Rorbert Jordan - Memoria di luce

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Hessalam non disse altro. Moridin non avrebbe osato chiamare quest’uomo Prescelto se il Sommo Signore non l’avesse deciso. Non c’era nulla da discutere. Tuttavia, Moghedien rabbrividì. Si diceva che Taim... M’hael... fosse potente, forse quanto il resto di loro, ma elevare uno di quest’Epoca, con tutta la loro ignoranza... La urtava pensare che questo M’Hael sarebbe stato considerato un suo pari.

«Vedo la sfida nei vostri occhi,» disse Moridin, guardandoli tutti e tre «anche se solo una è stata tanto sciocca da esprimerla a voce. M’Hael ha guadagnato la sua ricompensa. Troppi di noi si sono scagliati in competizioni con al’Thor quando si presumeva che fosse debole. M’Hael invece si è guadagnato la fiducia di Lews Therin, poi ha assunto il comando dell’addestramento) delle sue armi. Lui ha allevato una nuova generazione di Signori del Terrore per la causa dell’Ombra. Che risultati avete da mostrare del vostro lavoro da quando siete stati liberati?»

«Conoscerai i frutti che ho raccolto, Moridin» disse Demandred a bassa voce. «Li conoscerai in canestri e mandrie. Ricorda soltanto il mio requisito: affronterò al’Thor sul campo di battaglia. Il suo sangue è mio e di nessun altro.» Incontrò gli occhi di ciascuno di loro a turno, e infine quelli di M’Hael. Pareva esserci familiarità tra loro. Dovevano essersi già incontrati.

Non sarà facile vedertela con quello, Demandred, pensò Moghedien. Vuole al’Thor quanto te.

Demandred era cambiato di recente. Un tempo non gli sarebbe importato chi avrebbe ucciso Lews Therin, sempre che quell’uomo fosse morto. Cosa lo faceva insistere per compiere quell’atto di persona?

«Moghedien» disse Moridin. «Demandred ha dei piani per la guerra imminente. Tu dovrai assisterlo.»

«Assisterlo ?» disse lei. «Io...»

«Te ne sei dimenticata così in fretta, Moghedien?» La voce di Moridin era vellutata. «Farai ciò che ti viene detto. Demandred vuole che tu sovrintenda a uno degli eserciti che adesso è privo di adeguata supervisione. Pronuncia un’unica parola di lamentele e ti renderai conto che il dolore che hai conosciuto fino a questo momento non è che l’ombra del vero tormento.»

La sua mano andò al cour’souvra che aveva al collo. Guardando negli occhi di Moridin, Moghedien percepì la propria autorità evaporare. Ti odio, pensò. Ti odio ancora di più per avermi fatto questo di fronte agli altri.

«Gli ultimi giorni sono alle porte» disse Moridin, voltando loro le spalle. «In queste ore, guadagnerete le vostre ricompense finali. Se avete dei rancori, lasciateveli alle spalle. Se avete dei complotti, portateli a compimento. Fate le vostre ultime mosse, poiché questa... questa è la fine.»

Talmanes giaceva supino, lo sguardo fisso verso il cielo buio. Le nuvole parevano riflettere la luce dal basso, la luce di una città morente. Era sbagliato. La luce proveniva da sopra, giusto?

Era caduto da cavallo poco dopo che si erano avviati verso i cancelli cittadini. Riusciva a ricordarselo, buona parte del tempo. Il dolore rendeva difficile pensare. C’erano persone che sbraitavano l’una contro l’altra.

Avrei dovuto... avrei dovuto prendere in giro Mat di più, pensò, un accenno di sorriso a socchiudergli le labbra. Un momento stupido per pensare a cose del genere. Devo... devo trovare i Draghi. O li abbiamo già trovati...?

«Te lo dico io, quelle dannate cose non funzionano così!» La voce di Dennel. «Non sono dannate Aes Sedai su ruote. Non possiamo creare un muro di Fuoco. Possiamo scagliare queste palle di metallo a tutta velocità in mezzo ai Trolloc.»

«Esplodono.» La voce di Guybon. «Potremmo usare quelle in più come ho detto.»

Gli occhi di Talmanes si chiusero tremolando.

«Le palle esplodono, sì» disse Dennel. «Ma prima dobbiamo lanciarle. Metterle tutte in fila e lasciare che i Trolloc ci corrano sopra non servirà a molto.»

Una mano scosse la spalla di Talmanes. «Lord Talmanes» disse Melten. «Non c’è disonore nel lasciare che finisca ora. So che il dolore è grande. Che l’ultimo abbraccio della Madre ti protegga.»

Una spada sfoderata. Talmanes si fece forza.

Poi scoprì che non voleva morire, non lo voleva proprio.

Si costrinse ad aprire gli occhi e sollevò una mano verso Melten, in piedi sopra di lui. Jesamyn aleggiava lì vicino con le braccia conserte e l’aria preoccupata.

«Aiutami ad alzarmi» disse Talmanes.

Melten esitò, poi lo fece.

«Non dovresti stare in piedi» disse Jesamyn.

«Meglio che essere decapitato onorevolmente» borbottò Talmanes, stringendo i denti contro il dolore. Luce, quella era la sua mano? Era così scura che pareva essere stata carbonizzata in un incendio. «Cosa... cosa sta succedendo?»

«Siamo stretti all’angolo, mio signore» disse Melten in tono cupo e con sguardo solenne. Pensava che ormai fossero praticamente morti. «Dennel e Guybon stanno discutendo sul posizionamento dei Draghi per un ultimo scontro. Aludra sta misurando le cariche.»

Talmanes, finalmente in piedi, si afflosciò contro Melten. Davanti a lui, duemila persone erano ammassate nella vasta piazza cittadina. Erano rannicchiati l’uno contro l’altro, come uomini che cercassero vicendevolmente il calore in una notte fredda nella foresta. Dennel e Guybon avevano disposto i Draghi in un semicerchio rivolto verso l’esterno, verso il centro della città, con i profughi dietro. La Banda adesso era impegnata con i Draghi; servivano tre paia di mani per azionare ogni arma. Quasi tutti i membri della Banda avevano almeno un minimo addestramento.

Gli edifici nelle vicinanze avevano preso fuoco, ma la luce stava facendo strane cose. Perché non raggiungeva le strade? Erano troppo buie. Come se fossero state dipinte. Come...

Sbatté le palpebre, scacciando lacrime di dolore dagli occhi, una comprensione che gli spuntava in mente. Le strade si riempirono di Trolloc come inchiostro che scorreva verso il semicerchio di Draghi puntati verso di loro.

Qualcosa li trattenne per il momento. Stanno aspettando di essere tutti assieme per un assalto, pensò Talmanes.

Richiami e ringhi provennero da dietro. Talmanes ruotò, poi strinse forte il braccio di Melten quando il mondo sussultò. Attese che tornasse fermo. Il dolore... il dolore si stava davvero attenuando. Come fiamme lucenti che esaurivano carbone fresco. Aveva banchettato con lui, ma non gli rimaneva più molto da consumare.

Mentre le cose intorno a lui si stabilizzavano, Talmanes vide ciò che stava generando quei ringhi. La piazza in cui si trovavano era adiacente alle mura cittadine, ma gli abitanti e i soldati si erano tenuti a distanza, poiché erano ricoperte di Trolloc come un denso sudiciume. Quelli sollevarono le armi in aria e ruggirono rivolti alle persone.

«Scagliano lance a chiunque si avvicini troppo» disse Melten. «Speravamo di raggiungere le mura, seguirle fino al cancello, ma non possiamo... non con quelle cose lassù che ci fanno piovere addosso morte. Tutte le altre strade sono bloccate.»

Aludra si avvicinò a Guybon e Dennel. «Cariche, le posso mettere sotto i Draghi» disse loro; piano, ma non piano quanto avrebbe dovuto. «Queste cariche distruggeranno le armi. Possono ferire le persone in modo spiacevole.»

«Fallo» disse Guybon molto piano. «Quello che farebbero i Trolloc è peggio, e non possiamo permettere che i Draghi cadano nelle mani dell’Ombra. È quello il motivo per cui stanno aspettando. I loro capi sperano che un attacco improvviso darà loro il tempo di sopraffarci e impadronirsi delle armi.»

«Si stanno muovendo!» gridò un soldato che stava accanto ai Draghi. «Luce, stanno arrivando!»

Quella melma scura di Progenie dell’Ombra ribollì giù per le strade. Denti, unghie, artigli, occhi troppo umani. I Trolloc arrivarono da ogni lato, bramosi di uccidere. Talmanes si sforzò di prendere fiato.

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