«L’artiglio di drago sì!» protestò Ron. «Dicono che è incredibile, che per qualche ora ti manda il cervello a mille, diventi sveglissimo… fammene provare un pizzico, Hermione, dài, non può far male…»
«Quella roba sì» rispose decisa Hermione. «Le ho dato un’occhiata e in realtà si tratta di cacca secca di Doxy».
L’informazione bastò per far passare a Harry e Ron il desiderio di ricorrere a stimolanti cerebrali.
Durante l’ultima ora di Trasfigurazione ricevettero il programma dei G.U.F.O. e i dettagli sul loro svolgimento.
«Come potete vedere» disse la professoressa McGranitt mentre copiavano diligenti dalla lavagna le date e gli orari degli esami, «i vostri G.U.F.O. dureranno due settimane di seguito. La mattina sosterrete il compito scritto relativo alla teoria della materia in questione, il pomeriggio quello pratico. E naturalmente l’esame pratico di Astronomia si svolgerà di notte.
«Devo avvertirvi che ai fogli che userete sono stati applicati i più severi incantesimi antiimbroglio. È proibito l’uso di Piume a Risposta Automatica, come pure di Ricordelle, Polsini Copiativi e Inchiostro Autocorrettivo. Mi dispiace dire che ogni anno sembra che ci sia almeno uno studente convinto di poter aggirare le regole fissate dalla Commissione Magica d’Esame. Mi auguro solo che stavolta non sia nessuno di Grifondoro. La nostra nuova… Preside… » e pronunciò la parola con la stessa espressione di zia Petunia quando contemplava una macchia di sudiciume particolarmente resistente, «…ha chiesto ai Direttori delle Case di informare gli allievi che qualunque imbroglio sarà severamente punito… poiché, ovviamente, dai risultati degli esami verrà giudicato anche il nuovo regime imposto dalla Preside…»
La professoressa McGranitt trattenne un sospiro, e Harry vide fremere il suo naso aguzzo.
«…tuttavia questa non è una ragione valida per non impegnarsi al massimo. Dovete pensare al vostro futuro».
«Scusi, professoressa» intervenne Hermione, alzando la mano, «quando avremo i risultati?»
«Nel mese di luglio, via gufo» rispose la professoressa McGranitt.
«Magnifico» disse Dean Thomas in un bisbiglio udibilissimo. «Così non dovremo preoccuparci fino alle vacanze».
Harry si immaginò seduto nella sua stanza di Privet Drive sei settimane dopo, in attesa dei risultati del suo G.U.F.O. Be’, pensò avvilito, se non altro quell’estate sarebbe stato sicuro di ricevere almeno un messaggio.
Il loro primo esame, Teoria degli Incantesimi, era in programma per lunedì mattina. La domenica Harry acconsentì a esercitarsi con Hermione, ma se ne pentì quasi subito; era così agitata che continuava a strappargli il libro di mano per controllare di aver dato la risposta perfettamente giusta, finché non lo colpì sul naso con l’angolo di Incantesimi Avanzati.
Harry disse deciso: «Perché non ti arrangi?» e le restituì il libro lacrimando.
Nel frattempo Ron rileggeva gli appunti di due anni di Incantesimi con le dita infilate nelle orecchie e le labbra che si muovevano in silenzio; Seamus Finnigan era disteso a pancia in su sul pavimento e recitava la definizione di Incantesimo Essenziale, mentre Dean la controllava sul Libro Standard degli Incantesimi, Classe Quinta; le matite di Calì e Lavanda, che stavano provando alcuni semplici Incantesimi di Locomozione, si inseguivano sul tavolo.
Quella sera a cena nessuno aveva molta voglia di chiacchierare. Harry e Ron, che avevano studiato sodo tutto il giorno, mangiarono in silenzio ma affamati. Hermione invece continuava a lasciare le posate e a tuffarsi sotto il tavolo per ripescare qualche libro dalla borsa e controllare qualche dato. Ron le stava proprio dicendo che avrebbe fatto meglio a mangiare tranquilla o quella notte non sarebbe riuscita a chiudere occhio, quando la forchetta le sfuggì di mano e atterrò fragorosamente sul piatto.
«Santo cielo» mormorò lei, fissando la Sala d’Ingresso. «Sono quelli? Gli esaminatori?»
Harry e Ron si voltarono di scatto. Oltre le porte della Sala Grande videro la Umbridge con un gruppetto di streghe e maghi dall’aria decrepita. E la Preside, notò soddisfatto Harry, sembrava decisamente nervosa.
«Andiamo a dare un’occhiata più da vicino?» propose Ron.
Harry e Hermione annuirono, e tutti e tre si diressero svelti verso le doppie porte, rallentando dopo averle varcate in modo da passare con tutta calma accanto agli esaminatori. Probabilmente, pensò Harry, la professoressa Marchbanks era la piccola strega curva con il volto così rugoso che pareva rivestito di ragnatele: la Umbridge le si rivolgeva in tono deferente. Sembrava un po’ dura d’orecchi, perché rispondeva a voce troppo alta, considerato che erano a meno di mezzo metro di distanza.
«Il viaggio è andato bene, benissimo, l’abbiamo già fatto molte altre volte» diceva sbrigativa. «Piuttosto, è un po’ che non ho notizie di Silente!» aggiunse, scrutando la Sala come se sperasse di vederlo sbucare da uno sgabuzzino. «Nessuna idea di dov’è, suppongo?»
«Nessuna» rispose la Umbridge, lanciando un’occhiata malevola a Harry, Ron e Hermione, che ciondolavano ai piedi delle scale mentre Ron fingeva di allacciarsi una scarpa. «Ma presumo che il Ministero della Magia lo rintraccerà fra non molto».
«Ne dubito» strepitò la piccola professoressa Marchbanks. «A meno che lui voglia farsi trovare! Lo so bene io… l’ho esaminato personalmente in Trasfigurazione e Incantesimi quando ha sostenuto il M.A.G.O… mai visto fare cose simili con una bacchetta».
«Sì… be’…» disse la professoressa Umbridge intanto che Harry, Ron e Hermione salivano la scala di marmo il più lentamente possibile, «permettete che vi mostri la sala professori. Gradirete una tazza di tè dopo il viaggio…»
Fu una serata inquieta. Tutti tentavano un ripasso all’ultimo minuto, ma nessuno sembrava capace di concentrarsi. Harry andò a letto presto, e poi rimase sveglio per quelle che gli parvero ore. Ricordò il colloquio di orientamento e la McGranitt che dichiarava furibonda che l’avrebbe aiutato a diventare Auror fosse stata l’ultima cosa che faceva. Ora che l’esame era alle porte, quasi rimpiangeva di non aver espresso un desiderio meno ambizioso. Sapeva di non essere l’unico insonne, ma nessuno dei suoi compagni aprì bocca e alla fine, uno dopo l’altro, si addormentarono tutti.
Il giorno dopo a colazione nessuno del quinto anno era molto loquace: Calì recitava incantesimi sottovoce, facendo sussultare la saliera che aveva davanti; Hermione rileggeva Incantesimi Avanzati così in fretta che ì suoi occhi sembravano sfocati; e Neville continuava a far cadere le posate e a rovesciare la marmellata.
Poi quelli del quinto e del settimo anno si radunarono nella Sala d’Ingresso mentre gli altri studenti andavano a lezione. Alle nove e mezzo furono richiamati, una classe alla volta, nella Sala Grande, allestita esattamente come Harry l’aveva vista nel Pensatoio, quando suo padre, Sirius e Piton avevano sostenuto il loro G.U.F.O.: i tavoli delle quattro Case erano spariti, sostituiti da banchi singoli, rivolti verso il tavolo degli insegnanti, occupato dalla professoressa McGranitt. «Potete cominciare» annunciò lei quando si furono tutti seduti in silenzio, e si voltò verso un’enorme clessidra posata accanto a lei sul tavolo insieme a piume, boccette d’inchiostro e pergamene di riserva.
Col cuore in gola, Harry voltò il suo foglio — tre file a destra e quattro dietro, Hermione stava già scrivendo — e abbassò lo sguardo sulla prima domanda: a) Scrìvi la formula dell’incantesimo e b) Descrivi il movimento della bacchetta per far volare gli oggetti.
La sua mente fu attraversata dal ricordo di una mazza che volava in aria e atterrava di schianto sul duro cranio di un troll… sorridendo, chinò il capo e cominciò a scrivere.
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