— Tu ti preoccupi per i miei figli — disse Alec a suo padre.
— Per i tuoi figli e per i figli dei tuoi figli.
— Ma perché provocare una guerra? Perché non cercare di sistemare pacificamente le cose?
Il sorriso di Douglas si trasformò in una smorfia sardonica. — Mi avresti creduto? Io ho cercato di dirtelo. Rifletti. Pensi davvero che i barbari delle bande, i razziatori, gli sbandati, i disperati sempre in guerra tra di loro avrebbero gentilmente acconsentito a lavorare insieme d'amore e d'accordo per un futuro ideale che nemmeno riescono a immaginare? Loro non sanno nemmeno cosa significhi la parola civiltà. Neanche i migliori di loro. Sì, sono disposti a seguire un capo, o qualcuno che prometta loro vittoria e bottino, ma quello che veramente capiscono è la sopravvivenza, e sopravvivere significa lottare. — Fece una brevissima pausa. — Cosa li ha indotti a seguirti? L'idea della civiltà oppure quella del bottino?
— Il bottino, naturalmente — rispose Alec.
— Proprio così! E sarà meglio che tu cerchi di contentarli, almeno finché non si saranno un po' dirozzati. Fai in modo che raggiungano se non altro quel grado di fedeltà che teneva unite le orde mongole. Io so che tu sei in grado di costruire una civiltà con guerrieri di quella fatta, anche se per ora sono soltanto dei barbari.
Un nuovo pensiero si fece strada nella mente di Alec. — Ma tu… — disse. — Cosa dovrei farne di te?
Douglas sbuffò. — Devi ammazzarmi, naturalmente! Ormai sono superfluo, a questo punto, io rappresento un intralcio per il mio stesso obiettivo e costituisco un problema per te. Devi uccidermi! In caso contrario i miei uomini mi resterebbero fedeli, e i lunari non avrebbero più alcuna fiducia in te.
— Ma i tuoi uomini non mi seguiranno mai se ti condannerò a morte — protestò Alec. È una follia! , pensò. È pazzesco. Io me ne sto qui, seduto, a parlare con mio padre della sua condanna.
— È pazzesco — mormorò.
— No — lo corresse Douglas. — È politico. È appena un po' più brutale delle interminabili discussioni a cui hai assistito sulla Luna, ma fondamentalmente la cosa è identica. Per diventare il capo effettivo della coalizione devi liberarti di me.
— Io sono venuto sulla Terra col proposito di ucciderti — disse Alec.
— Lo so — dichiarò suo padre sommessamente, quasi con dolcezza. — E adesso puoi compiere la tua opera.
Alec si alzò di scatto rovesciando la sedia. — No, non posso farlo! Non posso!
— Non fare l'idiota! Devi!
Ma Alec si precipitò fuori, scese di corsa le scale e uscì nella notte.
Per tutta la giornata Furetto era rimasto nascosto nei boschi, terrorizzato dall'orrendo frastuono delle esplosioni e degli spari che sconvolgevano il mondo e rendevano l'aria irrespirabile con il loro fumo acre.
Sapeva che Alec e tutti gli altri stavano combattendo, ma lui restava aggrappato alla terra, da cui traeva vita e sicurezza, sepolto nei cespugli che crescevano fra gli alberi sul limitare della foresta. L'istinto gli suggeriva di scappare, di addentrarsi nell'ombra dei boschi, di nascondersi tanto lontano da non essere raggiunto dagli spari e dalle esplosioni.
Invece rimase sul limitare della foresta, nonostante il terrore, in angoscioso equilibrio fra la paura e il profondo, muto senso di lealtà che ormai lo legava ad Alec.
Il sole aveva superato da un pezzo lo zenit quando la battaglia ebbe termine. Accovacciato dietro una robusta quercia, semisepolto nel cespuglio che cresceva alla base del tronco, Furetto aspettò quasi un'ora dopo che si fu spenta l'eco degli ultimi spari. Stava con le orecchie tese, ma sentiva soltanto il cinguettìo degli uccelli e il ronzìo degli insetti. Uno scoiattolo fece capolino da un cespuglio pochi metri più avanti, rimase ritto sulle zampine posteriori annusando l'aria col naso che vibrava, si guardò attorno incerto e infine si arrampicò lesto sull'albero dietro cui si nascondeva Furetto.
Tutto era tornato alla normalità. Poteva uscire dal nascondiglio. Avanzò esitando di qualche passo nella luce obliqua del pomeriggio. Il cielo che sovrastava la valle era grigio di fumo. Alec era là.
Furetto si mosse verso il fumo, verso Alec. Forse avrebbe trovato un coniglio o uno scoiattolo lungo la strada e l'avrebbe portato ad Alec.
Un camion carico di soldati esultanti correva su una delle strade che portavano alla valle. Rallentò, e Furetto salì a bordo. Quegli uomini erano degli sconosciuti, non li aveva mai visti prima. Ridevano e facevano un gran baccano. Furetto rise con loro. Non aveva più paura.
Arrivarono alla base che ormai era buio. Il camion frenò fermandosi davanti a uno dei grandi magazzini in prossimità dell'aeroporto. C'erano soldati ovunque, ancora pieni di energia, rinvigoriti dalla vittoria.
— Dove sono le donne? — gridò un uomo.
— Non doveva esserci dell'oro per le strade, qui? — tuonò un altro. — Io non ne vedo.
— Non farci caso! — ribatté una voce stridula. — Hanno trovato da bere in quel magazzino! Roba da leccarsi i baffi! Vino e liquori! Venite!
Con un grido che pareva un ruggito i soldati dell'esercito vittorioso si precipitarono verso il magazzino trascinando con loro Furetto, come la corrente trascina un fuscello.
Jameson aspettava davanti alla casa di Douglas quando Alec uscì a precipizio dopo il colloquio con suo padre. Appena lo vide, gli indicò senza parlare un bagliore rosso che rischiarava il cielo.
— Stanno bruciando i magazzini — disse. — I barbari di Kobol.
Alec osservò la luce fiammeggiante da cui si levavano nel cielo buio nugoli di scintille. Non disse niente, cercando disperatamente di concentrare l'attenzione su quanto stava accadendo. Ma nella sua mente torreggiava ancora l'immagine di Douglas che parlava con la massima calma della propria esecuzione.
— Abbiamo messo sottochiave armi, munizioni e veicoli — stava dicendo intanto Jameson. — E i prigionieri sono sorvegliati dalle nostre guardie. Ma quei magazzini… — Jameson scosse la testa. — Non disponiamo di un numero sufficiente di uomini fidati per tenere a bada tutti questi barbari.
Facendo uno sforzo, Alec si risolse a chiedere: — Cosa c'è in quei magazzini?
— Macchinari, pezzi di ricambio… In uno parecchie centinaia di cassette di bottiglie di vino e di alcol etilico, a quanto mi ha detto Will.
— Non credo che brucerebbero quel ben di Dio — osservò Alec.
Jameson rivolse lo sguardo verso l'incendio. — Non sarebbe una cattiva idea lasciarli liberi per una notte.
— E far sì che distruggano tutto quello su cui riescono a mettere le mani? No! Prendi cinquanta uomini e quattro autoblindo dotate di laser. Trova Will e digli di raggiungerci con tutti gli uomini fidati che riuscirà a raccogliere.
Un'espressione scettica si disegnò sulla faccia di Jameson.
— Se li lasciamo sfogare — disse Alec — finiranno con l'ammazzarsi tra di loro prima dell'alba.
— È probabile — ammise Jameson.
Dopo una mezz'ora si riunirono nel deposito dei veicoli, una vecchia rimessa con le pareti di metallo. Alec espose il suo piano di battaglia agli uomini che erano presenti.
— Stanno saccheggiando i magazzini e bruciano tutto quello che non possono bere o protare via. Convergeremo nella zona dei magazzini da tre direzioni diverse — col dito tracciò le linee sulla mappa stradale che gli stava davanti.
Jameson era poco persuaso. — Se decidono di ribellarsi…
— Non lo faranno, se agiremo nel modo più opportuno.
Will Russo annuì. — Sì — disse, — riusciremo ad avere la meglio specialmente se li chiuderemo qui, dove convergono le strade. Lo spazio ristretto non darà loro modo di combattere.
— E se catturiamo i capi — aggiunse Alec, — e diamo un esempio, gli altri si calmeranno in un batter d'occhio.
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