«Che cos’ha?» disse Ron, guardando incuriosito nella direzione in cui era sparita. «Perché non riesce a correre?»
«Scommetto che non ha chiesto il permesso di nascondersi» disse Harry. Stava pensando a Dobby: tutte le volte che aveva cercato di fare qualcosa che non sarebbe piaciuto ai Malfoy, era stato costretto a punirsi.
«Ma insomma, gli elfi domestici sono trattati in maniera brutale!» esclamò Hermione indignata. «È schiavitù, ecco cos’è! Quel signor Crouch l’ha costretta a salire fino in cima allo stadio, ed era terrorizzata, e l’ha stregata, così lei non può nemmeno correre quando cominciano a calpestare le tende! Perché qualcuno non fa qualcosa?»
«Be’, gli elfi sono contenti cosi, vero?» disse Ron. «Hai sentito la vecchia Winky alla partita… “Gli elfi di casa non devono divertirsi”… E questo che le piace, farsi comandare a bacchetta…»
«È la gente come te, Ron» cominciò Hermione infervorata, «che appoggia sistemi marci e ingiusti solo perché è troppo pigra per…»
Un’altra forte esplosione echeggiò dal limitare del bosco.
«Muoviamoci di qui, va bene?» disse Ron, e Harry lo vide guardare Hermione nervosamente. Forse c’era del vero in quello che aveva detto Malfoy; forse Hermione era più in pericolo di loro. Ripartirono. Harry si frugò ancora le tasche, pur sapendo che la sua bacchetta non era lì.
Seguirono il sentiero oscuro nel profondo del bosco, continuando a guardarsi intorno alla ricerca di Fred, George e Ginny. Superarono un gruppo di goblin, che ridacchiavano su un sacco d’oro che evidentemente avevano vinto scommettendo sul risultato della partita, e che sembravano piuttosto indifferenti ai tafferugli del campeggio. Più avanti entrarono in una macchia di luce argentea, e tra gli alberi videro tre Veela, alte e bellissime, in una radura, circondate da un gruppo di giovani maghi che parlavano tutti a voce molto alta.
«Io guadagno cento sacchi di galeoni l’anno» gridò uno di loro. «Faccio il killer di draghi per il Comitato per la Soppressione delle Creature Pericolose!»
«No, non è vero» strillò il suo amico, «tu fai il lavapiatti al Paiolo Magico… ma io sono un Cacciatore di Vampiri, ne ho uccisi novanta finora…»
Un terzo giovane mago, con brufoli ben visibili anche alla tenue luce argentea delle Veela, s’intromise: «Io sto per diventare il Ministro della Magia più giovane che ci sia mai stato, io».
Harry soffocò le risate. Aveva riconosciuto il mago brufoloso: si chiamava Stan Picchetto e in verità era il bigliettaio della corriera magica a tre piani Nottetempo.
Si voltò per dirlo a Ron, ma la faccia del ragazzo era diventata stranamente molle, e un attimo dopo Ron urlò: «Ve l’ho detto che ho inventato un manico di scopa che viaggerà fino a Giove?»
« Ma insomma! » disse di nuovo Hermione, e lei e Harry afferrarono saldamente Ron per le braccia, lo costrinsero a voltarsi e lo trascinarono via. Erano ormai nel cuore della foresta quando le voci delle Veela e dei loro ammiratori svanirono del rutto. Non c’era nessuno; tutto era molto più tranquillo.
Harry si guardò intorno. «Direi che possiamo aspettare qui, sentiremo chiunque si avvicini a un chilometro di distanza».
Aveva appena finito di parlare che Ludo Bagman spuntò da dietro un albero proprio davanti a loro.
Anche alla flebile luce delle due bacchette, Harry si accorse che Bagman era cambiato parecchio. Non era più ilare e roseo; non saltellava più. Era molto pallido e teso.
«Chi siete?» disse, sbattendo le palpebre verso di loro, cercando di distinguere i loro volti. «Che cosa ci fate qui tutti soli?»
I ragazzi si guardarono sorpresi.
«Be’… c’è una specie di rivolta» disse Ron.
Bagman lo fissò. «Cosa?»
«Al campeggio… della gente ha preso in ostaggio una famiglia di Babbani…»
Bagman imprecò ad alta voce. «Dannazione!» esclamò sconvolto, e senza aggiungere altro si Smaterializzò con un piccolo pop.
«Non è proprio sveglissimo, il signor Bagman, vero?» disse Hermione aggrottando le sopracciglia.
«È stato un grande Battitore, comunque» disse Ron, guidandoli dal sentiero in una piccola radura e sedendosi su una zolla di erba secca ai piedi di un albero. «Le Vespe di Winbourne hanno vinto il campionato tre volte di fila quando c’era lui in squadra».
Estrasse dalla tasca il modellino di Krum, lo posò a terra e lo guardò camminare per un po’. Come il vero Krum, il pupazzo aveva i piedi un po’ piatti e le spalle spioventi, e faceva molta meno impressione con quei piedi in fuori che a cavallo del suo manico di scopa. Harry tese l’orecchio per cogliere i rumori provenienti dal campeggio. Tutto sembrava ancora tranquillo; forse la rivolta era finita.
«Spero che gli altri stiano bene» disse Hermione dopo un po’.
«Staranno benissimo» disse Ron.
«Pensa se tuo padre mette le mani su Lucius Malfoy» disse Harry, sedendosi vicino a Ron e osservando il Krum in miniatura trascinarsi sulle foglie cadute. «Ha sempre detto che gli piacerebbe incastrarlo».
«Almeno questo cancellerebbe quella smorfia dalla faccia del vecchio Draco, certo» disse Ron.
«Quei poveri Babbani, però» disse Hermione tesa. «E se non riescono a farli scendere?»
«Li tireranno giù» disse Ron con fare rassicurante, «troveranno il modo».
«E una follia, comunque, fare una cosa del genere proprio stasera che c’è il Ministero della Magia al completo!» aggiunse Hermione. «Voglio dire, come pensano di cavarsela? Credete che abbiano bevuto, o sono solo…»
Ma si interruppe di colpo e si guardò alle spalle. Anche Harry e Ron si guardarono rapidamente attorno. Era come se qualcuno avanzasse barcollando verso la radura. Attesero, ascoltando i suoni dei passi irregolari dietro gli alberi scuri. Ma i passi si fermarono all’improvviso.
«C’è nessuno?» gridò Harry.
Silenzio. Harry si alzò e guardò dietro l’albero. Era troppo buio per vedere molto oltre, ma avvertì qualcuno appena al di là del suo campo visivo.
«Chi c’è?» disse.
E poi. di colpo, una voce ruppe il silenzio. Una voce diversa da tutte quelle che avevano udito nel bosco, che non gridò di terrore, ma pronunciò una specie di incantesimo…
« MORSMORDRE !»
E qualcosa di enorme, verde e lucente sbucò dalla pozza di oscurità che gli occhi di Harry avevano tentato di penetrare: volò oltre le cime degli alberi, su in cielo.
«Cosa dia…» sussultò Ron balzando di nuovo in piedi e fissando la cosa.
Per un attimo, Harry pensò che fosse un’altra formazione di Lepricani. Poi vide: era un teschio colossale, fatto come di stelle di smeraldo, e con un serpente che gli usciva dalla bocca come una lingua. Si levò sempre più in alto, sotto i loro occhi, stagliandosi vivido in una cortina di fumo verdastro, stampato contro il cielo nero come una nuova costellazione.
All’improvviso, nel bosco tutto attorno a loro esplosero le grida. Harry non capiva perché, ma l’unica causa possibile era l’improvvisa comparsa del teschio, ora abbastanza alto da illuminare il bosco intero, come un sinistro cartellone al neon. Scrutò l’oscurità in cerca della persona che aveva evocato il teschio, ma non vide nessuno.
«Chi è là?» gridò di nuovo. Hermione afferrò il dorso della sua giacca e lo tirò indietro.
«Harry, andiamo, muoviti !»
«Che cosa succede?» chiese Harry, scosso nel vederla tanto pallida e terrorizzata.
«È il Marchio Nero, Harry!» gemette Hermione, tirandolo più forte che poteva. «Il segno di Tu-Sai-Chi!»
«Di Voldemort. …?»
«Harry, andiamo !»
Harry si voltò — Ron stava raccogliendo in fretta il suo miniKrum — e tutti e tre sfrecciarono attraverso la radura; ma prima che potessero fare più di qualche passo affrettato, una serie di scoppiettii annunciò l’arrivo di una ventina di maghi, che apparvero dal nulla e li circondarono.
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