«Hagrid…» chiese in un sussurro appena udibile al di sopra del ronfare della creatura. «Chi è?»
A Harry parve una domanda strana… Cos’è? aveva pensato di chiedere lui.
«Hagrid, ci avevi detto…» riprese Hermione, con la bacchetta che le tremava in mano, «ci avevi detto che nessuno di loro era voluto venire!»
Harry spostò lo sguardo da lei a Hagrid e poi, afferrando di colpo la situazione, tornò a fissare inorridito il cumulo.
Perché quel cumulo di terra, su cui si sarebbero potuti sedere comodamente lui, Hermione e Hagrid, si sollevava e si abbassava piano al ritmo di quel profondo e roco respiro. Non era affatto un cumulo. Ma la schiena di quello che era senza alcun dubbio…
«Be’… ecco… veramente non è che lui voleva venire» disse Hagrid disperato. «Ma dovevo portarlo qui, Hermione. Dovevo!»
«Ma perché?» chiese lei. Sembrava sul punto di scoppiare in lacrime. «Perché… oh, Hagrid! »
«Perché sapevo che se lo portavo qui» rispose Hagrid, e anche lui era lì lì per mettersi a piangere, «e gli insegnavo le buone maniere… poi potevo far vedere a tutti che non fa niente!»
«Non fa niente!» strillò Hermione. Hagrid le fece freneticamente cenno di abbassare la voce, mentre la gigantesca creatura davanti a loro grugniva e si rigirava nel sonno. «È lui che continua a picchiarti, vero? Ecco perché sei sempre coperto di lividi e di ferite!»
«È che non conosce la sua forza, ecco!» protestò Hagrid. «E poi adesso va meglio, si agita molto meno…»
«Allora è per questo che ci hai messo due mesi a tornare» disse Hermione, sempre più agitata. «Ma Hagrid, perché te lo sei portato dietro, se lui non voleva? Non sarebbe stato più felice con quelli come lui?»
«Lo trattavano male, Hermione, perché è piccolo!»
«Piccolo?» ripeté Hermione. « Piccolo? »
«Hermione, non potevo abbandonarlo». Ormai le lacrime scorrevano sulla faccia sfregiata e sulla barba di Hagrid. «Lui… è mio fratello, capisci!»
Hermione lo fissò a bocca aperta.
«Quando dici “fratello”» chiese Harry lentamente, «intendi dire…?»
«Insomma… fratellastro» si corresse Hagrid. «Il fatto è che dopo aver lasciato il mio papà la mamma si è messa con un altro gigante e ha avuto Grop…»
«Grop?» ripeté Harry.
«Sì… insomma, quando dice il suo nome suona proprio così» continuò Hagrid ansioso. «Non sa parlare tanto bene, capite… ci sto provando a insegnarci… però, ecco, non è che ci piaceva più di quanto ci piacevo io. Per le gigantesse è importante avere dei bei cuccioli robusti, e lui è sempre stato gracilino… neanche cinque metri…»
«Oh, sì, microscopico!» squittì Hermione con una sorta di sarcasmo isterico. «Proprio minuscolo!»
«Lo prendevano tutti a calci… non potevo lasciarlo…»
«E Madame Maxime era d’accordo?» indagò Harry.
«Lei… ha capito che per me era importante». Hagrid si torse le grosse mani. «Ma… be’, dopo un po’ si è stancata di avercelo intorno… e nel viaggio di ritorno ci siamo separati… però mi ha promesso di non dirlo a nessuno…»
«Come hai fatto a portarlo qui senza farti vedere?» chiese Harry.
«È per questo che ci ho messo tanto, capisci. Potevo viaggiare solo di notte, e dove non c’era gente. Quando vuole cammina svelto, ma lui cercava di tornare indietro».
«Ma Hagrid, perché non lo hai lasciato?» disse Hermione, afflosciandosi su un albero sradicato e nascondendo il volto tra le mani. «Che cosa credi di fare con un gigante violento che non vuole nemmeno stare qui?»
«Su, su… violento… non esageriamo» disse Hagrid, sempre torcendosi le mani. «Sì, ogni tanto mi dà uno schiaffone, quando ci gira storta, ma adesso va meglio, molto meglio, comincia ad ambientarsi…»
«E quelle funi a che cosa servono, allora?» chiese Harry.
Aveva appena notato le funi spesse come alberelli che andavano dai tronchi più grossi ancora in piedi fino al punto dove Grop stava raggomitolato per terra.
«Devi tenerlo legato?» disse Hermione con una vocina.
«Sì… ecco…» Hagrid era teso. «Come dicevo… non è che conosce la sua forza».
Harry ora si spiegava l’assenza sospetta di creature viventi in quella parte della foresta.
«E noi che cosa dovremmo fare?» chiese ansiosa Hermione.
«Prendervi cura di lui» rispose roco Hagrid. «Dopo che io sono andato via».
Harry e Hermione si scambiarono un’occhiata infelice. Harry ricordò angosciato di aver già promesso a Hagrid che l’avrebbero aiutato.
«Questo prendersi cura…» s’informò Hermione «…in che cosa consiste, esattamente?»
«Mica dovete portargli da mangiare!» si affrettò a rassicurarla Hagrid. «Per quello fa da solo, nessun problema. Uccelli e cervi e altro… no, no… È di compagnia che ha bisogno. Di qualcuno che continua ad aiutarlo un po’… che ci insegna l’inglese, no?»
Harry non disse nulla, ma si voltò a guardare la sagoma gigantesca distesa a terra davanti a loro. A differenza di Hagrid, che sembrava solo un essere umano un po’ troppo grosso, il suo fratellastro era stranamente deforme. Quella che Harry aveva preso per un masso coperto di muschio sulla sinistra era in realtà la testa di Grop: molto grande rispetto al corpo, quasi perfettamente rotonda e piena di fitti capelli ricci color felce. Sulla cima era visibile il contorno di un grosso orecchio carnoso che sembrava spuntare, un po’ come le orecchie di zio Vernon, direttamente dalla spalla, con poco o niente collo nel mezzo. La schiena, coperta da una sorta di sudicia camicia marrone fatta di pelli d’animali cucite alla meglio, era molto vasta; i rozzi punti che tenevano insieme le pelli si tendevano a ogni respiro. Grop dormiva su un fianco, le gambe raggomitolate sotto il corpo, mostrando le piante di enormi, sporchi piedi nudi, grossi come slittini, poggiati l’uno sull’altro.
«Vuoi che gli insegniamo l’inglese» disse Harry con voce spenta. Ora capiva il messaggio di Fiorenzo. Il suo tentativo non porta a nulla. Farebbe meglio a lasciar perdere. Naturalmente gli abitanti della foresta sapevano dei vani sforzi di Hagrid di insegnare a Grop l’inglese.
«Sì, ecco… magari basta parlarci un po’» proseguì speranzoso Hagrid. «Secondo me, se riesce a parlare con la gente, capisce che siamo tutti come lui, e magari decide di restare».
Harry scoccò un’occhiata a Hermione, che ricambiò lo sguardo fra le dita che le nascondevano il viso.
«Fa quasi rimpiangere Norberto, vero?» le disse, facendola scoppiare in una risata tremula.
«Allora lo fate, sì?» chiese Hagrid, che non sembrava aver colto quello che aveva appena detto Harry.
«Ci… ci proveremo, Hagrid» rispose Harry, già legato dalla promessa.
«Lo sapevo che potevo contare su te, Harry». Hagrid gli sorrise fra le lacrime e si asciugò di nuovo le guance col fazzoletto. «Non voglio metterti troppo in mezzo… lo so che hai gli esami… ma se magari puoi venire qui col Mantello dell’Invisibilità una volta alla settimana e fare una chiacchierata con Grop… Be’, adesso lo sveglio… così vi presento…»
«Che… no!» strillò Hermione, alzandosi di scatto. «No, Hagrid, non farlo, davvero, non c’è bisogno…»
Ma Hagrid aveva già scavalcato il tronco che sbarrava loro la strada e avanzava verso Grop. A tre metri di distanza, prese da terra un lungo ramo spezzato, voltò la testa per lanciare un sorriso rassicurante a Harry e Hermione, e colpì con forza Grop in mezzo alla schiena.
Il ruggito del gigante echeggiò nella foresta silenziosa. Gli uccelli appollaiati sugli alberi volarono via strepitando, mentre una mano enorme si abbatteva sul terreno, facendolo tremare, e l’immenso Grop si tirava su voltando il testone per vedere chi o che cosa lo aveva disturbato.
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