J.K. Rowling - Harry Potter e l'Ordine della Fenice

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Harry Potter e l'Ordine della Fenice: краткое содержание, описание и аннотация

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Il quarto volume delle avventure di Harry Potter ci ha lasciato con il fiato sospeso: Lord Voldemort è tornato. Che cosa succederà ora che l’Oscuro Signore è di nuovo in pieno possesso dei suoi terrificanti poteri? Quanta morte e distruzione seminerà nel tentativo di riprendere il dominio dei mondo? Sono le stesse domande che si pone Harry Potter, disperatamente segregato — come tutte le estati — nella casa dei suoi zii Babbani, lontano dal mondo magico che gli appartiene. Ma qualcosa è cambiato anche in lui. Ormai quindicenne, lo ritroviamo divorato dalla frustrazione, dalla rabbia e dall’ansia di ribellione tipiche della sua età. In uno dei libri più attesi nella storia della letteratura, J.K. Bowling non cessa di stupirci. Tessendo un’altra stupefacente trama, riesce questa volta a dar voce alle inquietudini dell’adolescenza, ad arricchire il suo già mirabolante universo di nuove creature e nuovi indimenticabili personaggi, e anche a metterci in guardia contro la stupidità del potere e di chi lo usa per combattere il talento, il coraggio, la fantasia e la diversità.

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«Non era tanto difficile, vero?» chiese ansiosa Hermione nella Sala d’Ingresso due ore più tardi, stringendo il foglio con le domande. «Non sono sicura di essere stata precisa negli Incantesimi Rallegranti, ma ormai non c’era più tempo. Hai scritto il controincantesimo per il singhiozzo? Non ero sicura se dovevo, mi sembrava troppo… e la domanda ventitré…»

«Hermione» la interruppe severo Ron, «ne abbiamo già parlato… Non torniamo sopra ogni esame dopo che l’abbiamo finito, una volta basta e avanza».

Gli studenti del quinto anno pranzarono insieme agli altri (erano ricomparsi i quattro grandi tavoli) e poi si riunirono nella piccola stanza accanto alla Sala Grande, dove rimasero in attesa di essere chiamati per l’esame di pratica. Mentre i primi gruppetti venivano convocati in ordine alfabetico, gli altri borbottavano incantesimi e si esercitavano con la bacchetta, a volte infilandosela per sbaglio fra le costole o in un occhio.

Hermione uscì tremando dalla stanza con Anthony Goldstein, Gregory Goyle e Daphne Greengrass. Una volta terminato, gli studenti non tornavano lì, perciò Harry e Ron non sapevano come se la fosse cavata.

«Non avrà avuto problemi. Non ti ricordi che in un compito di Incantesimi ha preso centoventi su cento?» disse Ron.

Dieci minuti dopo, il professor Vitious chiamò: «Parkinson, Pansy… Patil, Calì… Patil, Padma… Potter, Harry».

«In bocca al lupo» sussurrò Ron. Harry entrò nella Sala Grande stringendo la bacchetta così forte che gli tremava la mano.

«Il professor Tofty è libero, Potter» gracchiò Vitious, fermo accanto alla porta, indicandogli quello che sembrava l’insegnante più vecchio e più calvo di tutti, seduto a un tavolino al capo opposto della Sala, poco lontano dalla professoressa Marchbanks che stava finendo di esaminare Draco Malfoy.

«Potter, giusto?» chiese il professor Tofty, consultando i suoi appunti e scrutandolo al di sopra degli occhiali a pince-nez. «Il celebre Potter?»

Con la coda dell’occhio, Harry vide Malfoy lanciargli un’occhiataccia; il bicchiere di vino che Draco stava facendo levitare cadde a terra e si ruppe. Harry non seppe trattenere un sorriso, e il professor Tofty gli sorrise incoraggiante di rimando.

«Così si fa» disse con la sua vecchia voce tremula, «non c’è nessun bisogno d’innervosirsi. Ora, se tu fossi così gentile da convincere questo portauovo a fare qualche capriola…»

Tutto sommato, Harry pensava di essersela cavata abbastanza bene. Di sicuro il suo Incantesimo Levitante era andato molto meglio di quello di Malfoy, anche se avrebbe preferito non aver confuso l’Incantesimo Cambiacolore con quello di Crescita: invece di diventare arancione, il suo ratto prese sorprendentemente a gonfiarsi e raggiunse le dimensioni di un tasso prima che lui riuscisse a correggere l’errore. Per fortuna Hermione non era rimasta nella Sala, e in seguito evitò di parlargliene. Però lo disse a Ron, che aveva trasformato un vassoio in un fungo enorme senza avere la più remota idea di come fosse successo.

Quella sera non ebbero tempo di rilassarsi: dopo cena filarono nella sala comune e si immersero nel ripasso di Trasfigurazione, l’esame del giorno dopo. Quando Harry andò a letto, la testa gli ronzava di complessi modelli e teorie di incantesimo.

Durante il compito scritto della mattina si scordò la definizione di Incantesimo di Scambio, ma l’esame pratico sarebbe potuto andare peggio. Almeno lui riuscì a far Evanescere la sua iguana, mentre al tavolo accanto la povera Hannah Abbott perse la testa e chissà come moltiplicò il suo furetto in uno stormo di fenicotteri, facendo sospendere gli esami per dieci minuti finché gli uccelli non vennero catturati e trasportati fuori dalla Sala.

Mercoledì toccò a Erbologia (e a parte il morso inflittogli da un Geranio Zannuto, Harry aveva l’impressione di essersela cavata piuttosto bene); e giovedì a Difesa contro le Arti Oscure. Per la prima volta Harry ebbe la certezza che sarebbe passato col massimo dei voti. Non incontrò difficoltà in nessuna delle domande scritte, e durante l’esame di pratica provò un piacere particolare nell’eseguire tutti i controincantesimi e gli incantesimi difensivi davanti alla Umbridge, che lo osservava gelida accanto alla porta.

Ancora una volta, fu il professor Tofty a esaminarlo. «Bravo!» esclamò, mentre Harry lanciava un perfetto Incantesimo Scaccia-Molliccio. «Davvero ottimo! Direi che è tutto, Potter… a meno che…»

Si protese verso di lui.

«Ho saputo dal mio caro amico Tiberius Ogden che sei in grado di evocare un Patronus… Non è in programma, ma…?»

Harry levò la bacchetta, guardò la Umbridge dritto negli occhi e immaginò che venisse licenziata da Hogwarts.

« Expecto Patronum! »

Il suo cervo argenteo scaturì dalla punta della bacchetta e attraversò la Sala al galoppo. Tutti gli esaminatori si voltarono a seguirlo con lo sguardo, e quando si dissolse in una foschia luminosa, il professor Tofty batté entusiasta le mani nodose.

«Eccellente!» disse. «Benissimo, Potter, puoi andare!»

Mentre usciva, Harry passò accanto alla Umbridge e i loro sguardi s’incrociarono. Vide un sorriso maligno deformarle la larga bocca viscida, ma la cosa non lo turbò. A meno di non sbagliarsi di grosso (e per scaramanzia decise di non parlarne con nessuno), si era appena guadagnato un “Eccezionale”.

Il venerdì Harry e Ron avevano un giorno libero, mentre Hermione sosteneva l’esame di Antiche Rune; dato che c’era davanti l’intero finesettimana, si concessero una pausa. Si stiracchiavano e giocavano a scacchi magici davanti alla finestra aperta da cui entrava la tiepida aria estiva. In lontananza, Harry scorse Hagrid che faceva lezione ai margini della foresta. Stava cercando d’indovinare quali creature stessero osservando — forse unicorni, perché gli studenti maschi si tenevano alla larga — quando il ritratto si aprì e Hermione si arrampicò dentro, di pessimo umore.

«Com’è andata?» chiese Ron, sbadigliando.

«Ho sbagliato a tradurre ehwaz » ringhiò Hermione. «Vuol dire “associazione”, non “difesa”. L’ho confuso con eihwaz » .

«Ah, be’» commentò pigramente Ron, «in fin dei conti è soltanto un errore, prenderai comunque…»

«Oh, taci!» scattò lei, rabbiosa. «Potrebbe fare la differenza fra promozione e bocciatura. E peggio ancora, qualcuno ha infilato un altro Snaso nell’ufficio della Umbridge. Non so come abbiano fatto ad aprire la nuova porta, ma quando sono passata ho sentito la Umbridge che strillava da spaccare i timpani… a quanto pare, lo Snaso stava cercando di morderle una gamba…»

«Bene» dissero all’unisono Harry e Ron.

« No invece! » rispose Hermione accalorata. «E convinta che sia opera di Hagrid, ricordate? E noi non vogliamo che Hagrid venga buttato fuori!»

«Oggi sta facendo lezione» obiettò Harry, indicando la finestra. «Non può dare la colpa a lui».

«A volte sei così ingenuo ! Credi davvero che a quella importino le prove?» ribatté Hermione, che sembrava decisa a restare del suo umore tempestoso, e uscì sbattendosi la porta alle spalle, diretta al dormitorio femminile.

«Un carattere così amabile, così dolce» disse Ron a voce molto bassa, spingendo avanti la sua regina per eliminare un cavallo di Harry.

Il malumore di Hermione durò per la maggior parte del finesettimana, ma per Harry e Ron non fu difficile ignorarla: passarono quasi tutto il tempo a ripassare Pozioni per l’esame di lunedì, quello che Harry temeva di più… e che, ne era sicuro, avrebbe distrutto ogni sua ambizione di diventare Auror. In effetti trovò difficile l’esame scritto, anche se era convinto di aver azzeccato la risposta alla domanda sulla Pozione Polisucco: visto che durante il suo secondo anno a Hogwarts l’aveva bevuta di nascosto, fu in grado di descriverne gli effetti con estrema precisione.

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