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Rorbert Jordan: Memoria di luce

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Rorbert Jordan Memoria di luce

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«Grazie, Melten» disse Talmanes, annuendo all’uomo. «Sento già che l’impiastro sta facendo effetto. Hai detto che è parte della cura per il dolore. Qual è l’altra parte?»

Melten sganciò una fiasca di metallo dalla cintura e gliela porse. «Acquavite shienarese, fortissima.»

«Non è una buona idea bere in combattimento, soldato.»

«Prendila» disse Melten piano. «Tieni la fiasca e bevi a fondo, mio signore. Oppure alla prossima campana non sarai in piedi.»

Talmanes esitò, poi prese la fiasca e tracannò una lunga sorsata. Bruciava come la ferita. Tossì, poi mise via l’acquavite. «Credo che tu abbia scambiato le bottiglie, Melten. Quello era qualcosa che hai trovato in una tinozza da conciatura.»

Melten sbuffò. «E poi dicono che non hai il senso dell’umorismo, Lord Talmanes.»

«Non ce l’ho» replicò Talmanes. «Restami vicino con la tua spada.»

Melten annuì, lo sguardo solenne. «Spezzaterrore.»

«Che vuol dire?»

«È un titolo delle Marche di Confine. Hai ucciso un Fade. Spezzaterrore.»

«Quando l’ho ucciso aveva diciassette dardi in corpo.»

«Non ha importanza.» Melten gli strinse la spalla. «Spezzaterrore. Quando non riuscirai più a sopportare il dolore, stringi le mani a pugno e sollevale verso di me. Ci penserò io.»

Talmanes si alzò in piedi, incapace di trattenere un grugnito. Capivano entrambi. I vari uomini delle Marche di Confine nella Banda erano d’accordo: le ferite inferte da una lama Thakan’dar erano imprevedibili. Alcune suppuravano rapidamente, altre facevano ammalare gli uomini. Quando una diventava nera come quella di Talmanes, però... quella era la peggiore. Non c’era nulla che poteva salvarlo, tranne trovare una Aes Sedai entro poche ore.

«Vedi,» borbottò Talmanes «è un bene che non abbia alcun senso dell’umorismo, altrimenti penserei che il Disegno mi sta giocando uno scherzo. Dennel! Hai una mappa a portata di mano?» Luce, quanto gli mancava Vanin.

«Mio signore» disse Dennel, precipitandosi lungo la strada buia con in mano una torcia e una mappa disegnata in tutta fretta. Era uno dei capitani dei Draghi della Banda. «Penso di aver trovato un percorso più rapido fino alle strade dove Aludra ha fatto mettere da parte quei Draghi...»

«Prima ci faremo strada combattendo fino al Palazzo» disse Talmanes.

«Mio signore» le parole di Dennel giunsero più piano dalle sue grosse labbra. Continuava a toccarsi l’uniforme, come se non gli calzasse a dovere. «Se l’Ombra raggiunge quei Draghi...»

«Sono consapevole dei pericoli, Dennel, grazie. Quanto puoi spostarli rapidamente, sempre che li raggiungiamo? Temo che ci stiamo sparpagliando troppo, e questa città sta bruciando più velocemente di lettere d’amore intrise d’olio indirizzate all’amante di un Sommo Signore. Voglio prendere le armi e lasciare questa città il più rapidamente possibile.»

«Posso spianare un bastione nemico con un colpo o due, mio signore, ma i Draghi non si muovono rapidamente. Sono attaccati a carretti, perciò questo aiuterà, ma non andranno più veloci di... un convoglio di salmerie, diciamo. E occorrerà tempo per posizionarli a dovere e sparare.»

«Allora continuiamo verso il Palazzo» disse Talmanes.

«Ma...»

«Al Palazzo» disse lui in tono severo «potremmo trovare donne in grado di intessere un passaggio che ci porti dritto al magazzino di Aludra. Inoltre, se troviamo la Guardia del Palazzo che sta ancora combattendo, sapremo di avere degli amici a coprirci le spalle. Recupereremo quei Draghi, ma lo faremo in modo intelligente.»

Notò Ladwin e Mar che si affrettavano a scendere verso di lui. «Ci sono Trolloc lassù!» disse Mar, precipitandosi da Talmanes. «Almeno un centinaio, a formare una barriera lungo la strada.»

«Formate i ranghi, uomini!» urlò Talmanes. «Sferreremo un’offensiva per arrivare al Palazzo!»

Un silenzio totale calò sulla tenda della sauna.

Aviendha aveva previsto forse incredulità al suo racconto. Di sicuro domande. Non quel doloroso silenzio.

Anche se non se l’era aspettato, lo comprendeva. Lo aveva provato lei stessa dopo aver assistito alla visione degli Aiel che avrebbero perduto lentamente ji’e’toh nel futuro. Era stata testimone della morte, del disonore e della rovina del suo popolo. Almeno ora aveva qualcuno con cui condividere quel fardello.

Le pietre riscaldate nel bollitore sibilarono piano. Qualcuno avrebbe dovuto versare altra acqua, ma nessuna delle sei occupanti della stanza fece una mossa per provvedervi. Le altre cinque erano tutte Sapienti, nude — proprio come Aviendha — secondo l’usanza delle tende della sauna. Sorilea, Amys, Bair, Melaine e Kymer degli Aiel Tomanelle. Tutte avevano lo sguardo fisso davanti a sé, ciascuna sola per il momento con i propri pensieri.

Una a una, raddrizzarono la schiena e si misero a sedere, come per accettare un nuovo fardello. Quel gesto confortò Aviendha; non che si fosse aspettata che quelle notizie le Avrebbero spezzate. Era sempre bene vederle rivolgere i loro volti verso il pericolo invece che distoglierli.

«L’Accecatore è troppo vicino al mondo ora» disse Melaine. «E Disegno è stato distorto in qualche modo. Nel sogno vediamo ancora molte cose che potrebbero accadere oppure no, ma ci sono troppe possibilità; non possiamo distinguere una dall’altra. Il destino del nostro popolo è incerto per le Camminatrici dei Sogni, così come il destino del Car’a’carn una volta che avrà sputato nell’occhio dell’Accecatore l’Ultimo Giorno. Non conosciamo la verità di ciò che Aviendha ha visto.»

«Dobbiamo fare delle prove» disse Sorilea, gli occhi come pietra. «Dobbiamo sapere. Adesso a ciascuna donna viene mostrata questa visione invece dell’altra, oppure si è trattato di un’esperienza unica?»

«Elenar dei Daryne» disse Amys. «Il suo addestramento è quasi completo; sarà la prossima a visitare il Rhuidean. Potremmo chiedere a Hayde e Shanni di incoraggiarla.»

Aviendha represse un tremito. Comprendeva fin troppo bene quanto potevano essere ‘incoraggianti’ le Sapienti.

«Sarebbe bene» disse Bair, sporgendosi in avanti. «Forse è questo che succede quando qualcuno passa attraverso le colonne di vetro una seconda volta? Forse è per questo che è proibito.»

Nessuna di loro guardò Aviendha, ma poteva percepire che la stavano valutando. Quello che aveva fatto era proibito. E anche parlare di quello che era successo nel Rhuidean.

Non ci sarebbe stato nessun rimprovero. Il Rhuidean non l’aveva uccisa; questo era ciò che la Ruota aveva intessuto. Bair continuò a fissare in lontananza. Del sudore gocciolava lungo i lati del volto di Aviendha e sui suoi seni.

Non mi manca fare il bagno, si disse. Non era una molle abitante delle terre bagnate. Tuttavia, una tenda della sauna non era davvero necessaria da questo versante delle montagne. Non c’era un freddo pungente di notte, perciò il calore della tenda pareva soffocante, non un sollievo. E se c’era acqua in abbondanza per un bagno...

No. Assunse un’espressione decisa. «Posso parlare?»

«Non essere sciocca, ragazza» disse Melaine. La donna aveva un ventre tondeggiante, quasi da partoriente. «Sei una di noi ora. Non c’è bisogno di chiedere il permesso.»

Ragazza? Sarebbe occorso del tempo perché la vedessero davvero come una di loro, ma almeno facevano lo sforzo. Nessuno le ordinava di preparare il tè o di gettare acqua sul bollitore. Senza apprendiste in giro e nessun gai’shain a portata di mano, facevano a turno per quei compiti.

«Sono meno preoccupata della possibilità che la visione si ripeta» disse Aviendha «che per quello che mi è stato mostrato. Accadrà? Possiamo fermarlo?»

«Il Rhuidean mostra due tipi di visione» disse Kymer. Era una donna giovane, forse di una decina d’anni più vecchia di Aviendha, con capelli rosso intenso e un viso lungo e abbronzato. «La prima visita è quello che potrebbe essere, la seconda, alle colonne, quello che è accaduto.»

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