Margaret Weis - La sfida dei gemelli
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- Название:La sfida dei gemelli
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Ma Dama Crysania lo interruppe. Voltando le spalle a Caramon, allungò la mano e gli lisciò il ciuffo. «La maggior parte di noi cammina nella luce e nell’ombra, Tasslehoff,» disse, «ma ci sono pochissimi prescelti che percorrono questo mondo portando la propria luce per illuminare sia il giorno sia la notte.»
«Davvero? Devono affaticarsi terribilmente, trascinandosi appresso una luce del genere! Si tratta di una torcia? Non può essere una candela. La cera gli si fonderebbe addosso, sgocciolandogli dentro le scarpe e... senti... pensi che potrò incontrare qualcuno del genere?» chiese Tas, con vivo interesse.
«Tu sei qualcuno del genere,» rispose Dama Crysania. «E non credo che dovrai mai preoccuparti che la cera ti coli nelle scarpe. Addio, Tasslehoff Burrfoot. Non c’è bisogno che chieda la benedizione di Paladine su di te, perché so che sei uno dei suoi più intimi amici...»
«Be’» chiese Caramon d’un tratto, mentre lui e Tas si facevano strada tra la folla, «hai deciso quello che farai adesso? Hai la cittadella volante, Lord Amothus te l’ha concessa. Puoi andare dovunque su Krynn. Forse perfino su una delle lune, se lo vorrai.»
«Oh, quella.» Tas, ancora un po’ sconvolto dopo il suo colloquio con Crysania, parve avere qualche difficoltà a ricordare ciò di cui Caramon stava parlando. «Non ho più la cittadella. Non appena mi sono messo a esplorarla, ho scoperto che è spaventosamente grande e noiosa. E che non poteva arrivare fino alla luna. Ci ho provato. Sai,» aggiunse guardando Caramon con occhi spalancati, «che se sali abbastanza in alto, il naso comincia a sanguinarti? E inoltre fa un freddo tremendo, e tutto diventa molto scomodo. Inoltre, sembra che le due lune siano molto più lontane di quanto avessi immaginato. Ora, se avessi il congegno magico...» lanciò un’occhiata di traverso a Caramon.
«No,» ribatté Caramon, con severità. «Assolutamente no. Quello tornerà a Par-Salian.»
«Potrei portarglielo io,» si offrì Tas, servizievole. «Mi darebbe la possibilità di spiegargli come Gnimsh era riuscito a ripararlo, e come io ho scombussolato l’incantesimo e... No?». Tirò un sospiro. «Immagino di no. Be’, comunque ho deciso di rimanere insieme a te e a Tanis... se mi volete, s’intende.» Fissò Caramon con un po’ d’ansia.
Caramon rispose allungando le mani e stringendo il kender in un abbraccio che schiacciò parecchi oggetti interessanti d’incerto valore che aveva nelle borse.
«A proposito,» aggiunse Caramon dopo un ripensamento, «cosa ne hai fatto della cittadella volante?»
«Oh,» Tas agitò le mani con noncuranza, «l’ho data a Rounce.»
«Il nano dei fossi!» Caramon si fermò, sgomento.
«Non può farla volare, non da solo!» gli garantì Tas. «Anche se,» aggiunse dopo un attimo di profonda riflessione, «suppongo che potrebbe riuscirci, se riuscisse a farsi aiutare da qualche altro nano dei fossi. Non ci avevo pensato...»
Caramon gemette. «Dov’è?»
«L’ho fatta adagiare al suolo per lui in un bel posto. Un posto molto bello. Il quartiere più ricco di una città che abbiamo sorvolato. A Rounce piaceva, la cittadella, non la città. Be’, a pensarci bene, credo che gli sia piaciuta anche la città. Comunque, mi è stato di grande aiuto e tutto il resto, così gli ho chiesto se voleva la cittadella, e lui ha detto di sì, e così ho messo giù quell’affare in quel posto libero...
«Ha causato una notevole sensazione,» aggiunse Tas tutto felice. «Un uomo è uscito di corsa da quel grande castello in cima a una collina, proprio accanto a dove avevo fatto scendere la cittadella, e ha cominciato a urlare che quel terreno era proprietà sua e che diritto avevamo di farci cadere sopra un altro castello, dando il via a una bellissima lite. Gli ho fatto notare che il suo castello non copriva certo tutta la proprietà, e sono sicuro di avergli citato parecchi vantaggi che gli sarebbero venuti da questa condivisione di proprietà... se soltanto fosse stato ad ascoltarmi. Poi Rounce ha cominciato a dire che avrebbe condotto là tutto il clan dei Burp o qualcosa del genere, e che sarebbero andati a vivere nella cittadella, e all’uomo è venuto un attacco di qualche tipo e l’hanno portato via e ben presto l’intera città era lì intorno. Per un po’ è stato proprio eccitante, ma poi la cosa è diventata noiosa. Sono lieto che Fireflash avesse deciso di accompagnarci. Mi ha riportato indietro.»
«Non mi avevi raccontato niente di tutto questo!» esclamò Caramon fissando il kender e facendo del suo meglio per apparire truce.
«Cre... credo che mi sia uscito di mente,» borbottò Tas. «Durante queste giornate ho avuto un sacco di cose a cui pensare, sai.»
«Lo so, Tas,» convenne Caramon. «Mi sono preoccupato per te. Ieri ti ho visto parlare a qualche altro kender. Potresti tornare a casa, sai. Una volta mi confidasti che avevi pensato di ritornare a Kendermore.»
Il volto di Tas assunse un’espressione insolitamente seria. Facendo scivolare la mano in quella di Caramon si avvicinò, sollevando lo sguardo su di lui... uno sguardo estremamente grave. «No, Caramon,» disse con voce sommessa. «Non è la stessa cosa. Sem... sembra che io non riesca più a parlare con gli altri kender.» Scosse la testa, il suo ciuffo frusciò avanti e indietro. «Ho cercato di dire loro di Fizban e del suo cappello, di Flint e del suo albero, e... e di Raistlin e del povero Gnimsh.» Tas deglutì e, tirato fuori un fazzoletto, si asciugò gli occhi. «Non sembrano capire.
Semplicemente non... be’... non gl’importa un bel niente! è difficile prendere a cuore qualcosa, non... non è vero, Caramon? Qualche volta fa male.»
«Sì, Tas,» replicò Caramon con calma. Erano entrati in un boschetto ombreggiato. Tanis li stava aspettando sotto un pioppo tremolo alto e grazioso, le cui piccole foglie primaverili luccicavano dorate al bagliore del . sole mattutino. «Fa male la maggior parte delle volte, ma il dolore è sempre meglio che esser vuoti dentro.»
Tanis si avvicinò e mise un braccio intorno alle ampie spalle di Caramon, l’altro braccio intorno a quelle di Tas. «Pronti?» chiese.
«Pronti,» rispose Caramon.
«Bene. I cavalli sono da questa parte. Ho pensato di cavalcare. Avremmo potuto prendere la carrozza ma, a essere onesti, mi sono sempre sentito imprigionato in quel dannato affare. E anche Laurana, anche se non lo ammetterà mai. La campagna è bellissima in questo periodo dell’anno.
Prenderemo tutto il nostro tempo e ce la godremo.»
«Tu vivi a Solanthas, non è vero, Tanis?» disse Tas, mentre salivano in sella ai cavalli e si avviavano lungo la strada annerita e in rovina. La gente che aveva lasciato il funerale e adesso tornava a raccogliere i frammenti superstiti della propria vita, udì la voce allegra del kender echeggiare pei le strade ancora molto tempo dopo che se n’era andato.
«Sono stato a Solanthas, una volta. Hanno una prigione incredibilmente bella. Una delle più belle in cui sia stato. Mi ci mandarono per errore, naturalmente. Un equivoco a proposito d’una teiera d’argento che era ruzzolata giù finendo, per puro caso, in una delle mie borse...»
Dalamar salì la ripida scala a chiocciola che conduceva su nel laboratorio in cima alla Torre della Grande Stregoneria. Saliva i gradini, invece di spostarsi magicamente, poiché quella notte aveva un lungo viaggio davanti a sé. Anche se i chierici di Elistan gli avevano curato le ferite, era ancora debole e non voleva sprecare le proprie forze. Più tardi, quando la luna nera fosse stata nel cielo, avrebbe viaggiato traverso l’etere fino alla Torre della Grande Stregoneria di Wayreth per partecipare a un Conclave degli Stregoni, uno dei più importanti mai tenutisi in quell’era. Par-Salian stava per lasciare il posto di Capo del Conclave. Si doveva scegliere il suo successore.
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