«Distanza di voce fra un momento,» gracchiò Richards, con la faccia luccicante di sudore malgrado il gelo che rendeva visibile il suo fiato come vapore.
«Distanza di voce adesso,» disse Barbanera: Raddrizzò le spalle massicce e poi con passi lenti e misurati raggiunse la prua e puntellò un piede calzato di stivale sul bompresso. Si riempì i polmoni, poi gridò verso le corvette della Navy, «Maledizione a voi, chi siete? E da dove venite?»
Ci fu agitazione sul ponte della corvetta più vicina, e poi il vessillo inglese salì garrendo in cima all’albero. «Potete vederlo dai nostri colori,» fu la replica urlata, «non siamo pirati!»
Quasi formalmente, come se si trattasse di uno scambio retorico in un’antichissima litania, Barbanera gridò, «Vieni a bordo così posso vedere chi sei.»
«Non posso allontanarmi dalla mia nave,» strillò di rimando il capitano della marina, «ma verrò a bordo non appena potrò, con la mia corvetta!»
Barbanera sorrise e parve rilassarsi. Urlò a sua volta, «Che la dannazione afferri la mia anima se vi concederò misericordia, o ne accetterò da voi.»
«Non ce l’aspettiamo, ne ve la offriamo!»
Barbanera si voltò verso Richards. «Direi che è tutto chiaro,» fece notare. «Issate i nostri colori e tagliate il cavo… partiamo.»
«Certo, certo, capitano,» disse Richards. «Lasciamo il bottino?»
«Sicuro, non mi sono mai preoccupato del bottino.»
Il vascello della marina che era in testa bordeggiò verso nord, ma in un attimo la corvetta di Barbanera, l’Avventura, stava scivolando verso ovest davanti al vento sulla superficie calma dello Stretto di Pamlico, puntando dritta come una freccia fra l’altra corvetta della Navy e la spiaggia dell’isola di Ocracoke, in direzione della laguna e del mare aperto al di là di essa. Tutti gli uomini a bordo dell’Avventura, eccetto Barbanera, stavano trattenendo il fiato poiché l’acqua era profonda a malapena più di sei piedi, e la marea stava rifluendo. Diversi addirittura tirarono fuori dalle tasche delle monete e le scagliarono fuori bordo — il sole non aveva ancora superato la gibbosità dell’isola, e le monete caddero senza scintillare nell’acqua grigio-fumo.
Richards stava guardando a nord la corvetta che aveva parlato con loro. Rise piano. «Sono di nuovo arenati!» sussurrò.
Sentendosi improvvisamente stanchissimo, Barbanera sfilò una delle pistole e disse, «Allentate le vele. Faremo una pausa per mollare una bordata a questi ragazzi.»
Richards ruotò su se stesso per fronteggiarlo. «Cosa? ma ora possiamo filarcela se…»
Barbanera sollevò la pistola e colpì Richards alla bocca con la canna. «Fai allentare le vele e tieni pronti i cannoni di tribordo, maledetto te!»
«Certo!» disse Richards con una voce che era quasi un singhiozzo, voltandosi per comunicare l’ordine. La maggior parte degli uomini rimasero a bocca aperta per la sorpresa, ma videro la pistola, ed essendo il ritiro di Hands ancora nella memoria di tutti obbedirono, e l’Avventura rallentò, con le vele che fluttuavano flosce, e avanzò lentamente di fianco alla corvetta della marina.
«Fuoco ai cannoni di tribordo!» ruggì Barbanera, e l’Avventura ondeggiò quando i cannoni spararono, ammorbando l’aria mattutina con nubi di fumo acre e facendo sparpagliare strepitando gli allarmati uccelli marini.
Il fumo andò alla deriva verso ovest, in direzione della laguna, e Barbanera scoppiò a ridere nel vedere il vascello della Navy che rollava impotente, il sartiame ridotto a brandelli e la murata e le frisate a una rovina di legno frantumato.
«Spieghiamo le vele, adesso?» chiese con voce implorante Richards, adocchiando la riva di Ocracocke che si faceva sempre più vicina con la marea che rifluiva.
Anche Barbanera stava guardando. «Sì,» disse pensieroso, dopo un momento, poiché era troppo tardi.
Il vento capriccioso era calato, e sebbene i pirati si affollassero intorno a ogni iarda quadrata di vela come pescatori affamati che allargano le reti, l’Avventura andava alla deriva.
La corvetta a nord stava di nuovo galleggiando e gli uomini a bordo avevano tirato fuori i remi e stavano remando in direzione dell’Avventura.
Col più gentile dei cigolii, l’Avventura s’incagliò.
«Sbrigatevi a ricaricare i cannoni di tribordo!» gridò Barbanera. «Ragazzi,» aggiunse a un gruppo di pirati che stavano disperatamente gettando barili e catene oltre la murata, «lasciate perdere, non potete farla sollevare più in fretta di quanto la marea la faccia abbassare! Pronti con le pistole e le sciabole.»
La corvetta della marina superstite si stava avvicinando con andatura regolare. «Non fate fuoco finché non lo dirò io,» disse Barbanera.
«Giusto,» disse Richards, che aveva sfoderato la sua corta sciabola e stava lentamente roteandola a distanza di braccio in un esercizio di riscaldamento. Ora che non c’era più speranza di evitare lo scontro, gran parte della sua ansietà era scomparsa. Sogghignò a Barbanera. «Spero che questo sia il pelo più sottile per il quale tu ce l’abbia mai fatta.»
Il gigantesco pirata strinse brevemente la spalla di Richards. «Mai più così sottile,» disse piano, «te lo prometto.»
La corvetta della Navy si trovava a solo un paio di dozzine di iarde di distanza ormai, e Barbanera poteva addirittura udire, al di sopra dei tonfi dei remi nei fori di alloggiamento, i grugniti dovuti allo sforzo dei rematori. Sapeva che il capitano della marina stava decidendo quando scaricare i suoi cannoni, e quando mancò poco al completo allineamento, Barbanera gridò, «Fuoco!»
Ancora una volta i cannoni di tribordo dell’Avventura tuonarono, sparando un proiettile di piccole dimensioni, simile a una falce fischiante, attraverso il ponte dell’altro vascello. I corpi, scagliati via, rotearono come rottami scalciati in uno spruzzo di schegge e sangue, e i pirati esultarono… ma Barbanera, in piedi sul bompresso dell’Avventura, vide il giovane ufficiale che guidava frettolosamente tutti i restanti marinai in grado di camminare sottocoperta.
«Ora le granate!» urlò Barbanera con impazienza, non appena l’ultimo dei marinai illesi della Navy fu scomparso nel boccaporto.
I pirati, allegramente, si diedero da fare ad accendere le micce che sporgevano dalle bottiglie riempite di proiettili e polvere, e, non appena il fuoco scoppiettante si avvicinava al collo della bottiglia, a lanciarle sul ponte del vascello della Navy. Con una serie intermittente di detonazioni le bottiglie esplosero, scagliando proiettili in ogni direzione, che fecero scempio dei cadaveri sul ponte e stroncarono tutti gli uomini della marina che erano stati feriti troppo gravemente per scendere sottocoperta.
«Sono tutti morti, tranne tre o quattro,» gridò Barbanera, sfoderando la sciabola. «Abbordiamoli e facciamoli a pezzi!»
L’abbordaggio si rivelò facile, poiché la marea stava spingendo la corvetta della Navy verso di loro, e Barbanera fu in grado di superare con un balzo lo spazio che separava le due imbarcazioni e atterrare sul ponte rastrellato dalla bordata; nel medesimo istante la copertura del boccaporto fu spinta via e l’ufficiale che aveva il comando della corvetta della Navy, un tenente di vascello a giudicare dall’uniforme, si arrampicò sul ponte. Barbanera scoprì i denti in un ghigno che manifestava con tale chiarezza un avvenuto riconoscimento e un benvenuto che il tenente lanciò effettivamente uno sguardo alle sue spalle per vedere quale vecchio amico il pirata avesse scorto.
Ma dietro di lui c’erano soltanto i suoi uomini che salivano sulla scaletta, i diciotto — degli iniziali trentacinque — che ancora potevano impugnare una spada o fare fuoco con una pistola. I pirati stavano saltando e arrampicandosi a bordo dietro al loro capo, e il tenente di vascello e i suoi uomini ebbero appena il tempo di sguainare gli stocchi prima che i pirati urlanti fossero loro addosso.
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