Robert Jordan - Il signore del caos
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D’improvviso gli venne in mente che ormai avrebbero già dovuto aprire la cassa. Intendevano lasciarlo rinchiuso per tutta la notte, poi ci sarebbe stato il sole del mattino, e... I suoi muscoli troppo doloranti e lividi per muoversi si sollevarono per il panico. «Fatemi uscire!» gridò rauco. Agitò futilmente le dita dietro la schiena. «Lasciatemi uscire!» gridò. Gli sembrò di sentire la risata di una donna.
Rand pianse per un certo periodo, ma le lacrime si asciugavano in una furia pari al fuoco di una fornace. Aiutami, gridò a Lews Therin.
Aiutami, gemette l’uomo. Che la Luce mi aiuti.
Imprecando sottovoce, Rand riprese a ispezionare quel muro liscio fino ai sei punti. Prima o poi lo avrebbero lasciato uscire. Prima o poi avrebbero abbassato la guardia e quando lo avessero fatto... Rand non si rese conto di aver cominciato a ridere.
Risalendo con cautela il pendio, disteso sullo stomaco, Perrin si affacciò per osservare da sopra la cresta uno scenario uscito dai sogni del Tenebroso. I lupi gli avevano fornito per sommi capi un’idea di cosa lo aspettasse, ma tutto impallidiva davanti alla realtà. A forse un chilometro da dove si trovava lui, sotto il sole cocènte, una massa formicolante di Shaido circondava completamente quello che sembrava un cerchio di carri e uomini raggruppati in un boschetto non lontano dalla strada. Alcuni dei carri erano dei falò e le fiamme guizzavano. Sfere di fuoco, qualcuna grande come un pugno, altre come massi, ricadevano sugli Aiel, e le fiamme dardeggiavano trasformando dozzine di loro in torce umane; i lampi piovevano da un cielo terso, facendo volare terra e figure vestite di cadin’sor. I lampi di luce argentata però colpivano anche i carri, e il fuoco partiva anche dagli Aiel. La maggior parte di quei fuochi esplodeva o moriva prima di colpire il bersaglio, molti dei fulmini si spezzavano di colpo, ma anche se la battaglia sembrava leggermente a favore delle Aes Sedai, il semplice numero degli Shaido le avrebbe prima o poi sopraffatte.
«Devono esserci due o trecento donne che incanalano in quel posto, se non di più» disse Kiruna distesa accanto a lui; sembrava impressionata. Sorilea, oltre la Sorella Verde, sicuramente lo era. Le Sapienti emanavano odore di preoccupazione, non spavento ma ansia. «Non ho mai visto tanti flussi tutti in una volta» proseguì l’Aes Sedai. «Credo che ci siamo almeno trenta Sorelle in quell’accampamento. Ci hai portate in un calderone bollente, giovane Aybara.»
«Quarantamila Shaido» mormorò Rhuarc torvo dall’altro lato di Perrin. Emanava anche un odore sinistro. «Almeno quarantamila, e ben poca soddisfazione nello scoprire perché non hanno inviato altri uomini a sud.»
«Il lord Drago si trova laggiù?» chiese Dobraine da dietro Rhuarc. Perrin annuì. «E tuoi vuoi andare là e liberarlo?» Perrin annuì ancora e Dobraine sospirò. Odorava di rassegnazione, non paura. «Be’, andremo, lord Aybara, ma non penso che ne usciremo vivi.» Stavolta fu Rhuarc ad annuire.
Kiruna guardò gli uomini. «Vi rendete conto che non siamo abbastanza, vero? Nove. Anche se in effetti le vostre Sapienti possono incanalare, non siamo comunque in numero sufficiente per eguagliare ciò che vedete.» Sorilea sbuffò forte, ma Kiruna mantenne gli occhi sulla scena davanti a sé.
«Allora giratevi e dirigetevi a sud» rispose Perrin. «Non permetterò a Elaida di prendere Rand.»
«Bene» fu la replica di Kiruna, sorridente. «Perché non lo permetterò nemmeno io.» Gli sarebbe piaciuto che il sorriso della donna non lo facesse rabbrividire; certo, se avesse visto lo sguardo malevolo che Sorilea le aveva rivolto dietro la nuca, anche la pelle di Kiruna si sarebbe accapponata.
Perrin fece un segnale a quelli in fondo alla cresta e Sorilea con la Sorella Verde scivolarono verso il fondo fino a quando poterono alzarsi di nuovo, quindi si incamminarono in direzioni opposte.
Non avevano escogitato un gran piano. Dovevano raggiungere Rand in un modo o nell’altro, liberarlo non si sa come, sperare che non fosse ferito malamente in modo da poter creare un passaggio per tutti quelli che potevano fuggire con lui prima che gli Shaido o le Aes Sedai dell’accampamento riuscissero a ucciderli. Problemi minori, senza dubbio, per l’eroe delle storie di un menestrello, ma Perrin avrebbe voluto avere il tempo di escogitare qualcosa di sensato, non solo ciò che lui, Dobraine e Rhuarc avevano elaborato, con il capoclan che correva fra i loro cavalli. Il tempo era una delle molte cose che non avevano a disposizione. Non c’era modo di sapere se le Aes Sedai della Torre sarebbero riuscite a trattenere gli Shaido per un’altra ora.
Per primi si sarebbero mossi gli uomini dei Fiumi Gemelli e le Guardie Alate di Mayene, divisi in due compagnie, una che circondava le Sapienti e l’altra le Aes Sedai a cavallo con i Custodi. Oltrepassarono la cresta a destra e sinistra. Dannil aveva lasciato di nuovo che garrisse la bandiera con l’aquila, oltre quella con la testa di lupo rossa. Rhuarc nemmeno guardò in direzione di Amys, non lontana dal castrone scuro di Kiruna, ma Perrin lo sentì mormorare: «Fai che possiamo ancora vedere l’alba insieme, ombra del mio cuore.»
Alla fine gli uomini di Mayene e quelli dei Fiumi Gemelli avrebbero dovuto coprire la ritirata delle Sapienti e delle Aes Sedai, o forse sarebbe stato l’inverso. In ogni caso Bera e Kiruna non sembravano gradire il piano; volevano trovarsi insieme a Rand.
«Sei sicuro di non voler cavalcare, lord Aybara?» chiese Dobraine in groppa al cavallo. Per lui l’idea di combattere a piedi era una specie di eresia.
Perrin toccò l’ascia che aveva al fianco. «Questa non è molto utile per i combattimenti a cavallo.» Per la verità lo era, ma non voleva portare Stepper o Resistenza in mezzo a ciò che aveva davanti agli occhi. Gli uomini avevano il diritto di scegliere di tuffarsi nel mezzo della morte e di tutto quell’acciaio. Lui aveva deciso di salvare i cavalli. «Forse potrai tirarmi su con te quando giungerà il momento.» Dobraine batté le palpebre — i Cairhienesi non facevano grande uso dei soldati a piedi — ma sembrò capire e annuì.
«È giunto il momento per i suonatori di dare il via alle danze» disse Rhuarc, sollevando il velo nero, anche se quel giorno nessuna cornamusa avrebbe suonato, cosa che alcuni Aiel non gradivano. A molte delle Fanciulle non piacque doversi legare una fascia rossa attorno al braccio, per distinguersi dalle Shaido agli occhi degli abitanti delle terre bagnate: sembravano convinte che tutti dovessero essere capaci di farlo a vista.
Le Fanciulle velate di nero e i siswai’aman iniziarono a risalire il pendio in una colonna consistente e Perrin camminò con Dobraine verso il punto in cui si trovava Loial, in testa ai Cairhienesi, con l’ascia fra le mani e le orecchie all’indietro. Aram era con loro, a piedi e con la spada snudata; l’ex Calderaio sorrideva torvo. Dobraine fece cenno agli altri di avanzare dietro le bandiere di Rand e le selle scricchiolarono, mentre la piccola foresta di cinquecento lance risaliva seguendo gli Aiel.
Nella battaglia non era cambiato nulla, cosa che sorprese Perrin fino a quando non si accorse che erano trascorsi solo pochi momenti dall’ultima volta che aveva guardato. Il tempo gli sembrava dilatarsi. La grande massa di Shaido si faceva ancora avanti, i carri ancora bruciavano, forse più di prima, i lampi ancora piovevano dal cielo e il fuoco ancora guizzava in sfere e ondate.
Gli uomini dei Fiumi Gemelli avevano pressoché raggiunto la loro posizione, con gli uomini di Mayene, le Aes Sedai e le Sapienti che procedevano quasi correndo lungo la pianura. Perrin avrebbe voluto trattenerli più indietro per offrire loro una migliore possibilità di fuga quando fosse giunto il momento, ma Dannil continuava a insistere che dovevano avvicinarsi di almeno altri trecento passi per essere efficaci con gli archi. Nurelle era altrettanto ansioso e non voleva rimanere indietro. Anche le Aes Sedai volevano essere vicine, benché Perrin fosse sicuro che avrebbero dovuto arrivare solo dove sarebbe bastato per vedere bene, ma avevano insistito. Nessuno degli Shaido si era ancora voltato per guardarsi intorno, o almeno non vedeva nessuno che indicasse nella direzione di quella minaccia che si muoveva con lentezza alle loro spalle; nessuno si era voltato per affrontarli. Tutti sembravano concentrati nello scagliarsi contro i carri, ritirandosi prima che i fulmini e il fuoco li colpissero per poi attaccare di nuovo. Tutto ciò che avrebbero dovuto fare era guardarsi indietro una sola volta, ma quell’inferno li tratteneva.
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