J. Rowling - Harry Potter e il calice di fuoco

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Harry Potter e il calice di fuoco: краткое содержание, описание и аннотация

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È un momento cruciale nella vita di Harry: ormai è un mago adolescente, vuole andarsene dalla casa degli odiosi Dursley, vuole sognare la Cercatrice del Corvonero per cui ha una cotta tremenda... Intanto, grandiosi avvenimenti si stanno preparando alla scuola di Hogwarts, dove si svolgerà un torneo tra tutte le più importanti scuole di magia. E nonostante non abbia ancora 16 anni, età per iscriversi alla competizione, Harry viene scelto dal Calice di Fuoco per superare prove terrificanti: si troverà faccia a faccia con la morte, come sempre per colpa del perfido Voldemort; e con l’amore.
Vincitore del premio Hugo per il miglior romanzo in 2001.

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Poi, all’improvviso, Harry si sentì come se qualcuno gli stesse premendo un cuscino invisibile sul naso e sulla bocca. Cercò di inspirare, ma gli girava la testa; aveva i polmoni vuoti, e d’un tratto provò un dolore acuto da entrambi i lati del collo…

Harry si strinse le mani attorno alla gola, e avvertì due grossi tagli proprio sotto le orecchie, che sbatacchiavano nell’aria fredda… aveva le branchie. Senza riflettere, fece l’unica cosa sensata: si tuffò in acqua.

La prima sorsata di gelido lago fu come un soffio vitale. La testa non gli girava più; inghiottì altra acqua e la sentì scorrere attraverso le branchie, inviando ossigeno al cervello. Tese le mani davanti a sé e le guardò. Erano verdi e spettrali sott’acqua, ed erano diventate palmate. Si contorse per guardarsi i piedi nudi: si erano allungati ed erano anch’essi palmati; era come se gli fossero cresciute delle pinne.

E nemmeno l’acqua sembrava più gelata… al contrario, si sentiva piacevolmente rinfrescato, e leggerissimo… Harry si slanciò in avanti, stupito dalla rapidità con cui avanzava, grazie ai piedi pinnati, e si accorse che ci vedeva chiaramente, senza aver più bisogno di sbattere le palpebre. Ben presto non riuscì più a scorgere il fondo del lago: allora si rigirò e si tuffò dritto verso l’abisso.

Il silenzio premeva contro le orecchie mentre sprofondava in uno strano, tetro, nebuloso paesaggio. Vedeva solo nel raggio di tre metri, e mentre filava nell’acqua nuove immagini affioravano all’improvviso dall’oscurità sempre più fitta; foreste di alghe nere aggrovigliate che oscillavano, vaste piane di fango coperto di scure pietre luccicanti. Nuotò sempre più giù, verso il centro del lago, gli occhi bene aperti, fissando l’acqua pervasa di un misterioso lucore grigiastro attorno a lui fino alle ombre più giù, dove diventava opaca.

Piccoli pesci saettavano oltrepassandolo come frecce d’argento. Una o due volte gli parve di vedere qualcosa di più grosso muoversi davanti a lui, ma quando si avvicinò, scoprì che non era altro che un grosso tronco annerito, o un fitto cespo di alghe. Non c’era traccia degli altri campioni, di sirene, di Ron — né, per fortuna, della piovra gigante.

Alghe di un verde brillante si allungavano davanti a lui a vista d’occhio, alte più di mezzo metro, come un prato di erba molto cresciuta. Harry fissava davanti a sé senza strizzare gli occhi, cercando di distinguere le forme nell’oscurità… e poi, senza preavviso, qualcosa gli afferrò una caviglia.

Harry si voltò indietro e vide un Avvincino, un piccolo demone acquatico cornuto, spuntare dalle alghe, le lunghe dita strette attorno alla sua gamba, le zanne puntute scoperte. Harry infilò in fretta la mano palmata nella veste e frugò in cerca della bacchetta: il tempo di afferrarla, e altri due Avvincini erano affiorati dal tappeto di alghe, si erano aggrappati alla veste di Harry e tentavano di trascinarlo giù.

« Relascio! » urlò Harry, ma non uscì alcun suono… una grossa bolla gli scivolò fuori dalla bocca, e la bacchetta, invece di spedire scintille all’indirizzo degli Avvincini, scagliò loro quello che pareva un getto di acqua bollente, perché sulla loro pelle verde, nei punti colpiti, comparvero macchie di un vivido rosso. Harry sfilò la caviglia dalla presa dell’Avvincino e nuotò più veloce che poteva, sparando di quando in quando altri getti di acqua bollente oltre la spalla, dietro di sé, a caso; ogni tanto un Avvincino tentava di nuovo di afferrargli il piede, e scalciava forte; alla fine, sentì il piede cozzare contro un cranio cornuto e guardando indietro vide l’Avvincino stordito allontanarsi nell’acqua, arrabbiato, mentre i suoi compagni alzavano i pugni contro Harry e ripiombavano tra le alghe.

Harry rallentò un po’, nascose la bacchetta sotto la veste e si guardò intorno, tendendo di nuovo l’orecchio. Si voltò del tutto, il silenzio che premeva più forte che mai contro i timpani. Sapeva di trovarsi ancora più in basso, ora, ma nulla si muoveva, a parte le alghe oscillanti.

«Come va?»

A Harry venne quasi un infarto. Si voltò di scatto e vide Mirtilla Malcontenta che fluttuava confusamente davanti a lui, guardandolo attraverso le spesse lenti perlacee.

«Mirtilla!» Harry cercò di gridare: ma ancora una volta dalla sua bocca non uscì altro che una grossa bolla. Mirtilla Malcontenta invece fece una risatina.

«Devi provare laggiù!» disse, indicando col dito. «Io non verrò con te… non mi piacciono granché, mi inseguono sempre quando mi avvicino troppo…»

Harry alzò i pollici per ringraziarla e ripartì, facendo attenzione a nuotare un po’ più su rispetto alle alghe, per evitare altri Avvincini in agguato lì sotto.

Continuò a nuotare per almeno una ventina di minuti. Stava passando sopra vaste distese di fango nero, che vorticavano oscure mentre spostava l’acqua. Poi, finalmente, sentì un frammento del canto ammaliante delle sirene.

«Hai tempo un’ora per poter cercare
quel che rubammo. Non esitare…»

Harry nuotò più in fretta, e presto vide una grossa roccia spuntare nell’acqua fangosa davanti a sé. Sopra c’erano disegni che raffiguravano il popolo sirenesco; i personaggi brandivano lance e inseguivano quello che sembrava la piovra gigante. Harry superò la roccia, seguendo la canzone delle sirene.

«…metà del tempo hai speso, or non ti attardare
se ciò a cui tieni vuoi recuperare…»

Un mucchio di edifici di pietra viva macchiati di alghe apparvero all’improvviso dall’oscurità, da tutti i lati. Qua e là alle scure finestre Harry vide dei volti… volti che non avevano alcuna somiglianza con il dipinto della sirena nel bagno dei Prefetti… Il popolo delle sirene aveva la pelle grigiastra e lunghe, arruffate chiome verde scuro. Gli occhi erano gialli, come i denti spezzati, e portavano spesse collane di ciottoli attorno al collo. Sguardi maligni seguirono Harry al suo passaggio; un paio di tritoni affiorarono dalle caverne per osservarlo meglio, le potenti code pinnate d’argento che battevano l’acqua, le lance strette in mano.

Harry accelerò, guardandosi attorno, e ben presto le caverne diventarono più numerose; c’erano giardini di alghe attorno ad alcune, e vide perfino un Avvincino domestico legato a un palo fuori da una porta. Il popolo delle sirene spuntava da tutte le parti, osservandolo con curiosità, indicando le sue mani palmate e le branchie, parlottando e nascondendosi dietro le mani. Harry svoltò un angolo in fretta, e davanti ai suoi occhi comparve uno spettacolo molto strano.

Una folla di sirene e tritoni nuotava davanti alle case che fiancheggiavano quella che sembrava la versione sirenesca della piazza di un villaggio. Al centro cantava un coro di sirene, per attirare i campioni, e dietro si ergeva una statua molto rozza: un tritone gigantesco sbozzato in una roccia. Quattro persone erano legate strette alla sua coda di pietra.

Ron stava tra Hermione e Cho Chang. C’era anche una ragazzina che non dimostrava più di otto anni, e la sua nube di capelli di un biondo argenteo convinse Harry che dovesse trattarsi della sorella di Fleur Delacour. Tutti e quattro sembravano immersi in un sonno profondo. Le loro teste ciondolavano sulle spalle, e fili sottili di bollicine salivano dalle loro bocche.

Harry si affrettò ad avvicinarsi ai prigionieri, aspettandosi quasi che i tritoni abbassassero le lance e lo attaccassero, ma quelli non fecero nulla. Le corde d’alga che tenevano avvinti gli ostaggi alla statua erano spesse, viscide e molto robuste. Per un furtivo istante Harry pensò al coltellino che Sirius gli aveva regalato a Natale: chiuso nel suo baule al castello a un quarto di miglia di distanza, non gli era di alcun aiuto.

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