Robert Jordan - Il signore del caos

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Veloce, quasi in preda al panico, attaccò i rimanenti nodi uno a uno. Il secondo scomparve, lo schermo si assottigliò. Adesso era più veloce, come se avesse imparato bene cosa fare, anche se ogni volta era diverso. Il terzo nodo scomparve e lui incontrò un terzo punto morbido. Forse le Aes Sedai non sapevano cosa stesse facendo Rand, ma non se ne sarebbero rimaste inermi mentre lo schermo s’indeboliva. In preda al panico più totale, Rand si scagliò contro il quarto nodo. Doveva scioglierlo prima che la quarta Sorella ripristinasse lo schermo; quattro avrebbero potuto essere in grado di contrastare ogni suo tentativo. Quasi piangendo si affannò fra il groviglio di corde, scivolando fra una serie di nulla. Piegò frenetico, facendo esplodere il nodo. Lo schermo era rimasto in piedi, ma adesso era mantenuto solo da tre donne. Se solo avesse potuto muoversi abbastanza in fretta...

Quando si protese verso saidin, la barriera invisibile lo bloccò, ma adesso non somigliava più a un muro di mattoni. Cedeva sotto la sua pressione, piegandosi, piegandosi, piegandosi. Improvvisamente si squarciò davanti a lui, come un pezzo di stoffa marcia. Il Potere lo colmò e, mentre se ne riempiva, afferrò quei tre punti morbidi schiacciandoli senza pietà in morse di Spirito. Malgrado ciò, poteva solo incanalare dove vedeva, e tutto ciò che poteva vedere, a stento, era l’interno della cassa, per quanto gli era possibile con la testa infilata fra le ginocchia. Prima ancora che avesse finito con le morse di Spirito, incanalò Aria. La cassa esplose con un forte boato.

Libero , sospirò Lews Therin, e fu l’eco del pensiero di Rand. Libero. O forse era il contrario.

La pagheranno, gridò Lews Therin. Io sono il signore del mattino.

Rand sapeva che adesso doveva agire anche più in fretta, rapidamente e con violenza, ma aveva grandi problemi a muoversi. I muscoli, dopo essere stato picchiato due volte al giorno per non sapeva più quanto tempo e infilato in quella cassa tutti i giorni, gli facevano male. Rand serrò i denti per cercare di mettersi carponi. Era un dolore distante, quello di qualcun altro, ma per quanto saidin lo facesse sentire forte, non riusciva a far muovere in fretta quel corpo. Il vuoto ammorbidiva le emozioni, ma qualcosa di simile al panico cercava di aprirsi un varco.

Rand si trovava in una radura circondata da alberi, il sole penetrava fra i rami quasi spogli; fu sorpreso di accorgersi che era ancora giorno, forse mezzogiorno. Doveva muoversi, sarebbero arrivate altre Aes Sedai. Due giacevano al suolo vicino a lui, apparentemente svenute, una aveva una brutta ferita sulla fronte. La terza, una donna spigolosa, era in ginocchio e fissava nel nulla, stringendosi la testa fra le mani e gridando. Non sembrava risentire di tutte le schegge e i pezzi di legno esplosi dalla cassa. Non riconobbe nessuna di loro. Ebbe un attimo di rimpianto nel constatare che non c’erano Galina o Erian fra le tre che aveva quietato — non era sicuro che quella fosse stata la sua intenzione; Lews Therin aveva spiegato a lungo come intendesse farlo a tutte quelle che lo avevano imprigionato, ma Rand sperava che fosse una sua idea, anche se frettolosa — e vide un’altra figura distesa in terra vicino alla cassa. Con la giubba e le brache rosa.

La donna spigolosa non lo guardò e non smise di gridare, anche quando la colpì mentre la oltrepassava facendola cadere contro il pozzo di pietra. Si chiese come mai nessuna fosse sopraggiunta al suono delle grida. A metà strada da Min si accorse dei lampi che schizzavano in cielo e delle sfere di fuoco che esplodevano. Sentiva l’odore di legna bruciata, le grida degli uomini, il clangore del metallo e il frastuono della battaglia. Non gli importava se fosse Tarmon Gai’don. Se aveva ucciso Min... la voltò gentilmente.

I grandi occhi scuri di lei lo fissarono. «Rand» sussurrò. «Sei vivo. Avevo paura di guardare. Ho sentito un boato pazzesco e i pezzi di legno sono volati ovunque, ho riconosciuto parte della cassa e...» Le lacrime iniziarono a scivolarle sulle guance. «Pensavo che ti avessero... avevo paura che tu fossi...» Strofinandosi il viso con entrambe le mani, Min sospirò. Aveva le caviglie legate. «Mi liberi per favore, pastore, prima di creare uno dei tuoi passaggi lontano da qui? Oppure non perdere tempo a slegarmi, mettimi sulle tue spalle e andiamo via.»

Rand incanalò Fuoco, rompendo le corde che la tenevano legata. «Non è così semplice, Min.» Rand non conosceva affatto quel posto. Un passaggio aperto da lì avrebbe potuto finire ovunque, se mai fosse riuscito a crearlo. Dolore e debolezza erano in agguato ai margini del vuoto. Non era certo di quanto Potere potesse attingere e a un tratto si accorse di percepire che saidin veniva incanalato da tutte le parti. Attraverso gli alberi, oltre i carri in fiamme, vide gli Aiel che combattevano contro i Custodi e i soldati con la giubba verde di Gawyn che arretravano davanti al fuoco e ai lampi delle Aes Sedai, per poi farsi di nuovo avanti. Taim era riuscito a trovarlo, non sapeva bene come, e aveva portato gli Asha’man e gli Aiel. «Non posso andare via. Credo che degli amici siano venuti a liberarmi. Non preoccuparti; ti proteggerò.»

Un fulmine frastagliato spaccò un albero ai margini del bosco, abbastanza vicino da far rizzare i peli dietro la nuca di Rand. Min sussultò. «Amici» mormorò, strofinandosi i polsi.

Rand le fece cenno di rimanere dov’era — a parte quel fulmine vagante il boschetto sembrava sicuro — ma quando si alzò in piedi lei fu al suo fianco, sostenendolo da un lato. Rand barcollò verso la fila di alberi e fu grato del suo supporto, ma si costrinse a tirarsi su e abbandonare la presa sulla donna. Come avrebbe potuto credere che l’avrebbe protetta se aveva bisogno di lei per non cadere faccia avanti? Appoggiò una mano sul tronco escoriato dell’albero colpito dal fulmine per aiutarsi. Dal legno salivano ancora pennacchi di fumo, ma non aveva preso fuoco.

I carri formavano un cerchio intorno agli alberi. Alcuni dei servitori sembrava stessero provando a tenere i cavalli — i tiri erano ancora al giogo — ma la maggior parte era rannicchiata dietro ripari di fortuna e sperava di evitare la furia che si stava scatenando. Per la verità, a parte quel fulmine solitario, tutto sembrava mirato ai carri e agli uomini che combattevano. Forse anche contro le Aes Sedai. Ognuna manteneva il proprio cavallo leggermente lontano dalla pioggia di lance, spade e fiamme, ma non troppo, e alcune stavano in piedi sulle staffe per vedere meglio.

Rand individuò Erian quasi subito, snella e con i capelli scuri su una giumenta grigio chiaro. Lews Therin ringhiò e Rand colpì quasi senza pensare. Sentì la delusione dell’altro uomo mentre lo faceva. Spirito per schermarla, con la piccola resistenza che confermava il taglio della sua connessione a saidar e, mentre ancora stava legando lo scudo, una bastonata con Aria per farla svenire e cadere di sella. Se avesse deciso di quietarla, voleva che la donna vedesse chi stava operando e perché. Una delle Aes Sedai gridò perché qualcuna si prendesse cura di Erian, ma nessuna di loro guardò verso gli alberi. Nessuna poteva percepire saidin, pensavano che fosse stata colpita da qualcosa proveniente da fuori la cerchia dei carri.

Rand cercò fra le donne a cavallo, si fermò su Katerine che faceva andare il suo bel castrone dalle zampe lunghe avanti e indietro, con il fuoco che dardeggiava fra gli Aiel ovunque lui guardasse. Spirito e Aria, e anche lei cadde esanime, con un piede incastrato nella staffa.

Sì, rise Lews Therin. E adesso Galina. Lei la voglio più di tutte le altre.

Rand socchiuse gli occhi. Che cosa stava facendo? Era Lews Therin che voleva quelle tre, tanto da non riuscire a pensare a nient’altro. Rand voleva fargliela pagare per quanto gli avevano fatto, ma adesso c’era una battaglia in corso, uomini che morivano mentre lui andava a caccia di una particolare Aes Sedai. Senza dubbio anche le Fanciulle stavano morendo.

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