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Robert Jordan: La corona di spade

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Robert Jordan La corona di spade

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«Riuscite a vedere cosa stanno facendo le Aes Sedai?» chiese Sevanna, come se anche lei potesse vedere l’Unico Potere usato da quelle donne. Le venne da ridere: le Aes Sedai erano delle sciocche, con i loro tanto osannati Tre Giuramenti. Una volta che avessero finalmente deciso di usare l’Unico Potere come arma invece che come barriera, sarebbe stato troppo tardi. Sempre che le sue Sapienti non fossero rimaste imbambolate a guardare troppo a lungo. Da qualche parte in uno di quei carri c’era Rand al’Thor, forse ancora piegato in due dentro una cassa come un rotolo di seta. In attesa che lei lo prendesse. Se le Aes Sedai erano state in grado di controllarlo, sarebbe riuscita anche lei con l’aiuto delle Sapienti. È una promessa. «Therava, conduci la tua metà a occidente. Sii pronta ad attaccare quando lo faccio io. Per Desaine e il toh che ci devono le Aes Sedai. Le costringeremo a rispettare il toh come non ha mai fatto nessuno prima d’ora.»

Voler costringere qualcuno ad assolvere un obbligo che non aveva preso era una sciocca vanteria, eppure fra i mormorii rabbiosi delle altre donne Sevanna sentì altre promesse furiose su come avrebbero costretto le Aes Sedai ad assolvere il loro toh. Solo quelle che avevano ucciso Desaine su ordine di Sevanna rimasero in silenzio. Therava tese leggermente le labbra, ma alla fine disse: «Faremo come ordini, Sevanna.»

Mantenendo un’agile andatura, Sevanna guidò la sua metà delle Sapienti a est della battaglia, se quello scontro si poteva definire tale. Avrebbe preferito rimanere su una collina dalla quale potesse avere una buona visuale — era il modo in cui i capiclan o i condottieri in battaglia dirigevano la danza delle lance — ma in questo non aveva trovato alcun supporto, nemmeno da Therava e le altre con le quali condivideva il segreto della morte di Desaine. Le Sapienti crearono un netto contrasto con gli algai’d’siswai quando Sevanna le fece schierare con indosso le loro bluse di algode bianco e le gonne e gli scialli di lana scura, i braccialetti e le collane che luccicavano e i capelli lunghi fino alla vita tenuti indietro da una fascia ripiegata, anche questa scura. Benché avessero deciso che se dovevano prendere parte alla danza delle lance l’avrebbero fatto da vicino, non su un pendio distante, Sevanna non credeva che le Sapienti avessero capito che la vera battaglia l’avrebbero combattuta loro. Dopo quella giornata nulla sarebbe stato come prima, e mettere la cavezza a Rand al’Thor era la parte minore di questo grande evento.

Fra gli algai’d’siswai che fissavano i carri, solo l’altezza indicava la differenza fra uomini e Fanciulle. Veli e shoufa nascondevano teste e volti e i cadin’sor erano cadin’sor, a parte i diversi tagli che differenziavano i clan, le sette e le società. Quelli al margine esterno del gruppo di accerchiamento parevano confusi e borbottavano tra di loro mentre aspettavano che accadesse qualcosa. Si erano preparati a danzare contro i fulmini delle Aes Sedai e adesso si agitavano impazienti, troppo lontani anche per usare gli archi di corno, ancora riposti nelle custodie dietro le spalle. Ma non avrebbero dovuto aspettare ancora a lungo se le cose fossero andate come voleva Sevanna.

Con le mani piantate sui fianchi, si rivolse alle Sapienti: «Quelle a sud rispetto a me distruggeranno ciò che stanno facendo le Aes Sedai. Quelle a nord attaccheranno. Forza, lance!» Una volta impartito l’ordine, Sevanna si girò a guardare la sconfitta delle Aes Sedai che pensavano di dover affrontare solo l’acciaio.

Non accadde nulla. La massa di algai’d’siswai davanti a lei ribolliva inutilmente, e il rumore più forte era quello delle lance battute di tanto in tanto sugli scudi. Sevanna raccolse tutta la propria rabbia, come se stesse avvolgendo il filo di un arcolaio. Era così sicura che fossero pronte dopo che il corpo martoriato di Desaine era stato offerto alla loro attenzione, ma se ritenevano ancora che attaccare delle Aes Sedai fosse impensabile, avrebbe insistito nel convincerle a farlo, anche se avesse dovuto svergognarle fino a quando le avessero chiesto di indossare il bianco dei gai’shain.

A un tratto un globo di fuoco grande quanto la testa di un uomo ricadde verso i carri sfrigolando e sibilando, poi un altro, poi furono dozzine. Il nodo che Sevanna aveva allo stomaco si allentò. Altre sfere fiammeggianti arrivarono da occidente, dal gruppo di Therava. Dai carri incendiati incominciò a salire il fumo, prima in, pennacchi grigi, quindi in colonne nere che si facevano sempre più spesse; i mormorii degli algai’d’siswai cambiarono di tonalità, e anche se quelli direttamente davanti a lei si mossero appena vi fu un’improvvisa sensazione di pressione in avanti. Dai carri si levarono delle grida di rabbia; uomini che urlavano e gemevano di dolore. Qualsiasi fosse la barriera che avevano elevato le Aes Sedai, adesso era stata abbattuta. La danza era iniziata e poteva esserci una sola fine. Rand al’Thor sarebbe stato suo, le avrebbe consegnato gli Aiel, avrebbero conquistato tutte le terre bagnate e, prima di morire, le avrebbe dato figlie e figli affinché guidassero gli Aiel dopo di lei. Poteva anche piacerle: era un bell’uomo, forte e giovane.

Sevanna non si aspettava che le Aes Sedai sarebbero state sconfitte facilmente e infatti non fu così. Fra le lance piovvero dei globi di fuoco, trasformando in torce quelle figure anonime in cadin’sor, e i fulmini scesero dal cielo terso, scagliando in aria gli uomini e la terra. Le Sapienti imparavano da ciò che vedevano, o forse già sapevano e avevano esitato in precedenza; molte incanalavano così di rado, soprattutto se qualcuno oltre le Sapienti poteva vederle, che solo loro sapevano ciò che ogni donna era o non era in grado di fare. Qualsiasi fosse il motivo, non appena i fulmini cominciarono a cadere fra le lance Shaido, altri colpirono i carri.

Non tutti gli attacchi raggiungevano il bersaglio. Le palle di fuoco sfrecciavano a vuoto nell’aria, alcune adesso grandi come cavalli, i lampi d’argento si conficcavano nel terreno come lance scagliate dai cieli, talvolta guizzando all’improvviso da un lato, come se avessero colpito una barriera invisibile, oppure esplodevano con violenza a mezz’aria, o si limitavano a svanire. L’aria risuonava di boati e schianti, di grida e urla. Sevanna fissava il cielo deliziata. Era come gli spettacoli degli Illuminatori dei quali aveva letto.

A un tratto il mondo divenne un unico bagliore bianco e le sembrò di fluttuare. Quando poté vedere di nuovo, si ritrovò distesa al suolo a una dozzina di passi da dove era prima, coperta da zolle di terra, con tutti i muscoli doloranti e senza fiato. Sentiva come se i capelli volessero staccarsi dalla sua testa.

Anche altre Sapienti erano finite a terra come lei, attorno a una fossa irregolare larga una spanna. Dai vestiti di alcune delle donne si levavano sottili fili di fumo. Non tutte erano cadute — la battaglia di fuoco e fulmini continuava a svolgersi in cielo — ma erano comunque troppe quelle atterrate. Doveva lanciarle di nuovo nella danza.

Sevanna si costrinse a respirare, quindi si alzò barcollante, senza prendersi la briga di scrollarsi di dosso la terra. «Forza, lance!» gridò. Afferrò Estalaine per le spalle scarne e iniziò a sollevarla in piedi, poi dagli occhi azzurri ormai vitrei della donna si accorse che era morta e la lasciò ricadere al suolo. Allora rimise in piedi una stordita Dorailla, quindi afferrò una lancia caduta di mano a un Camminatore del Tuono ferito e l’agitò tenendola in alto. «Avanti le lance!» Alcune Sapienti dovettero prenderla alla lettera, perché si lanciarono nella massa di algai’d’siswai. Altre invece mantennero un maggior controllo, aiutando quelle che potevano alzarsi, e la tempesta di fuoco e fulmini continuò, mentre Sevanna camminava nervosamente avanti e indietro lungo la linea delle Sapienti, sempre agitando la lancia e gridando: «Forza, lance! Avanti le lance!»

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