J. Rowling - Harry Potter e il calice di fuoco

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Harry Potter e il calice di fuoco: краткое содержание, описание и аннотация

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È un momento cruciale nella vita di Harry: ormai è un mago adolescente, vuole andarsene dalla casa degli odiosi Dursley, vuole sognare la Cercatrice del Corvonero per cui ha una cotta tremenda... Intanto, grandiosi avvenimenti si stanno preparando alla scuola di Hogwarts, dove si svolgerà un torneo tra tutte le più importanti scuole di magia. E nonostante non abbia ancora 16 anni, età per iscriversi alla competizione, Harry viene scelto dal Calice di Fuoco per superare prove terrificanti: si troverà faccia a faccia con la morte, come sempre per colpa del perfido Voldemort; e con l’amore.
Vincitore del premio Hugo per il miglior romanzo in 2001.

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La prospettiva di prendere il tè con Moody sembrò spaventare Neville ancora di più. Non si mosse né parlò.

Moody puntò l’occhio magico su Harry. «Stai bene, vero, Potter?»

«Sì» rispose Harry, quasi in tono di sfida.

L’occhio azzurro di Moody tremò appena nella palpebra mentre scrutava Harry.

Poi Moody disse: «Dovete sapere. Sembrerà duro, forse, ma dovete sapere. Fingere non serve a niente… bene… andiamo, Paciock, ho dei libri che potrebbero interessarti».

Neville scoccò un’occhiata supplichevole a Harry, Ron e Hermione, ma loro non dissero niente, quindi non ebbe altra scelta che lasciarsi condurre via, una delle mani nodose di Moody sulla spalla.

«Ma che cosa è successo?» disse Ron, guardando Neville e Moody voltare l’angolo.

«Non lo so» rispose Hermione, pensierosa.

«Che lezione, però, eh?» disse Ron a Harry mentre si avviavano verso la Sala Grande. «Fred e George avevano ragione, vero? Sa il fatto suo, Moody, eh? Quando ha fatto l’Avada Kedavra, e quel ragno è morto sul serio, l’ha lasciato lì stecchito…»

Ron colse l’espressione di Harry e tacque all’improvviso, né disse altro finché non furono giunti nella Sala Grande. Qui borbottò che secondo lui era meglio cominciare subito con le predizioni della professoressa Cooman, perché ci sarebbero volute ore.

Hermione non si unì alla conversazione di Harry e Ron durante la cena, ma mangiò a velocità forsennata e poi ripartì alla volta della biblioteca. Harry e Ron tornarono alla Torre di Grifondoro, e stavolta fu Harry, che non aveva pensato ad altro per tutta la cena, ad affrontare l’argomento delle Maledizioni Senza Perdono.

«Moody e Silente non finirebbero nei guai con il Ministero se si sapesse che abbiamo visto gli anatemi illegali?» chiese Harry mentre si avvicinavano alla Signora Grassa.

«Sì, è probabile» disse Ron. «Ma Silente ha sempre fatto le cose a modo suo, no? E sono anni che Moody si caccia nei guai, immagino. Prima attacca e poi chiede: prova a pensare ai bidoni della spazzatura. Guazzabuglio ».

La Signora Grassa scattò in avanti rivelando il passaggio, e i due salirono nella sala comune di Grifondoro, che era affollata e rumorosa.

«Allora, dobbiamo prendere la roba di Divinazione?» chiese Harry.

«Temo di sì» sospirò Ron.

Salirono in dormitorio a prendere i libri e le mappe, e vi trovarono Neville solo, seduto sul letto a leggere. Sembrava parecchio più tranquillo che alla fine della lezione di Moody, anche se ancora non perfettamente in sé. Aveva gli occhi piuttosto arrossati.

«Stai bene, Neville?» gli chiese Harry.

«Oh, sì» rispose Neville. «Sto bene, grazie. Stavo leggendo il libro che mi ha dato il professor Moody…»

Mostrò il volume: Piante Acquatiche Magiche del Mediterraneo e loro Proprietà.

«A quanto pare, la professoressa Sprite ha detto al professor Moody che sono proprio bravo in Erbologia» disse Neville. Nella sua voce c’era una debole nota di orgoglio che Harry aveva colto di rado prima d’allora. «Così ha pensato che mi sarebbe piaciuto».

Riferire a Neville quello che aveva detto la professoressa Sprite, ridletté Harry, era una maniera piena di tatto per tirargli su il morale, perché era molto raro che Neville si sentisse dire che era bravo in qualcosa. Era proprio il genere di cosa che avrebbe potuto fare il professor Lupin.

Harry e Ron portarono di sotto le loro copie di Svelare il Futuro, trovarono un tavolo libero e si misero a lavorare sulle loro predizioni per il mese seguente. Un’ora dopo avevano fatto scarsi progressi, anche se il tavolo era ingombro di pezzi di pergamena coperti di conti e simboli, e la mente di Harry era annebbiata come se fosse stata invasa dai vapori del fuoco della professoressa Cooman.

«Non ho la più pallida idea di cosa dovrebbe significare questa roba» ammise, fissando una lunga lista di calcoli.

«Sai» disse Ron, i capelli ritti a furia di passarci in mezzo le dita, preso dallo sconforto, «credo che sia ora di ricorrere alle vecchie misure d’emergenza per Divinazione».

«Cosa… dobbiamo inventare?»

«Sì» rispose Ron, spazzando via dal tavolo la gran massa di foglietti scarabocchiati, intingendo la penna nell’inchiostro e cominciando a scrivere.

«Lunedì prossimo» annunciò, «mi verrà la tosse, a causa dell’infelice congiunzione di Marte e Giove». Alzò lo sguardo su Harry. «La conosci, no? Dalle un oceano di disgrazie e lei ci sguazzerà».

«Giusto» disse Harry, appallottolando il suo primo tentativo e lanciandolo nel fuoco, al di sopra delle teste di un gruppo di allievi del primo anno seduti a chiacchierare. «D’accordo, allora. Lunedì: rischio di… ehm… ustioni».

«Ci puoi giurare» fece Ron cupo, «lunedì ci toccano di nuovo gli Schiopodi. Okay, martedì io… ehm…»

«Perderai una cosa preziosa» disse Harry, che sfogliava Svelare il futuro in cerca di spunti.

«Giusto» rispose Ron, prendendo nota «Per colpa di… Mercurio. Perché invece tu non ti fai pugnalare alle spalle da qualcuno che credevi un amico?»

«Sì, dai!» approvò Harry, scrivendo, «e sarà perché… Venere è nella dodicesima casa».

«E mercoledì avrò la peggio in una rissa».

«Aaaah, la rissa la volevo io. No, allora io perdo una scommessa».

«E certo, perché scommetterai su di me nella rissa».

Continuarono a inventare predizioni (che divennero sempre più tragiche) per un’altra ora, mentre la sala comune attorno a loro si svuotava lentamente e i ragazzi salivano a dormire. Grattastinchi li raggiunse, balzò agilmente in una poltrona vuota e fissò Harry con aria imperscrutabile, come avrebbe potuto fare Hermione se avesse saputo che non stavano facendo i compiti come si deve.

Guardandosi intorno e cercando di pensare a una sventura che non aveva ancora usato, Harry vide Fred e George seduti accanto al muro dall’altra parte della sala, le teste vicine, le penne in mano, chini sullo stesso rotolo di pergamena. Era decisamente insolito vedere Fred e George appartati in un angolo a lavorare in silenzio; di solito amavano stare nel bel mezzo della mischia, e richiamare rumorosamente l’attenzione. C’era qualcosa di misterioso nel modo in cui lavoravano chini sulla pergamena, e a Harry ricordò il modo in cui confabulavano alla Tana. Allora aveva pensato che si trattasse di un altro modulo di ordinazione per i Tiri Vispi Weasley, ma questa volta sembrava diverso, o avrebbero certamente coinvolto Lee Jordan. Si chiese se ciò che facevano avesse qualcosa a che vedere con la partecipazione al Torneo Tremaghi.

Mentre Harry li osservava, George scosse la testa, scarabocchiò qualcosa e disse molto piano, ma senza riuscire a evitare che la sua voce risuonasse nella sala quasi deserta: «No… così sembra che lo stiamo accusando. Dobbiamo andarci cauti…»

Poi George alzò gli occhi e vide Harry che lo guardava. Harry fece un gran sorriso e tornò in fretta alle sue predizioni: non voleva che George pensasse che stava origliando. Poco dopo, i gemelli arrotolarono la pergamena, diedero la buonanotte e andarono a dormire.

Fred e George se n’erano andati da una decina di minuti quando il ritratto si aprì e Hermione entrò nella sala comune con un fascio di fogli in una mano e nell’altra una scatola il cui contenuto sbatacchiò. Grattastinchi inarcò la schiena e si mise a fare le fusa.

«Ciao» disse lei. «Ho appena finito!»

«Anch’io!» esclamò Ron trionfante, lasciando cadere la penna.

Hermione si sedette, depose gli oggetti che aveva con sé su una sedia vuota e trasse a sé le predizioni di Ron.

«Non ti aspetta un gran bel mese, vero?» disse sardonica, mentre Grattastinchi le si acciambellava in grembo.

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