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Robert Jordan: La corona di spade

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Robert Jordan La corona di spade

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Il vento soffiò più forte per un momento, spirando verso sud. Avrebbe coperto il rumore dei cavalli e dei carri degli abitanti delle terre bagnate.

Sevanna si sistemò di nuovo lo scialle, quindi represse una smorfia. Non doveva apparire nervosa. Un’occhiata verso destra stroncò la sua preoccupazione sul nascere. In quel punto erano raccolte più di duecento Sapienti Shaido, e di solito almeno alcune l’avrebbero guardata con l’avidità di un avvoltoio, ma i loro occhi erano tutti puntati sulla collina. Più di una si aggiustava lo scialle a disagio o lisciava la gonna ingombrante. Sevanna abbozzò un sorriso. Alcuni di quei volti erano imperlati di sudore. Sudore! Dov’era andato a finire l’onore se mostravano nervosismo a ogni sguardo?

Si irrigidirono tutti leggermente quando un giovane Sovin Nai apparve sopra le loro teste, abbassando il velo mentre discendeva la collina. Andò dritto da lei, com’era giusto, ma la irritò parlando a voce abbastanza alta da farsi sentire da tutti. «Uno dei loro esploratori è fuggito. Era ferito, ma è rimasto a cavallo.»

I capi delle società incominciarono a muoversi prima ancora che il messaggero avesse finito di parlare. Non poteva permetterlo. Avrebbero avuto il comando nei combattimenti — in tutta la sua vita Sevanna aveva solo tenuto in mano una lancia e niente più — ma non avrebbe permesso a quegli uomini di dimenticare, anche solo per un momento, chi fosse lei e quale fosse la sua posizione. «Mandategli contro tutte le lance, fino all’ultima,» ordinò Sevanna ad alta voce «prima che abbiano tempo di prepararsi.» Si voltarono tutti insieme verso di lei.

«Tutte le lance?» domandò incredulo Bendhuin. «Intendi dire a parte le difese...»

Maeric, torvo, parlò subito a ridosso di Bendhuin: «Se non teniamo con noi alcuna riserva potremmo essere...»

Sevanna li interruppe entrambi. «Tutte le lance! Stiamo danzando contro le Aes Sedai. Dobbiamo sopraffarle immediatamente!» Efalin e molti altri si costrinsero a rimanere inespressivi, ma Bendhuin e Maeric aggrottarono le sopracciglia, pronti a discutere. Sciocchi. Dovevano affrontare alcune dozzine di Aes Sedai, qualche centinaio di soldati delle terre bagnate, eppure con più di quarantamila algai’d’siswai che avevano insistito nel portarsi appresso ancora volevano le difese, gli esploratori e le lance di riserva, come se avessero dovuto affrontare altri Aiel o un’armata delle terre bagnate. «Parlo come capoclan degli Shaido.» Non era necessario ribadirlo, ma di sicuro non faceva male. «Sono solo una manciata.» Adesso Sevanna pronunciava ogni parola con disprezzo. «Possono essere sopraffati se le lance si muovono velocemente. Stamattina all’alba eravate pronti a vendicare Desaine. Sento forse odor di paura adesso? Paura di alcuni abitanti delle terre bagnate? L’onore ha forse abbandonato gli Shaido?»

Queste parole trasformarono i loro volti in pietra, proprio come voleva lei. Persino Efalin aveva gli occhi che brillavano come gemme grigie lucidate mentre si velava il viso. Le dita della donna scattarono nel linguaggio a gesti delle Far Dareis Mai, e quando i capisocietà corsero su per il pendio, le Fanciulle che circondavano Sevanna li seguirono. Non era ciò che lei voleva, ma almeno le lance adesso erano in movimento. Anche dal fondo della valle era in grado di vedere quello che prima era sembrato un terreno spoglio trasformarsi in una moltitudine di figure vestite di cadin’sor che si dirigevano verso sud più veloci di un cavallo. Non c’era tempo da perdere. Dopo aver deciso che più tardi avrebbe dovuto scambiare qualche parola con Efalin, Sevanna si voltò verso le Sapienti.

Scelte fra le più forti delle Sapienti Shaido che potevano maneggiare il Potere, ce n’erano sei o sette per ogni Aes Sedai attorno a Rand al’Thor, eppure Sevanna le vedeva ancora titubanti. Le donne cercavano di nascondere i propri dubbi dietro espressioni dure, eppure erano lì, negli sguardi sfuggenti, nelle lingue che inumidivano le labbra. Quel giorno stavano crollando molte tradizioni, antiche e forti come le leggi. Le Sapienti non prendevano parte alle battaglie. Le Sapienti si tenevano alla larga dalle Aes Sedai. Conoscevano le vecchie leggende, secondo le quali gli Aiel erano stati mandati nella Terra delle Tre Piegature per aver fallito con le Aes Sedai e che sarebbero stati distrutti se l’avessero fatto di nuovo. Avevano sentito delle storie, quelle che Rand al’Thor aveva raccontato prima di ogni altra cosa, nelle quali si diceva che come parte dei loro servigi per le Aes Sedai, gli Aiel avevano giurato di non commettere alcuna violenza.

Sulle prime Sevanna era stata certa che queste storie fossero menzogne, ma di recente aveva iniziato a credere che le Sapienti sapessero che erano vere. Ovviamente nessuna glielo aveva confermato, ma non importava. Lei non aveva mai fatto i due viaggi nel Rhuidean richiesti per diventare Sapiente, ma le altre l’avevano accettata, anche se alcune erano state molto riluttanti. Adesso non avevano altra scelta se non continuare ad accettarla. Le tradizioni inutili sarebbero state sostituite dalle nuove.

«Aes Sedai» disse sottovoce. Le Sapienti si sporsero verso di lei con un tintinnio di braccialetti e collane, attente a cogliere le sue parole bisbigliate. «Loro hanno Rand al’Thor, il Car’a’carn. Dobbiamo prenderlo.» La conseguenza fu una serie di sguardi accigliati. La maggior parte di loro credeva che Sevanna volesse il Car’a’carn vivo per avere modo di vendicare la morte di Couladin, il suo secondo marito. Potevano capirlo, ma non sarebbero andate fin lì solo per questo. «Le Aes Sedai» sibilò lei furiosa. «Noi abbiamo rispettato la nostra promessa, ma quelle donne hanno infranto le loro. Noi non abbiamo violato nulla, loro tutto. Sapete com’è stata uccisa Desaine.» Ovviamente lo sapevano. Gli occhi che osservavano Sevanna divennero d’improvviso più intensi. Uccidere una Sapiente era un atto di estrema gravità; come uccidere una donna incinta, un bambino o un fabbro. Alcuni di quegli occhi erano ‘molto’ più intensi. Quelli di Therava, di Rhiale e di altre. «Se permettiamo a queste donne di farla franca, allora possiamo considerarci meno che animali, non avremo alcun onore. Io difendo il mio onore.»

Detto questo Sevanna sollevò la gonna con gran dignità e risalì il pendio a testa alta, senza guardare indietro. Era certa che le altre l’avrebbero seguita. Therava, Norlea e Dailin se ne sarebbero accertate, insieme a Rhiale, Tion, Meira e le altre che l’avevano accompagnata alcuni giorni addietro a vedere Rand al’Thor picchiato dalle Aes Sedai e chiuso in una cassa di legno. Il suo discorso era rivolto a queste tredici ancor più che alle altre, e di certo loro non avrebbero osato deluderla. La verità sulla morte di Desaine le legava a lei.

Le Sapienti, con le gonne raccolte tra le braccia per tenere libere le gambe, non potevano mantenere il passo degli algai’d’siswai in cadin’sor, per quanto corressero veloci. Dopo otto chilometri e mezzo lungo quelle basse colline, una distanza non eccessiva, giunte in cima a un declivio videro che la danza delle lance era già iniziata. In un certo senso.

Migliaia di algai’d’siswai creavano una pozza enorme di figure grigio-marroni velate intorno al circolo di carri degli abitanti delle terre bagnate, che a sua volta circondava uno dei piccoli gruppi di alberi disseminati in quella regione. Sevanna sbuffò furiosa. Le Aes Sedai avevano avuto persino il tempo di portare tutti i cavalli dentro la cerchia difensiva. Le lance avevano circondato i carri e facevano pressione su di loro, li stavano bersagliando con una grandinata di frecce, ma quelli in prima linea sembravano schiacciati contro un muro invisibile. All’inizio le frecce che erano salite alte in cielo avevano superato quel muro, ma poi anch’esse incominciarono a rimbalzare contro una barriera invisibile. Fra le Sapienti si levò un mormorio.

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