Robert Jordan - La corona di spade

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Le veniva da ridere. E rise. Coperta di terra e con la battaglia che infuriava, non si era mai sentita tanto euforica in vita sua. Quasi si pentì di non aver scelto di diventare una Fanciulla della Lancia. Quasi. Nessuna Far Dareis Mai poteva diventare capoclan, come un uomo non poteva essere eletto Sapiente; il solo modo per una fanciulla di ottenere il potere era rinunciare alla lancia e diventare una Sapiente. In veste di moglie di un capoclan, Sevanna aveva avuto a che fare con il potere a un’età in cui le Fanciulle venivano appena investite della fiducia di impugnare una lancia, o a un’apprendista Sapiente veniva permesso di andare a prendere l’acqua. Adesso aveva tutto, era Sapiente e capoclan, anche se doveva ancora lavorare per ottenere quell’ultimo titolo ufficialmente. I titoli avevano poca rilevanza fintanto che avesse avuto il potere, ma perché non possedere entrambi?

Un grido improvviso la fece voltare di scatto e rimase a bocca aperta alla vista di un lupo grigio dal pelo arruffato che stava dilaniando la gola di Dosera. Gli conficcò la lancia, senza nemmeno pensare. Mentre la bestia si contorceva per azzannare l’asta della lancia, un altro animale che le arrivava fino alla vita la oltrepassò per balzare sulla schiena di un algai’d’siswai, quindi ne giunsero ancora altri, e ovunque Sevanna guardasse vedeva che riducevano a brandelli le figure vestite di cadin’sor.

Mentre liberava la lancia la pervase una paura dovuta alla superstizione. Le Aes Sedai avevano evocato i lupi perché combattessero al loro fianco. Sevanna non riusciva a distogliere lo sguardo dall’animale che aveva appena ucciso. Le Aes Sedai avevano... No! No! Non poteva cambiare nulla. Lei non lo avrebbe permesso.

Alla fine riuscì a distogliere lo sguardo, ma prima che potesse gridare qualche frase di incoraggiamento alle Sapienti, qualcos’altro le pietrificò la bocca e la lasciò a occhi sgranati. Un gruppo di cavalieri delle terre bagnate, con gli elmetti e i pettorali rossi, che si trovavano nella mischia brandendo le spade o affondando lunghe lance, proprio in mezzo al gruppo degli algai’d’siswai. Da dove erano spuntati?

Non si era accorta di aver parlato ad alta voce fino a quando Rhiale le rispose: «Ho cercato di avvisarti, Sevanna, ma tu non ascoltavi.» La donna con i capelli rosso fuoco lanciò un’occhiata disgustata alla lancia imbrattata di sangue. Le Sapienti non dovevano usare le lance. Sevanna si appoggiò l’arma nell’incavo del braccio con ostentazione, proprio come aveva visto fare ai capi, mentre Rhiale proseguì: «Gli abitanti delle terre bagnate hanno attaccato da sud. Loro e i siswai’aman.» La Sapiente infuse in quelle parole tutto il suo disprezzo per quelli che si definivano Lance del Drago. «Ci sono anche delle Fanciulle e... delle Sapienti.»

«Che combattono?» chiese Sevanna incredula, prima di rendersi conto di che effetto facesse quello stupore nella sua bocca. Se lei poteva sbarazzarsi di usanze obsolete, di certo anche quegli sciocchi a sud accecati dal sole, che ancora si definivano Aiel, potevano fare lo stesso. Tuttavia, non se l’era aspettato. Senza dubbio li aveva guidati Sorilea; quella vecchia le rammentava una frana che fa precipitare una montagna, portandosi tutto appresso. «Dobbiamo attaccare immediatamente. Non possono avere Rand al’Thor. O rovinare la nostra vendetta per Desaine» aggiunse quando Rhiale sgranò gli occhi.

«Sono Sapienti» rispose atona l’altra donna, e Sevanna, molto amareggiata, capì. Unirsi alla danza delle lance era già sbagliato per le Sapienti, ma attaccare altre Sapienti era molto più di quanto anche Rhiale avrebbe tollerato. La donna aveva concordato sul fatto che Desaine dovesse morire — altrimenti come avrebbero convinto le altre Sapienti, per non parlare degli algai’d’siswai, ad attaccare le Aes Sedai e assumere il controllo su Rand al’Thor e, con lui, su tutti gli altri Aiel? — ma l’aveva fatto in segreto, circondata da donne che la pensavano allo stesso modo. Questo attacco invece sarebbe stato visto da tutti. Sciocche e codarde! Fino all’ultima!

«Allora combatti contro i nemici che pensi di poter affrontare, Rhiale.» Pronunciò ogni parola con durezza e infuse in esse tutto il disprezzo che poté, ma Rhiale si limitò ad annuire, si aggiustò lo scialle con un’altra occhiata alla lancia di Sevanna, e ritornò alla sua postazione.

Forse c’era il sistema di far fare la prima mossa alle altre Sapienti. Sarebbe stato meglio attaccare di sorpresa, ma l’importante era impedire alle altre di strapparle Rand al’Thor dalle mani. Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di avere una donna in grado di incanalare che avesse fatto quanto lei ordinava, senza risponderle o tirarsi indietro. Sarebbe stata disposta a tutto per essere su un’altura da dove poter vedere come procedeva il combattimento.

Con la lancia pronta all’uso e tenendo d’occhio i lupi — quelli che riusciva a vedere Sevanna o stavano uccidendo uomini e donne in cadin’sor oppure erano morti —, riprese a incitare e incoraggiare le sue Sapienti. A sud il fuoco e i fulmini ricadevano fra gli Shaido, più fitti di prima, ma non le pareva che facesse una gran differenza. Quella battaglia, con le esplosioni di fiamme, terra ed esseri umani, continuava indisturbata.

«Forza lance!» gridò, agitando l’arma che impugnava. «Forza lance!» Fra la folla di algai’d’siswai non riusciva a distinguere nessuno di quegli schiocchi che si erano legati una fascia rossa attorno alla fronte e si erano denominati siswai’aman. Forse erano troppo pochi per alterare il corso degli eventi. I gruppi di abitanti delle terre bagnate di sicuro sembravano pochi e assai distanti tra loro. Mentre osservava, vide che uno di quei gruppi di cavalieri veniva travolto dai colpi delle lance. «Forza lance! Forza lance!» La voce di Sevanna era esultante. Anche se le Aes Sedai avessero chiamato diecimila lupi e Sorilea avesse portato con sé mille Sapienti e centomila lance, gli Shaido ne sarebbero comunque usciti vittoriosi. Gli Shaido e lei. Il nome di Sevanna degli Shaido Jumai sarebbe stato ricordato per sempre.

D’improvviso, nel clangore della battaglia, risuonò un boato sordo. Sembrava provenisse dalla direzione dei carri delle Aes Sedai, ma nulla indicava se fossero state loro o le Sapienti a causarlo. Le cose che non capiva non le piacevano, ma non avrebbe chiesto a Rhiale o alle altre per non mostrare la propria ignoranza. E la mancanza del talento che lì tutte avevano a parte lei. Fra loro non contava affatto, ma un’altra cosa che non piaceva a Sevanna era che altri avessero poteri che lei non possedeva.

Con la coda dell’occhio notò un lampo di luce fra gli algai’d’siswai, la sensazione di qualcosa che si rivoltava, ma quando si girò a guardare non vide nulla. Accadde di nuovo la stessa cosa, un lampo di luce visto con la coda dell’occhio, e di nuovo quando si voltò per guardare non vi fu nulla da vedere. Erano troppe le cose che non capiva.

Continuando con le frasi d’incoraggiamento Sevanna lanciò un’occhiata alla fila delle Sapienti Shaido. Alcune erano sporche, le fasce sul capo erano sparite e i capelli lunghi erano sciolti, le gonne e le bluse coperte di terra o addirittura bruciate. Almeno dodici erano distese in fila e si lamentavano, altre sette erano immobili, lo scialle sul volto. A Sevanna interessavano quelle ancora in piedi. Rhiale e Alarys, con i suoi radi capelli neri tutti in disordine. Someryn, che aveva iniziato a indossare la blusa slacciata per mostrare una scollatura anche più generosa di quella di Sevanna, e Meira, con il viso lungo anche più cupo del solito. La robusta Tion, la magra Belinde, e Modarra, alta quanto la maggior parte degli uomini.

Una di loro l’avrebbe avvisata se avessero tentato qualcosa di nuovo. Il segreto di Desaine le legava a lei; anche per una Sapiente, una tale rivelazione avrebbe portato a una vita di dolori — e, peggio, vergogna — nel tentativo di assolvere il toh, sempre che non fosse semplicemente stata abbandonata a sé stessa nuda in una regione selvaggia, dove con ogni probabilità sarebbe stata uccisa come una bestia da chiunque l’avesse trovata. Ciò nonostante Sevanna era sicura che fossero contente quanto le altre nel tenerle nascoste le cose che una Sapiente imparava durante l’apprendistato e nei viaggi nel Rhuidean. Prima o poi avrebbe dovuto prendere dei provvedimenti a riguardo, ma non ora. Non avrebbe mostrato la sua debolezza chiedendo cosa stessero facendo.

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