dire. Che cosa sarebbe successo se qualcuno avesse scoperto il segreto di Hagrid? Per giunta, lui si era impegnato — anche per Ron e Hermione — a proseguire i vani sforzi per civilizzare il gigante. Come poteva Hagrid, sia pure con la sua smisurata capacità di scambiare i più orridi mostri zannuti per adorabili animaletti innocui, illudersi al punto da credere che un giorno Grop sarebbe riuscito a mescolarsi con gli esseri umani?
«Fermi» ordinò brusco Hagrid, proprio mentre Harry e Hermione erano alle prese con un fitto cespuglio di centinodia. Estrasse una freccia dalla faretra e la incoccò. Alle sue spalle, Harry e Hermione levarono le bacchette; adesso che si erano fermati, anche loro sentivano movimenti nelle vicinanze.
«Oh, accidenti» mormorò Hagrid.
«Ti avevamo avvertito, Hagrid» disse una profonda voce maschile. «Non sei più il benvenuto, qui».
Il torso nudo di un uomo parve per un attimo fluttuare verso di loro attraverso la screziata penombra verde, ma dopo un momento videro che all’altezza della vita si univa fluido al corpo di un cavallo baio. Il centauro aveva un volto fiero, zigomi alti e lunghi capelli neri. Come Hagrid, era armato: una faretra piena di frecce e un lungo arco in spalla.
«Come va, Magorian?» chiese cauto Hagrid.
Gli alberi dietro Magorian frusciarono, e ne emersero altri quattro o cinque centauri. Harry riconobbe il bruno, barbuto Cassandro: lo aveva incontrato quasi quattro anni prima, la stessa notte che aveva conosciuto Fiorenzo, però il centauro non diede cenno d’averlo mai visto.
«Ma guarda» disse Cassandro con un’inflessione maligna nella voce, voltandosi verso Magorian. «Mi pare che fossimo d’accordo sul da farsi se questo umano avesse mai rimesso piede nella foresta».
«Adesso sono “questo umano”?» ribatté stizzito Hagrid. «Solo perché non vi ho lasciato ammazzare uno dei vostri?»
«Non dovevi immischiarti, Hagrid» replicò Magorian. «Le nostre usanze e le nostre leggi non sono le vostre. Fiorenzo ci ha tradito e disonorato».
«Non so proprio che cosa avete nella zucca» sbottò Hagrid. «Solo perché aiuta Albus Silente…»
«Fiorenzo ha accettato di essere il servo degli umani» intervenne un centauro grigio dalla dura faccia rugosa.
« Servo! » esclamò aspro Hagrid. «Solo perché fa un piacere a Silente…»
«Svelando agli umani i nostri segreti e le nostre conoscenze» ribatté pacato Magorian. «Niente può compensare una tale sciagura».
«Se lo dite voi». Hagrid scrollò le spalle. «Ma secondo me fate un grosso errore…»
«Come te, umano» disse Cassandro, «che torni nella nostra foresta dopo che ti avevamo avvertito…»
«Adesso stammi un po’ a sentire» rispose Hagrid arrabbiato. «Piantiamola con questa storia della “nostra” foresta. Non sta a voi decidere chi entra e chi esce…»
«Neanche a te, Hagrid» replicò Magorian. «Oggi ti ho lasciato passare perché sei accompagnato dai tuoi puledri…»
«Non sono suoi!» lo interruppe sprezzante Cassandro. «Sono studenti di quella scuola, Magorian! Probabilmente hanno già approfittato degli insegnamenti del traditore Fiorenzo».
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