Ben Bova - La prova del fuoco

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La prova del fuoco: краткое содержание, описание и аннотация

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Era notte nell'emisfero occidentale quando il Sole emise la sua grande fiammata, e questo salvò il continente americano dalla combustione totale. Ma non lo salvò dalle atomiche sovietiche che cominciarono subito a piovere. Perché, chi avrebbe potuto dar torto ai pochi russi superstiti sottoterra, nella stanza dei bottoni, se pensarono che l'attacco fosse venuto dall'America?

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Tre colonne di soldati armati fino ai denti convergevano verso i magazzini in fiamme. Barbari ubriachi rubavano e distruggevano alla luce fosca degli incendi. Il fuoco usciva crepitando dai tetti e dalle finestre. Poco alla volta, i saccheggiatori si resero conto di essere circondati e sospinti verso lo spiazzo nel quale sbucavano tutte le strade. E là, davanti all'unico magazzino che ancora non era stato saccheggiato, li aspettavano quattro autoblindo con gli specchietti di puntamento dei laser rivolti verso di loro.

Alec stava in piedi su una delle autoblindo con un megafono elettrico in mano.

— Ascoltatemi — intimò — Ascoltatemi, perché chi non mi ascolterà sarà morto prima dell'alba.

Gli uomini si fermarono, intontiti, ubriachi, confusi, avvolti in coperte, carichi di bottiglie, sacchi di farina, stivali nuovi, col fuoco che divampava alle loro spalle.

— Chi ha cominciato? — chiese Alec. — Voglio sapere subito chi è stato il primo a dare il via al saccheggio.

Gli uomini borbottarono strusciando i piedi, improvvisamente stanchi e svuotati di ogni energia. Molti avevano abbandonate le armi per darsi al saccheggio, ma altri avevano ancora pistole e carabine.

— Se vi illudete che la disciplina non sia più in vigore perché avete vinto, vi sbagliate di grosso — tuonò Alec. — E adesso, chi ha cominciato? Voglio i colpevoli per trattarli come si meritano. — Estrasse la pistola dalla fondina.

Nessuno si mosse. Si udì solo uno stropiccìo di piedi, come di bambini sorpresi a compiere una marachella.

— E va bene — riprese Alec con voce dura e tagliente come l'acciaio. — Allora farò quello che si faceva nelle legioni romane. Jameson, scegli dieci uomini a caso. Subito!

Jameson, accompagnato da una dozzina di armati, cominciò a scegliere a caso e man mano che afferrava un uomo per un braccio lo spingeva verso l'autoblindo di Alec. A un tratto, qualcuno si mosse facendosi largo in mezzo alla ressa.

— Alec. Alec. Io. Io.

Quelli che gli stavano accanto si scostarono e Alec riconobbe Furetto che stava venendo verso di lui per unirsi agli uomini già scelti per essere giustiziati.

— Io, Alec! — gridò Furetto con un sorriso innocente sulla faccia scarna. — Scegli me!

Il peso della pistola parve improvvisamente insopportabile ad Alec.

Guardò le facce degli uomini che stavano ai suoi piedi, i razziatori scelti a caso da Jameson. Erano sbigottiti, spaventati, ubriachi. Furetto continuava a sorridere, con quel suo sorriso innocente, infantile, carico di speranzosa attesa. La folla si era ritratta dal gruppo dei condannati.

Alec abbassò il braccio. La pistola pesava troppo. Jameson stava immobile con la mano stretta sulla spalla di un uomo.

— Ho fatto il cattivo, Alec — disse Furetto. — Perdonami.

Era la frase più lunga che Alec gli avesse mai sentito pronunciare.

Si portò il megafono alla bocca e disse lentamente: — Siete stati salvati. Tutti. Siete stati salvati da quest'uomo.

Dalla folla si levò un sospiro di sollievo.

Rinfoderando la pistola, Alec disse: — Finora ve la siete spassata, ma da questo momento, basta. Niente più saccheggi. Voi fate parte di un esercito, un esercito vittorioso. È giusto che siate fieri di avere vinto. Ma dovete ubbidire agli ordini e osservare la disciplina. Chi non ubbidirà d'ora in poi sarà immediatamente fucilato. Questa notte siete stati perdonati, ma questo non si ripeterà mai più.

Gli rispose un sommesso mormorio, ma niente di più.

Alec capì che avevano bisogno di qualcosa di più delle minacce. Il bastone è inutile se non ci si attacca la carota , pensò.

— Diventerete gli uomini più ricchi della Terra — disse, e gli rispose ancora un mormorio. — Ma non vi arricchirete col bottino. Questa è una fase ormai conclusa. Diventerete ricchi perché ognuno di voi avrà una parte delle ricchezze che può offrire questa terra… Finora avete fatto i ladri, i banditi, e avete avuto vite brevi e infelici. D'ora in avanti vivrete meglio, più sicuri e più a lungo, senza timori né pericoli. E tutti noi insieme saremo padroni di questa terra.

Più di mille uomini gli stavano davanti. Ora presero ad avvicinarsi lentamente verso di lui.

— I giorni delle razzie e dei saccheggi sono finiti — continuò — perché non avrete più bisogno di rubare. Avrete tutto quello che vorrete, e più ancora di quanto avete mai sognato e desiderato.

— E le donne? — gridò una voce.

— Le donne scappano davanti ai banditi — rispose Alec. — Ma se voi sarete membri di un esercito che governa la Terra, vi correranno appresso.

Gli uomini risero. Alec sentì che la tensione si andava allentando.

— Va bene — continuò con fermezza. — Da questo momento fate parte di questo esercito dominatore. Eseguirete gli ordini. E quando domani sorgerà il sole il mondo vedrà qualcosa che non ha mai visto da quando è bruciato il cielo. Una nuova forza che conquisterà tutto quello che incontra sul suo cammino.

Gli rispose una selva di evviva. Guardandoli, Alec si chiese: Sarò sempre capace di controllarli così? Aveva l'impressione di cavalcare un animale selvatico, e con un sospiro capì che per riuscire a dominarli avrebbe dovuto sempre stare all'erta e lottare.

Passò il resto della notte a controllare tutte le strade e gli edifici della base. Quasi ovunque regnava la tranquillità. Gli uomini erano esausti dopo la battaglia, ubriachi per il troppo vino bevuto e per l'esultanza di essere ancora vivi mentre tanti erano morti. Ora il vino, la stanchezza e le emozioni avevano avuto la meglio.

All'alba arrivò Angela.

Arrivò su un carro tirato da un cavallo, protetta da sei giovani contadini armati di vecchi fucili e carabine. Le sentinelle la fermarono all'ingresso della base. Angela chiese di vedere Douglas, e le guardie informarono via radio Jameson, che a sua volta informò Alec.

Questi si era ritirato nel suo alloggio: la casa che tanti mesi prima avevano condiviso. La stava aspettando nel soggiorno spoglio quando il carro arrivò. Angela smontò ed entrò senza indugio.

Era tesa, preoccupata, smarrita, ma sempre bella.

— Dov'è Douglas? — fu la prima cosa che disse. — Perché non posso vederlo?

Alec dovette fare uno sforzo per parlare con voce naturale. — Sta benissimo. Lo vedrai…

— No, non sta bene. Tu non capisci. — Era spaventata, con gli occhi sbarrati dalla paura.

— Sta bene — insisté Alec andandole incontro. — Nessuno gli vuol fare del male. Non temere.

La prese fra le braccia davanti al camino spento. Angela tremava.

— Alec, ti prego, devi lasciarmelo vedere. Non so cosa ti abbia detto… — Lo respinse bruscamente. — Non so nemmeno se credere a quello che dici. Tu lo vuoi morto, non è così?

— No — rispose lui. — Quella ormai è acqua passata.

— Ma ti farebbe comodo se morisse, no?

— È quello che diceva lui ieri sera.

— Tu ancora non capisci quello che fa, quali sono i suoi progetti.

— Sì, li conosco… — ma d'improvviso si rese conto che non sapeva ancora tutto.

— Alec, ti prego, portami da lui — insisté Angela. — Subito, prima che sia troppo tardi.

— E va bene — rispose lui. — Vieni. È nella sua camera. Non l'abbiamo spostato per via della gamba.

— Quale gamba? Perché?

— Se l'è rotta in un incidente qualche giorno fa…

— No! — gridò lei. — È un mese che non si muove da quella stanza. È stato molto malato — e si precipitò alla porta.

Alec le corse appresso. Uscirono a precipizio, diretti alla casa di Douglas. Con lucidità assurda Alec vide le due guardie che sonnecchiavano davanti alla porta di Douglas. Poi sentì gli spari. Vide le guardie drizzarsi di scatto ed entrare in casa di corsa.

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