Davies lo fece, e imprecò allarmato. «Tu e Bonnett e Thatch,» disse in fretta a se stesso, «e i tre del Vecchio Mondo, e io. Fanno sette. Giusto, e non c’è nessun altro. Accidenti, per un momento sembrava fossimo otto, no?»
Shandy scosse la testa, con tristezza. «Conta di nuovo, rapidamente, e arriverai a otto. Fallo lentamente, chiamando ognuno per nome, e arrivi a sette.»
Davies tornò a contare, muovendo in fretta il dito su ogni sagoma indistinta, una volta rapidamente e un’altra volta di nuovo lentamente… e quando terminò sbottò in una pesante oscenità. «Jack,» disse, e la sua voce era tesa per il disgusto, che Shandy ritenne celasse il terrore, «i nostri occhi sono stregati? Come può esserci uno straniero fra noi che diventa invisibile solo quando contiamo attentamente?»
Shandy non tentò nemmeno di rispondere, poiché aveva lanciato un’occhiata ravvicinata alla Fontana. Aveva già notato che l’acqua, sebbene fosse lanciata in alto nell’aria, era stranamente densa, e dava la sensazione di cozzare piuttosto che di schizzare quando ricadeva, e di essere lei la fonte sia di quella tenue fosforescenza che di quel tanfo stagnante, ma adesso vide delle facce nel liquido agitato: centinaia di facce che si formavano l’una dopo l’altra come se la Fontana fosse uno specchio che ruotasse al centro di una folla, e ogni faccia che fugacemente appariva era contorta dalla paura e dalla rabbia. Sebbene provasse ripugnanza, Shandy si avvicinò di un passo… e allora vide le cortine ondeggianti di pallida luce colorata, simili a una mobile Aurora Boreale, che fluivano verso l’alto dall’intera superficie della Fontana, e giocavano silenziose sullo strato di nuvole sovrastante, dando l’impressione di essere la forza che le faceva ribollire.
Hurwood avanzò, affiancandosi a Shandy. Il vecchio emetteva respiri leggeri e rapidi. «Che nessuno si volti,» disse. «Ognuno si limiti… a continuare a guardare ciò che sta guardando. La cosa con la quale abbiamo necessità di parlare non si manifesterà se le rivolgiamo soverchia attenzione.»
Con un brivido di gelo Shandy realizzò che la cosa che Hurwood cercava doveva essere quella figura in più nella quale lui e Davies si erano imbattuti quando si erano messi a contare.
Qualcuno nelle vicinanze sussurrò qualcosa, e Shandy si aspettò che Hurwood imponesse il silenzio, ma lo stregone monco stava rispondendo in una lingua che Shandy non aveva mai sentito, e lui realizzò che anche il sussurro era stato nella stessa lingua, e che colui che lo aveva emesso non era uno del loro gruppo.
La voce aliena parlò di nuovo, con maggior fermezza ma ancora molto debolmente, e a Shandy parve che colui che parlava si trovasse proprio accanto al suo gomito. Shandy stava obbedendo a Hurwood e guardava dritto davanti a sé, ma con la coda dell’occhio, nella penombra, poté vedere qualcuno vicino a lui. Davies era dall’altro lato… era questi il misterioso autore del sussurro? O era solo Bonnett? O anche Beth? Shandy era fortemente tentato di sbirciare.
La voce s’interruppe. «Guardate avanti,» rammentò a tutti Hurwood. «Chiudete gli occhi se preferite, ma nessuno deve guardarsi intorno.» Quindi parlò di nuovo, più teso, nell’altra lingua, e quando terminò Leo Friend aggiunse una frase che era in maniera evidente una domanda.
La voce, sommessa e dall’origine ignota, rispose e parlò per un po’, e Shandy si domandò per quanto tempo avrebbe dovuto continuare a guardare davanti a sé. Il pensiero di chiudere gli occhi in un luogo così orrìbilmente immobile gli gelò lo stomaco, ma anche restare fermo stava diventando insopportabile.
Finalmente la voce si fermò, e ad un tratto Hurwood e Friend si mossero. Shandy rischiò uno sguardo obliquo in quella direzione. Stavano correndo verso la riva dello stagno intorno alla Fontana, e quando vi giunsero seguitarono a camminare nel fluido viscoso e si accovacciarono per raccogliere un po’ di quella sostanza nelle loro mani e berla avidamente. Poi tornarono a fatica sul suolo melmoso, e Hurwood parlò di nuovo.
La risposta che venne pochi secondi dopo era debolissima, forse perché i componenti del gruppo avevano spostato gli sguardi. La voce pronunciò solo poche sillabe.
All’istante, Hurwood e Friend si frugarono nelle tasche. Hurwood estrasse un coltello da tasca, e Friend finalmente sfilò uno spillone dalla sua parrucca incipriata, e nello stesso momento entrambi si punsero un dito e scossero il sangue sulla melma fredda.
Le gocce di sangue sibilarono nei punti in cui caddero, e allora a Shandy parve come se due mani simili ad artigli spuntassero dal fango, ma un momento dopo quelle cose smisero di muoversi e lui comprese che erano piante — cose affusolate simili a cactus, ma vistose in quel panorama desolato. Shandy notò in quel momento una terza pianta, più in vicinanza della riva, ma essa era avvizzita e rigida.
Allora Barbanera avanzò con passo deciso, e, sebbene Hurwood allungasse le braccia per fermarlo, in due lunghi passi il re-pirata fu nello stagno col liquido che gli arrivava alla caviglia. Raccolse un po’ di quel fluido e lo bevve, poi ne uscì, si morse un dito e fece scorrere un po’ di sangue. Di nuovo ci fu il sibilo e l’eruzione di fango, e un attimo dopo un’altra pianta spinosa era spuntata, a poche iarde da quelle di Hurwood e Friend.
La coppia di stregoni lo fissò, con sulle facce un’identica espressione di sorpresa e leggero allarme, ma poi Hurwood si limitò a stringersi nelle spalle e a borbottare, «Non ha importanza.»
L’uomo con un solo braccio parlò ancora, e ricevette nuovamente risposta dalla debole voce, sebbene in quel momento Shandy avesse la sensazione che essa provenisse dall’altro lato del gruppo, al di là di Davies.
«Dannazione,» borbottò Hurwood quando la voce si fermò. «In questo momento non lo sa.»
Shandy vide Friend scrollare le spalle. «Possiamo aspettare un poco.»
«Aspetteremo finché non lo saprà, e non me lo avrà detto,» disse Hurwood con fermezza.
«Chi è?» chiese Barbanera.
«La… personalità che stiamo interrogando,» disse Hurwood, «sebbene il pronome “chi” sia esagerato in questa circostanza.» Sospirò, apparentemente perché disperava di dare una spiegazione, ma poi la sua formazione professionale parve prendere il sopravvento. «Le leggi della meccanica di Newton sono utilissime nel descrivere il mondo che conosciamo — ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria, e un oggetto che si muova di moto uniforme continuerà a muoversi uniformemente a meno che non sarà sollecitato da una forza — ma esaminiamo da molto vicino eventi che si verificano su scala molto piccola, e se ne studiarne i dettagli in maniera così inutilmente specifica da essere quasi considerati adatti a un ricovero per lunatici… scopriremo che la descrizione meccanica di Newton della realtà è corretta solo per somme linee. In minuscole estensioni di spazio o di tempo c’è un elemento di incertezza, un differimento di definizione, e la verità che cogliamo è informe come un uovo poco cotto. Nel nostro mondo normale questo non è un fattore rilevante poiché le… differenze, potremmo dire… sono abbastanza consistenti fra un luogo e un altro, e risultano in modo schiacciante favorevoli a Newton. Ma qui esse non sono consistenti. Qui sono polarizzate, sebbene i valori globali siano gli stessi. Non c’è elasticità in questo suolo, né incertezza, così come nell’aria qui intorno. Quella che noi abbiamo interrogato era una… tendenza verso una personalità; la probabilità di una consapevolezza.»
Barbanera sbuffò. «Quale lingua parlava quella, quella probabilità?»
«La lingua più antica,» disse imperturbabile Hurwood.
«È per questo,» si trovò a domandare Shandy, «che la cosa è così difficile da localizzare?»
Читать дальше