J. Rowling - Harry Potter e il calice di fuoco

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Harry Potter e il calice di fuoco: краткое содержание, описание и аннотация

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È un momento cruciale nella vita di Harry: ormai è un mago adolescente, vuole andarsene dalla casa degli odiosi Dursley, vuole sognare la Cercatrice del Corvonero per cui ha una cotta tremenda... Intanto, grandiosi avvenimenti si stanno preparando alla scuola di Hogwarts, dove si svolgerà un torneo tra tutte le più importanti scuole di magia. E nonostante non abbia ancora 16 anni, età per iscriversi alla competizione, Harry viene scelto dal Calice di Fuoco per superare prove terrificanti: si troverà faccia a faccia con la morte, come sempre per colpa del perfido Voldemort; e con l’amore.
Vincitore del premio Hugo per il miglior romanzo in 2001.

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«Quando il contatto s’interromperà, rimarremo qui solo per pochi istanti… ma ti daremo il tempo… devi correre alla Passaporta, ti riporterà a Hogwarts… hai capito, Harry?»

«Sì» disse Harry senza fiato, lottando per mantenere la presa sulla bacchetta che gli scivolava tra le dita.

«Harry…» sussurrò la sagoma di Cedric, «riporterai indietro il mio corpo, vero? Riporta il mio corpo ai miei genitori…»

«Lo farò» disse Harry, il volto contratto nello sforzo di trattenere la bacchetta.

«Fallo ora» sussurrò la voce di suo padre. «Preparati a correre… ora…»

«ORA!» urlò Harry: non credeva di poter resistere un istante di più. Puntò la bacchetta in alto con un potente strattone, e il filo d’oro si spezzò; la gabbia di luce svanì, il canto della fenice si spense… ma le sagome d’ombra delle vittime di Voldemort non scomparvero: accerchiarono Voldemort, nascondendo Harry alla sua vista…

E Harry corse come non aveva mai corso in tutta la vita, urtando due Mangiamorte esterrefatti; sfrecciò zigzagando tra le lapidi, avvertì le loro maledizioni che lo inseguivano, li sentì colpire le pietre tombali… scansava incantesimi e lapidi, precipitandosi verso il corpo di Cedric, senza più avvertire il dolore alla gamba, tutto il suo essere concentrato su ciò che doveva fare…

« Schiantatelo! » udì Voldemort gridare.

A tre metri da Cedric, Harry si tuffò dietro un angelo di marmo per evitare gli spruzzi di luce rossa e vide la punta dell’ala andare in pezzi, colpita dall’incantesimo. Tenendo più stretta la bacchetta, sfrecciò fuori da dietro l’angelo…

« Impedimento! » urlò, puntando furiosamente la bacchetta indietro, contro i Mangiamorte che gli stavano alle calcagna.

Da uno strillo soffocato credette di aver fermato almeno uno di loro, ma non ci fu il tempo di voltarsi a guardare; balzò oltre la Coppa e si slanciò in avanti mentre sentiva altri dardi saettare alle sue spalle; altri fiotti di luce gli volarono sopra la testa mentre cadeva, tendendo la mano per afferrare il braccio di Cedric…

«State indietro! Lo ucciderò io! È mio!» strillò Voldemort.

La mano di Harry si chiuse sul polso di Cedric; solo una pietra tombale lo separava da Voldemort, ma Cedric era troppo pesante da trasportare, e la Coppa era irraggiungibile…

Gli occhi rossi di Voldemort dardeggiarono nell’oscurità. Harry vide la sua bocca arricciarsi in un sorriso, lo vide levare la bacchetta.

« Accio! » gridò, puntando la sua verso la Coppa Tremaghi.

Il trofeo si alzò in volo e planò verso di lui. Harry lo afferrò per uno dei manici.

Udì l’urlo di rabbia di Voldemort nello stesso istante in cui avvertì lo strappo dietro l’ombelico che significava che la Passaporta era in funzione: ed ecco che lo trascinava via in un vortice di vento e colori, e Cedric era con lui… stavano tornando indietro…

CAPITOLO 35

VERITASERUM

Harry si sentì scagliare a terra; aveva il viso schiacciato nell’erba; il suo odore gli riempì le narici. Aveva chiuso gli occhi mentre la Passaporta lo trasportava, e li tenne chiusi. Non si mosse. Sembrava che tutto il fiato gli fosse stato sottratto a forza; la testa gli girava così forte che il terreno sotto di lui gli parve dondolare come il ponte di una nave. Per cercare di restare fermo, si aggrappò più forte alle due cose che teneva ancora strette: il liscio, freddo manico della Coppa Tremaghi, e il corpo di Cedric. Sentiva che sarebbe scivolato via nell’oscurità che si addensava sulla soglia della sua mente se solo avesse mollato la presa dell’uno o dell’altro. Lo spavento e la stanchezza lo trattennero a terra, a respirare l’odore dell’erba, in attesa… in attesa che qualcuno facesse qualcosa… che succedesse qualcosa… e intanto, la cicatrice era un dolore sordo sulla fronte…

Una cascata di rumori lo assordò e lo confuse, c’erano voci dappertutto, uno scalpiccio di passi, urla… rimase dov’era, il viso contratto per il frastuono, come se si trattasse di un incubo che sarebbe passato…

Poi due mani lo afferrarono bruscamente e lo rivoltarono.

«Harry! Harry!»

Aprì gli occhi.

Si ritrovò a guardare il cielo stellato, con Albus Silente chino su di lui. Le ombre scure della folla premevano attorno a loro, avvicinandosi a spintoni; Harry sentì il terreno vibrare sotto la testa, scosso dai loro passi.

Era tornato al limitare del labirinto. Vide le tribune innalzarsi sopra di lui, su di esse le sagome di gente che si muoveva, le stelle in alto.

Harry lasciò andare la Coppa, ma strinse ancora più forte a sé il braccio di Cedric. Alzò la mano libera e afferrò Silente per un polso, mentre il volto del mago fluttuava, un attimo nitido, l’attimo dopo sfuocato.

«E tornato» sussurrò. «È tornato. Voldemort».

«Che cosa succede? Che cosa è successo?»

Il viso di Cornelius Caramell apparve sopra Harry, alla rovescia; era pallido, sconvolto.

«Cielo… Diggory!» sussurrò. «Silente… ma è morto!»

Le parole furono ripetute, le sagome in ombra che premevano attorno le mormorarono senza fiato ai loro vicini… e poi altri le urlarono — le strillarono — nella notte: «È morto!» «È morto! » «Cedric Diggory! Morto! »

«Harry, lascialo andare» sentì dire la voce di Caramell, e avvertì dita che cercavano di separarlo dal corpo svuotato di Cedric, ma lui non voleva lasciarlo.

Poi il volto di Silente, ancora confuso e nebuloso, si avvicinò. «Harry, ora non puoi aiutarlo. È finita. Lascialo».

«Voleva che lo portassi indietro» sussurrò Harry… gli parve importante spiegarlo. «Voleva che lo riportassi ai suoi genitori…»

«Va bene, Harry… adesso però lascialo…»

Silente si curvò e, con una forza straordinaria per un uomo così vecchio e magro, sollevò Harry da terra e lo rimise in piedi. Harry barcollò. La testa gli pulsava. La gamba ferita non reggeva più il suo peso. Le persone affollate attorno a lui si facevano avanti sgomitando, lottavano per avvicinarsi, incombevano minacciose su di lui… «Cos’è successo?» «Che cos’ha che non va?» « Diggory è morto! »

«Deve andare in infermeria!» disse Caramell ad alta voce. «Sta male, è ferito… Silente, i genitori di Diggory, sono qui, sono in tribuna…»

«Ci penso io ad accompagnare Harry, Silente, lo porto io…»

«No, è meglio che…»

«Silente, Amos Diggory sta correndo da questa parte… ormai è vicino… non credi che dovresti dirgli… prima che veda…?»

«Harry, rimani qui…»

Strilli e singhiozzi isterici di ragazze… la scena parve guizzare stranamente davanti ai suoi occhi…

«Va tutto bene, ragazzo, ti reggo io… andiamo… infermeria…»

«Silente ha detto di restare» disse Harry con voce incerta. La ferita gli pulsava tanto che credette di essere sul punto di vomitare; la sua vista era sempre più annebbiata.

«Devi stenderti… andiamo, adesso…»

Qualcuno più grosso e forte di Harry un po’ lo spingeva un po’ lo trasportava di peso attraverso la folla terrorizzata; Harry la udì trattenere il fiato, urlare e gridare mentre l’uomo che lo sosteneva si faceva strada e lo riportava al castello. Su per il prato, oltre il lago e la nave di Durmstrang, Harry non udiva altro che il respiro affannoso dell’uomo che lo aiutava a camminare.

«Che cosa è successo, Harry?» chiese infine l’uomo, trascinando Harry su per i gradini di pietra. Clunk. Clunk. Clunk. Era Malocchio Moody.

«La Coppa era una Passaporta» disse Harry mentre attraversavano la Sala d’Ingresso. «Ha portato me e Cedric in un cimitero… e c’era Voldemort… Voldemort…»

Clunk, Clunk. Clunk. Su per gli scalini di marmo…

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