Robert Jordan - Il signore del caos

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Perrin suppose che da quel momento in poi sarebbe stata Sulin la portavoce, ma non fu così. Era sempre presente, ma era Nandera, coperta di lividi, che rispondeva alle domande di Rhuarc e prendeva i suoi ordini mentre Sulin, anche lei coperta di lividi, rimaneva in silenzio e, quando Nandera chiedeva a Sulin di fare qualcosa, lei eseguiva senza esitazione. Perrin poteva solo grattarsi il capo e chiedersi se avesse davvero visto il combattimento finire in quel modo.

Le Sapienti camminavano sempre lungo la strada a gruppi di dimensioni variabili che sembravano scambiarsi di continuo i componenti. Alla fine del primo giorno Perrin si accorse che tutti i cambiamenti si concentravano attorno a due donne, Sorilea e Amys. Alla fine del secondo era sicuro che le due sostenessero due punti di vista molto diversi. C’erano troppe occhiatacce e volti torvi. Amys cominciò a cambiare meno spesso idea e arrossiva di meno. A volte Rhuarc odorava di leggera ansia quando guardava sua moglie, ma era il solo segno che percepisse qualcosa. Il terzo giorno Perrin si sarebbe aspettato di vedere la lotta di Sulin e Nandera ripetersi fra le Sapienti.

Le due donne al contrario presero delle borracce d’acqua, si diressero in disparte e si sedettero a terra rimuovendo le fasce dai capelli. Le guardò nella notte illuminata dalla luna, tenendosi abbastanza lontano per non sentire nemmeno per sbaglio cosa dicessero, fino a quando non se ne andò a letto, ma tutto ciò che fecero fu bere e parlare. La mattina seguente, il resto delle Sapienti ancora si muoveva di gruppo in gruppo, ma prima che la lunga colonna avesse coperto tre chilometri, Perrin si accorse che adesso si concentravano tutte su Sorilea. Di tanto in tanto lei e Amys si appartavano e parlavano, ma le occhiatacce erano svanite. Se fossero state delle lupe, Perrin avrebbe detto che la sfida al capo branco era stata fallimentare ma, secondo" gli odori, Sorilea accettava Amys quasi come sua pari, cosa che non andava d’accordo con la gerarchia dei lupi.

Il settimo giorno dopo aver lasciato Cairhien, mentre cavalcavano sotto il sole rovente, Perrin si preoccupava ancora di quale altro tipo di sorpresa avrebbe ricevuto dagli Aiel, e si chiedeva se gli Aiel e i Cairhienesi sarebbe stati alla larga uno dall’altro almeno per un altro giorno e cosa avrebbe fatto una volta raggiunto le Aes Sedai fra tre giorni.

Tutti i pensieri svanirono quando arrivò un messaggio di Mezza Coda. C’era un grande gruppo di uomini — e forse donne; i lupi a volte avevano problemi a distinguere i maschi umani dalle femmine — a pochi chilometri a ovest, e cavalcavano sodo nella stessa direzione di Perrin. Fu l’immagine delle due bandiere che si portavano appresso a risollevare Perrin.

Fu presto avvicinato da Dobraine e Nurelle, Rhuarc e Urien, Nandera e Sulin, Sorilea e Amys. «Proseguite» disse loro facendo voltare Resistenza verso ovest. «Forse alcuni amici si aggiungeranno a noi, ma non voglio perdere tempo.»

Mantennero il passo mentre si allontanavano, ma non lasciarono che se ne andasse da solo. Prima che avesse coperto un quarto di chilometro fu raggiunto da una dozzina di uomini delle Guardie Alate e da altrettanti Cairhienesi, almeno venti Fanciulle guidate da Sulin e un numero eguale di siswai’aman dietro un uomo dai capelli grigi e gli occhi verdi, con il volto che sembrava essere stato usato per spaccare le pietre. Perrin era sorpreso di non vedere nemmeno una Sapiente.

«Amici» mormorò Sulin, avvicinandosi alla staffa. «Amici che appaiono d’improvviso, senza preavviso, e tu scopri a un tratto che ci sono.» Guardandolo, alzò la voce. «Non mi piacerebbe vederti inciampare su un cuscino e cadere di nuovo faccia avanti.»

Perrin scosse il capo, chiedendosi quali altre armi le avesse fornito durante quella sua mascherata da domestica. Gli Aiel erano strani.

A giudicare dalla posizione del sole sapeva di aver cavalcato circa un’ora, guidato dai lupi, con la stessa certezza di una freccia che punta un bersaglio e, quando oltrepassò una bassa collina, non fu sorpreso da ciò che vide forse due chilometri davanti a sé, uomini a cavallo in fila per due, uomini dei Fiumi Gemelli con la sua bandiera, la testa rossa di lupo, che procedevano come un vento lieve. Ciò che lo sorprese fu la presenza effettiva di donne — ne aveva contate nove — e un numero di uomini che era certo non fossero dei Fiumi Gemelli. La cosa che lo fece innervosire fu la seconda bandiera. L’Aquila Rossa del Manetheren. Non riusciva più a ricordare quante volte avesse detto loro di non portare quei vessilli fuori dai Fiumi Gemelli. Una delle poche cose che non era stato in grado di impedire quando era a casa era l’uso di quella bandiera. Eppure i messaggi imperfetti dei lupi sulle bandiere lo avevano preparato. I nuovi arrivati videro lui e i suoi compagni quasi subito. Nella banda c’erano elementi con la vista acuta. Gli uomini si prepararono, alcuni di loro misero in posizione i mitici archi lunghi dei Fiumi Gemelli, che avrebbero potuto uccidere un uomo a trecento passi di distanza e anche più.

«Che nessuno si metta davanti a me» disse Perrin. «Non scaglieranno alcuna freccia quando mi riconosceranno.»

«A quanto pare gli occhi gialli vedono lontano» disse Sulin atona. Alcuni degli altri lo guardavano incuriositi.

«Limitatevi a rimanere dietro di me» sospirò Perrin.

Mentre si avvicinava alla testa di quello strano gruppo, gli archi che erano stati sollevati furono abbassati e le frecce non incoccate. Vide compiaciuto che avevano Stepper con loro, e la cosa gli fece meno piacere, Rondine. Faile non lo avrebbe mai perdonato se fosse accaduto qualcosa alla sua giumenta nera. Sarebbe stato bello ritornare in groppa al suo cavallo, ma forse avrebbe tenuto anche Resistenza. Un lord poteva avere due cavalli. Anche un lord al quale potevano essere rimasti solo quattro giorni di vita.

Dannil cavalcava in testa alla colonna degli uomini dei Fiumi Gemelli insieme ad Aram, carezzandosi i baffi folti, e le donne cavalcavano con loro. Perrin notò i volti privi dei segni dell’età ancor prima di riconoscere Verin e Alanna, entrambe in fondo alla fila di donne. Non conosceva nessuna delle altre, ma era certo di cosa fossero, anche se non sapeva come avessero fatto ad arrivare fin lì. Nove. Nove Aes Sedai avrebbero potuto essere utili fra tre o quattro giorni, ma quanto poteva fidarsi di loro? Erano nove e Rand aveva detto loro che potevano seguirlo solo in sei. Si chiese quale fosse Merana, la donna al comando.

Un’Aes Sedai con il volto squadrato che somigliava a una contadina parlò prima che riuscisse a farlo Dannil. Montava una robusta giumenta marrone. «Bene, così tu sei Perrin Aybara. O dovrei dire lord Perrin. Abbiamo sentito molto parlare di te.»

«È una sorpresa incontrarti qui» aggiunse una donna bella e arrogante. «Con una simile compagnia.» Cavalcava un castrone scuro con gli occhi fieri; Perrin avrebbe scommesso che l’animale era addestrato per la guerra. «Eravamo sicure che fossi ben avanti a noi.» Ignorandole, Perrin guardò Dannil. «Non che sia dispiaciuto, ma come avete fatto a trovarmi?»

L’uomo lanciò un’occhiata alle Aes Sedai e si carezzò i baffi frenetico. «Ci siamo messi in marcia come avevi detto tu, lord Perrin, il più veloce possibile. Intendo dire che abbiamo lasciato indietro carri e tutto, visto che sembrava esserci qualche motivo urgente per spingerti ad andare via tanto in fretta. Poi Kiruna Sedai e Bera Sedai con le altre ci hanno raggiunti e hanno detto che Alanna era in grado di trovare Rand — voglio dire, il lord Drago — e visto che eri con lui, ho pensato che ovunque lui fosse sicuramente ci saresti stato anche tu e non c’era modo di sapere che avevi lasciato Cairhien e...» sospirò profondamente «...in ogni caso sembra che avessero ragione, non ti pare, lord Perrin?»

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