Rorbert Jordan - Memoria di luce

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E se la risposta fosse stata non sigillare di nuovo il Tenebroso? E se la risposta, quella definitiva, fosse stata qualcos’altro? Qualcosa di più permanente.

Sì, pensò Rand fra sé per la centesima volta. Ma è possibile?

Giunsero alla tenda dove lavoravano i funzionari. Le Fanciulle si aprirono a ventaglio dietro di loro, e Rand e Perrin entrarono. I funzionari erano rimasti alzati fino a tardi, naturalmente, e non parvero sorpresi di vedere entrare Rand.

«Mio Lord Drago» disse Balwer, rivolgendogli un rigido inchino dal punto dove si trovava, accanto a un tavolo di mappe e pile di carta. L’ometto asciutto passò in rassegna i fogli con aria nervosa, un gomito nodoso che sporgeva da un buco nella sua giacca marrone troppo grande.

«Rapporto» disse Rand.

«Roedran verrà» rispose Balwer, la sua voce esile e precisa. «La Regina dell’Andor l’ha mandato a chiamare, promettendogli passaggi fatti da quelle sue donne della Famiglia. I nostri occhi nella sua corte dicono che è irritato di aver bisogno del suo aiuto per partecipare, ma insiste di dover essere presente a questo incontro, anche solo per non sembrare che sia stato lasciato fuori.»

«Eccellente» disse Rand. «Elayne non sa nulla delle tue spie?»

«Mio signore!» esclamò Balwer in tono indignato.

«Hai determinato chi è la sua spia tra i nostri funzionari?» chiese Rand.

Balwer farfugliò. «Nessuno...»

«Deve avere qualcuno, Balwer» disse Rand con un sorriso.

«Mi ha praticamente insegnato lei come fare questo, dopotutto. Non importa. Dopo domani, le mie intenzioni saranno evidenti per tutti. Non saranno più necessari segreti.»

Tranne quelli che tengo più vicini al cuore.

«Questo significa che tutti saranno qui per l’incontro, giusto?» chiese Perrin. «Ogni governante di rilievo? Tear e Illian?»

«L’Amyrlin li ha persuasi a partecipare» disse Balwer. «Ho qui copie dei loro carteggi, se desiderate vederli, miei signori.»

«Io sì» disse Rand. «Mandali alla mia tenda. Li esaminerò stanotte.»

Il tremore del terreno giunse all’improvviso. I funzionari afferrarono pile di fogli, tenendoli giù e urlando mentre i mobili crollavano a terra attorno a loro. Fuori uomini urlavano, udibili a malapena sopra il suono di alberi che si spezzavano e metallo che sferragliava. La terra gemette, un rombo distante.

Rand lo percepì come un doloroso spasmo muscolare.

Il tuono scosse il cielo, distante, come una promessa di eventi prossimi. Il tremore scemò. I funzionari rimasero a reggere le loro pile di carte, come se temessero di lasciarle andare e rischiare che cadessero.

È davvero qui, pensò Rand. Non sono pronto — non siamo pronti — ma è qui comunque.

Aveva trascorso molti mesi temendo questo giorno. Fin da quando i Trolloc erano giunti nella notte, fin da quando Lan e Moiraine l’avevano trascinato via dai Fiumi Gemelli, aveva temuto quello che sarebbe successo.

L’Ultima Battaglia. La fine. Ora che era arrivata scoprì che non era spaventato. Preoccupato, ma non spaventato.

Sto venendo per te, pensò Rand.

«Informate la gente» disse Rand ai suoi funzionari. «Affiggete avvisi. I terremoti continueranno. Tempeste. Vere, terribili. Ci sarà una Frattura, e non possiamo evitarlo. ci Tenebroso cercherà di frantumare questo mondo fino a ridurlo in polvere.»

I funzionari annuirono, scambiandosi sguardi preoccupati alla luce delle lampade. Perrin pareva meditabondo, ma annuì appena, come tra sé e sé.

«Altre novità?» chiese Rand.

«Può darsi che la Regina dell’Andor stia tramando qualcosa stanotte, mio signore» disse Balwer.

«‘Qualcosa’ non è una parola molto esauriente, Balwer» disse Rand.

Balwer fece una smorfia. «Sono spiacente, mio signore. Non ho altro per te, per adesso; ho appena ricevuto questo messaggio. La Regina Elayne è stata svegliata da alcuni consiglieri poco tempo fa. Non ho nessuno abbastanza vicino da sapere perché.»

Rand si accigliò, posando la mano sulla spada di Laman che aveva in vita.

«Potrebbe trattarsi soltanto di progetti per domani» disse Perrin.

«Vero» disse Rand. «Fammi sapere se scopri qualcosa, Balwer. Grazie. Stai facendo un ottimo lavoro qui.»

L’uomo si inorgoglì. In quegli ultimi giorni — giorni così bui — ogni uomo cercava qualcosa di utile da fare. Balwer era il migliore nel suo lavoro ed era fiducioso delle proprie capacità. Tuttavia, non nuoceva che gli venisse ricordato dalla persona per cui lavorava, in particolare se si trattava nientemeno che del Drago Rinato.

Rand lasciò la tenda, seguito da Perrin.

«La cosa ti preoccupa» disse Perrin. «Ciò che ha richiesto che Elayne venisse svegliata.»

«Non l’avrebbero svegliata senza un buon motivo» disse Rand piano. «Considerando la sua condizione.»

Incinta. Incinta dei suoi bambini. Luce! L’aveva appreso solo da poco. Perché non era stata lei a dirglielo?

La risposta era semplice. Elayne poteva percepire le emozioni di Rand proprio come lui avvertiva le sue. Doveva essere stata in grado di percepire quello che lui aveva provato, di recente. Prima di Montedrago. Quando...

Be’, non avrebbe certo voluto fronteggiarlo con la notizia di una gravidanza quando si era trovato in uno stato del genere. Inoltre, lui non si era reso precisamente facile da trovare.

Tuttavia era una sorpresa.

Sarò padre, pensò, non per la prima volta. Sì, Lews Therin aveva avuto figli, e Rand poteva ricordarli, così come l’amore per loro. Non era lo stesso.

Lui, Rand al’Thor, sarebbe stato padre. Sempre che avesse vinto l’Ultima Battaglia.

«Non l’avrebbero svegliata senza una buona ragione» continuò, tornando alla questione. «Sono preoccupato non per via di cosa potrebbe essere successo, ma per la potenziale distrazione. Domani sarà un giorno importante. Se l’Ombra avesse il minimo sentore dell’importanza di domani, tenterebbe qualunque cosa per impedirci di incontrarci, di unificarci.»

Perrin si grattò la barba. «Ho persone vicine a Elayne. Persone che tengono d’occhio cose per me.»

Rand alzò la mano. «Andiamo a parlarci. Ho molte cose da fare stanotte, ma... Sì, non posso lasciar stare questo.»

I due si voltarono verso l’accampamento di Perrin, lì vicino, allungando il passo. La scorta di Rand li seguiva come ombre con veli e lance.

La notte pareva troppo silenziosa. Egwene, nella sua tenda, lavorava a una lettera per Rand. Non era certa se l’avrebbe mandata. Non era importante inviarla. Scriverla voleva dire organizzare i suoi pensieri, decidere cosa voleva dirgli.

Gawyn entrò nuovamente nella tenda, la mano sulla spada, il mantello da Custode che frusciava.

«Hai intenzione di restare dentro stavolta?» chiese Egwene, intingendo la penna. «Oppure hai intenzione di uscire di nuovo?»

«Non mi piace questa nottata, Egwene.» Lanciò un’occhiata sopra la spalla. «Percepisco qualcosa di sbagliato.»

«Il mondo trattiene il fiato, Gawyn, in attesa degli eventi di domani. Hai mandato a chiamare Elayne, come ho richiesto?»

«Sì. Non sarà sveglia. È troppo tardi per lei.»

«Vedremo.»

Non passò molto tempo prima dell’arrivo di un messaggero dall’accampamento di Elayne, che portava una piccola lettera piegata. Egwene la lesse, poi sorrise. «Vieni» disse a Gawyn, alzandosi e prendendo alcune cose. Agitò una mano e un passaggio divise l’aria.

«Viaggeremo fin lì?» chiese Gawyn. «È solo una breve passeggiata.»

«Una breve passeggiata richiederebbe all’Amyrlin un invito per la Regina dell’Andor» disse Egwene mentre Gawyn attraversava il passaggio per primo e controllava l’altro lato. «A volte, non voglio intraprendere un’azione per cui la gente inizi a fare domande.»

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