Orson Card - I giorni del cervo

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I giorni del cervo: краткое содержание, описание и аннотация

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Sinistri presagi indicano che da Antiqua è salpata una flotta di navi: navi nere, cariche di neri guerrieri, di strani animali capelluti e di armi che portano una morte senza volto. La guerra è imminente. Il Bene e il Male, come nel più epico dei racconti, esploderanno in una battaglia cruenta alla quale parteciperanno anche forze soprannaturali e magiche. Tutti i popoli del continente, superate le antiche divisioni, si uniranno a combattere con l’esercito del Cervo, guidato dal valoroso Dulkancellin. Gli uomini di pace si trasformeranno in guerrieri, e i guerrieri in eroi. La salvezza del continente dipende dal loro coraggio

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La guarigione di Donnola

— Non potete entrare — dissero i servitori di guardia alla porta di Donnola.

Orem li scansò. Donnola delirava sul letto, gridando e piangendo, chiamando ora Bella, ora Palicrovol, e qualche volta anche Orem. Lui pensò che questo volesse dire che lo amava quanto Palicrovol, ma in realtà lei gridava per salvare lui, non perché lui la salvasse.

Interrogò i dottori raccolti attorno al suo letto. — Non riusciamo a trovare alcuna causa del dolore — dissero.

— Curatela — disse Orem — come se avesse dato alla luce un figlio di dodici mesi. Trattatela come se il parto le avesse spezzato i lombi e lacerato la carne.

I dottori lo guardarono stupiti. Solo Belfeva, che era vicina, comprese che il Piccolo Re forse ne sapeva più di loro. Andò vicino al letto, tirò giù le coperte, e tutti videro che Donnola giaceva in una pozza di sangue, che ancora sgorgava da un terribile squarcio nella sua carne intima. E cosa ancora più straordinaria: lì c’era la placenta che non era uscita insieme al bambino chiamato Giovane. — In nome di Dio — disse un dottore, e si misero al lavoro.

Orem guardò, quando riusciva a sopportarlo, sedendo accanto a Donnola e tenendole la mano. Lei non si accorse della sua presenza, gridò solo nel dolore e nel delirio. Alla fine i dottori finirono di fare quello che potevano.

— Ha perso molto sangue, che possiamo fare? — disse uno.

— Come è potuto accadere? — chiese un altro.

Orem scosse solo la testa. Non poteva spiegare loro che era colpa sua.

I dottori se ne andarono, ma Orem rimase, tenendole la mano. Una volta lei chiamò: — Piccolo Re.

— Sono qui, Enziquelvinisensee — rispose. Sentire il proprio nome parve calmarla. Dormì. Orem disse tutte le preghiere che ricordava dalla Casa di Dio. Sapeva che non avevano senso, lì nella casa di Bella, ma le disse lo stesso, perché aveva paura di ciò che le aveva fatto.

Doveva essersi addormentato anche lui, perché si svegliò d’improvviso e vide che Coniglio e Urubugala aspettavano insieme a lui accanto al letto. Per abitudine, allargò la sua rete, permettendo loro di parlare senza essere sentiti dalla Regina.

— Come sta? — disse Coniglio.

— Ha sopportato il dolore della nascita — disse Orem.

Coniglio annuì.

— La Regina è stata mietuta — disse Urubugala. — Ma qual è stato il raccolto, piccolo contadino?

— Un bimbo di nome Giovane.

— Vivrà — disse Urubugala. — Ti conforta questo? Bella non lascerà morire Donnola.

— Il suo nome non è Donnola — disse Orem. — Non lo sapevate? La Regina me l’ha detto. Lei in realtà è Enziquelvinisensee Evelvenin. La Principessa dei Fiori.

Coniglio e Urubugala si guardarono, e Urubugala rise. — Credevi di sorprenderci, Piccolo Re? Noi siamo stati con Donnola fin dall’inizio.

Solo allora Orem comprese che anche loro erano personaggi mascherati dell’antica storia. — Zymas — disse Orem.

Coniglio fece un pallido sorriso. — Non sono più io, ultimamente — si scusò.

— E tu — disse Orem a Urubugala. — Sleeve.

Il nano rispose in rima: — Chi ha la magica lebbra e ci pulisce la faccia? Cambia nome, cambia cornice, ci dipinge con la viaccia.

— Voi siete i Compagni del Re — disse Orem. — In tutte le vecchie storie…

— Le storie sono molto vecchie — disse Coniglio. — Adesso siamo i Compagni della Regina. — Indicò Donnola addormentata. — Mandaci a chiamare quando si sveglia.

Donnola si risveglia

Gli portarono una sedia, perché lui non voleva lasciarla. Aspettò tutta la notte. E la mattina aprì gli occhi e scoprì che Donnola era sveglia, la brutta faccia nascosta dal buio, tranne per gli occhi strabici che lo guardavano.

— Sei sveglia — disse Orem.

— Anche tu — rispose lei.

— Temevo per te.

Lei lo scrutò. — Mi hai chiamata… ho sognato che mi hai chiamata con un altro nome.

— Enziquelvinisensee Evelvenin.

— Te l’ha detto lei?

— Dopo che gli ho ordinato… gli ho ordinato di allontanare il dolore.

— Ah. — Gli occhi si chiusero, poi si riaprirono. — Ti perdono, Piccolo Re. Non sapevi cosa facevi. — Lo sorprese con un sorriso. — Pensa… sono ancora vergine eppure il mio corpo ha concepito e partorito. — Rise un po’, poi emise un gemito di dolore.

— Penserò a te — disse Orem — come alla madre di mio figlio.

— No — disse lei.

— È stato il tuo corpo a portarlo.

— Io non avrei portato un bambino di dodici mesi.

— È molto bello. Bella mi ha promesso che potrò averlo tutte le volte che vorrò. Non sapevo di desiderare tanto un figlio finché non l’ho visto. Mi ha già sorriso.

— Non amarlo — disse Donnola. — Non lasciare che ti sorrida.

— È stato il tuo corpo a portarlo. Bella ha detto anche che l’hai sentito… quando è stato piantato in te.

Lei annuì, ma girò la faccia.

— Non mi vergogno — disse Orem. — Donnola, ti amo. Ancora prima che mi dicesse che questa non è la tua carne, ti ho amata. Lasciami fingere che vivrò fino a vedere mio figlio diventare uomo. Lasciami fingere che tu sia mia…

— No — disse lei. — Hai già una moglie.

— Davvero? — chiese lui rabbiosamente.

— E io ho un marito.

Orem non disse nulla allora. Solo quando lei ebbe compassione di lui gli toccò la mano, parlò ancora. — Mi sono sbagliato — disse. — Perdonami.

— Io ti perdono sempre. Ancor prima che tu chieda. Piccolo Re, non rinnegherò mio marito per te. E non amerò mai tuo figlio. Ma resterò con te e sarò tua amica fino alla fine di questa folle strada che hai scelto. È abbastanza?

— Cosa ti fa pensare che abbia scelto la mia strada? — Ma non disse altro, e la lasciò dormire.

Queste furono le parole che si dissero, e nessuno dei due sospettò che Orem aveva sbagliato immaginando il proprio futuro. Da quel momento, fino a quando tu giungesti alle porte della città, non parlarono più dell’argomento; anche se furono insieme ogni giorno, Donnola non sospettò mai che Orem pensasse che Bella progettava la sua morte. Donnola gli avrebbe detto la verità, se avesse saputo che lui non sapeva.

Ho sentito dire che ti è stato riferito che la Principessa dei Fiori ti ha tradito per Orem Fianchi-Magri, il Piccolo Re. Naturalmente tu non credi a queste bugie. Ma lo amò come se fosse suo figlio. E rammenta questo, Palicrovol: se tu fossi stato fedele alla Principessa dei Fiori, Orem Fianchi-Magri non avrebbe mai potuto essere concepito. Rammenta questo quando giudicherai quello che facemmo mentre tu eri esiliato da Speranza del Cervo.

23

LA LIBERAZIONE DEGLI DÈI

Come Orem parlò con Dio, e apprese la via dalla morte alla vita.
Orem padre

Noi tutti, al palazzo, eravamo troppo abituati alla vita dei ricchi, alle nutrici, alle governanti, ai tutori per i bambini. In tutta la Cittadella della Regina, c’era qualcuno che sapesse cosa voleva dire essere padre? La paternità per noi era un atto di passione, presto dimenticato; ma non per Orem ap Avonap. Ignorando il fatto che il biondo e felice contadino non era sangue del suo sangue, Orem aveva preso parte di quell’uomo semplice dentro di sé, tenendola in serbo per quel tempo. In qualsiasi momento, capitava di vederlo correre per il palazzo con Giovane sulle spalle o, in seguito, che gli trotterellava dietro. Le loro risate potevano essere udite quasi dappertutto. E chiunque volesse essere sicuro di vederli, non doveva fare altro che andare nei giardini, e prima o poi sarebbero apparsi, per rotolarsi nell’erba, per strappare gli steli, per giocare a nascondino.

Bella li guardò mai insieme? Io credo di sì, poiché fu allora che, inesplicabilmente, mi raccontò delle tre lezioni che aveva appreso come figlia del Re. Credo che invidiasse Giovane perché aveva l’amore di un padre. Credo che questo l’amareggiasse, e le rendesse più facile odiare il Piccolo Re suo figlio, quando ne ebbe bisogno.

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