Margaret Weis - La guerra dei gemelli
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Crysania deglutì nervosamente. Rabbrividendo, tirò la sua poltrona più vicina al fuoco. Ma d’un tratto, Caramon si alzò in piedi fermandosi davanti a lei. Chinandosi, le strinse le braccia con le mani robuste, costringendola a guardarlo negli occhi.
«Questa è follia. Dama,» disse con voce sommessa e compassionevole. «Lascia che ti porti via da questo luogo buio! Tu sei spaventata, e hai delle buone ragioni per esserlo! Forse non tutto ciò che Par-sallian ha detto su Raistlin era vero. Forse neppure tutto quello che ho pensato su di lui era vero. Forse l’ho giudicato male. Ma questa è una cosa che vedo chiaramente, Dama: sei spaventata, e non ti biasimo! Lascia che Raistlin faccia questa cosa da solo! Lascialo sfidare gli dei, se è questo che vuole! Ma non andare con lui... torna a casa! Lascia che ti riporti nel tuo tempo, lontano da qui.»
Raistlin non parlò, ma i suoi pensieri echeggiarono nella mente di Crysania con la stessa chiarezza come se li avesse pronunciati ad alta voce. Hai sentito il Gran Sacerdote! Hai detto tu stessa che conosci il suo errore! Paladine ti favorisce. Perfino in questo luogo tenebroso esaudisce le tue preghiere. Sei tu la sua prescelta! Tu avrai successo dove il Gran Sacerdote ha fallito! Vieni con me, Crysania. È questo il nostro destino!
«Sì, sono spaventata,» disse Crysania, liberando con gentilezza le proprie braccia dalle mani di Caramon. «E la tua preoccupazione per me mi commuove davvero. Ma questa mia paura è una debolezza che devo combattere. Con l’aiuto di Paladine la vincerò, prima di entrare nel Portale insieme a tuo fratello.»
«Così sia, allora,» replicò Caramon con gravità, distogliendo lo sguardo.
Raistlin sorrise, un sorriso tenebroso, segreto, che non si rifletté nei suoi occhi, e neppure nella sua voce.
«E adesso, Caramon,» disse caustico, «se hai finito d’immischiarti in faccende che sei del tutto incapace di comprendere, farai meglio a prepararti per il tuo viaggio. È metà mattina, adesso. I mercati, per quello che sono in quest’epoca di desolazione, stanno giusto per aprirsi.» Affondando una mano in una tasca delle sue vesti nere, Raistlin tirò fuori diverse monete e le lanciò a suo fratello. «Questo dovrebbe essere sufficiente per i nostri bisogni.»
Caramon afferrò al volo le monete, con un movimento istintivo. Poi esitò, fissando suo fratello con la stessa espressione che Crysania gli aveva visto assumere nel Tempio a Istar, e ricordò di aver pensato: che terribile odio... che terribile amore!
Infine Caramon abbassò lo sguardo, ficcando il denaro nella cintura.
«Vieni qui da me, Caramon,» disse Raistlin con voce sommessa.
«Perché?» borbottò Caramon, d’un tratto sospettoso.
«Be’, c’è la faccenda di quel collare di ferro intorno al tuo collo. Vuoi camminare per le strade mostrando ancora quel marchio di schiavitù? E qui c’è l’amuleto.» Raistlin parlò con infinita pazienza, ma vedendo che Caramon esitava ancora, aggiunse: «Ti consiglierei di non lasciare questa stanza senza di esso. Comunque, la decisione è tua...»
Lanciando un’occhiata alle pallide facce che li stavano ancora osservando attentamente dalle ombre, Caramon si fermò davanti a suo fratello, con le braccia incrociate sul petto. «E adesso, cosa?» ringhiò.
«Inginocchiati davanti a me.»
Gli occhi di Caramon lampeggiarono di collera. Un’amara imprecazione gli ardeva sulle labbra ma, lanciando un’occhiata furtiva in direzione di Crysania, deglutì e si rimangiò le parole.
Il volto pallido di Raistlin appariva rattristato. Sospirò. «Sono esausto, Caramon. Non ho la forza di alzarmi. Per favore...»
Serrando le mascelle, Caramon si abbassò lentamente, piegando il ginocchio sul pavimento, così da trovarsi alla stessa altezza del suo fragile gemello abbigliato di nero.
Raistlin bisbigliò una parola. Il collare di ferro di spezzò in due e cadde giù dal collo di Caramon, rimbalzando con uno sferragliare metallico sul pavimento.
«Vieni più vicino,» disse Raistlin.
Deglutendo, sfregandosi il collo, Caramon fece come gli veniva detto, anche se fissò suo fratello con amarezza. «Faccio questo per Crysania,» disse con voce tesa. «Se si trattasse soltanto di te e di me, ti lascerei marcire in questo posto immondo!»
Tendendo le mani, Raistlin le appoggiò su entrambi i lati della testa dei suo gemello con un gesto che apparve tenero, quasi carezzevole. «Lo faresti, fratello mio?» chiese Raistlin a Caramon con voce così sommessa da essere poco più di un sussurro. «Mi lasceresti? Là, ad Istar, mi avresti davvero ucciso?»
Caramon si limitò a fissarlo, incapace di rispondere. Poi, Raistlin si chinò in avanti e baciò suo fratello sulla fronte. Caramon sussultò, come se fosse stato toccato da un ferro rovente.
Raistlin lasciò la stretta.
Caramon lo fissò angosciato. «Non lo so!» mormorò con voce rotta. «Che gli dei mi aiutino, non lo so!»
Con un singhiozzo straziante, si coprì la faccia con le mani. La sua testa affondò sulle ginocchia del fratello.
Raistlin accarezzò i suoi riccioluti capelli castani. «Suvvia, Caramon,» gli disse con voce gentile.
«Ti ho dato l’amuleto. Ora le creature della tenebra non possono farti del male, no, fintanto che io sono qui.».
Capitolo quinto.
Caramon si fermò sulla soglia dello studio scrutando il corridoio più oltre, un’oscurità che era viva di bisbigli e occhi. Accanto a lui c’era Raistlin, con una mano sul braccio del gemello e il Bastone di Magius nell’altra.
“Tutto andrà bene, fratello mio,” disse Raistlin con voce sommessa. “Fidati di me.”
Caramon sbirciò fugacemente il fratello con la coda dell’occhio. Cogliendo la sua espressione, Raistlin ebbe un sorriso sardonico.
“Ti farò accompagnare da uno di questi,” continuò il mago, facendo un gesto con la mano sottile.
“Preferirei di no!” borbottò Caramon, accigliandosi quando il paio di occhi incorporei che gli erano più vicini si avvicinò ancora di più.
“Assistilo,” ordinò Raistlin a quegli occhi. “È sotto la mia protezione. Mi vedi? Sai chi sono?”
Gli occhi abbassarono il loro sguardo, reverenti, poi si fissarono freddi e spettrali su Caramon. Il grosso guerriero rabbrividì e lanciò un’ultima occhiata a Raistlin, soltanto per vedere il volto di suo fratello farsi cupo e severo.
“I guardiani ti condurranno sano e salvo attraverso il Bosco.
“Però, potresti avere altre cose da temere, una volta che l’avrai lasciato, fratello mio. Questa città non è il posto bello e sereno che diventerà fra duecento anni. Adesso è affollata di profughi che vivono nelle fogne, per le strade, dovunque sia possibile. Ogni mattino i carri passano rumoreggiando sull’acciottolato per rimuovere i corpi di coloro che sono morti durante la notte. Là fuori ci sono ancora uomini pronti ad assassinarti per rubarti gli stivali. Compera una spada per prima cosa e tienila apertamente in pugno.”
“Mi preoccuperò io della città,” sbottò Caramon. Si girò di scatto e si allontanò lungo il corridoio, cercando senza molto successo d’ignorare i pallidi occhi ardenti che fluttuavano accanto alla sua spalla.
Raistlin osservò la scena fino a quando suo fratello e il guardiano non ebbero superato il bagliore della luce magica del Bastone, venendo inghiottiti dalla malsana oscurità. Aspettando fino a quando perfino l’eco dei passi di suo fratello si fu dissolto, Raistlin si voltò e rientrò nello studio.
Dama Crysania sedeva sulla sua poltrona cercando, senza troppo successo, di pettinarsi con le dita i capelli aggrovigliati. Arrivando accanto a lei senza farsi vedere, dopo aver attraversato il pavimento con passo felpato, Raistlin affondò la mano in una delle tasche delle sue vesti nere e ne estrasse una manciata di sottile sabbia bianca. Avvicinandosi alle sue spalle, il mago sollevò la mano e lasciò che la sabbia colasse giù sui capelli scuri della donna.
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