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Bob Shaw: Sfida al cielo

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Bob Shaw Sfida al cielo

Sfida al cielo: краткое содержание, описание и аннотация

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Un pianeta su cui si è sviluppata una società avventurosa ma arretrata, spinta da una grande sete di conoscenza ma dotata di una tecnologia elementare e proprio per questo ancora più eroica. Un ambiente duro e ostile da cui si può evadere solo fuggendo verso l’ignoto, nello spazio: sono le premesse da cui parte Bob Shaw per costruire un romanzo di avventure i cui protagonisti sono astronauti che volano su navi di legno ed esploratori dell’ignoto disposti a muoversi fra i mondi con poco più di una caravella. In condizioni simili non c’è da stupirsi che i pericoli del viaggio si moltiplichino per mille e le incognite dell’arrivo siano ancora più tremende. Ma cosa ha da perdere chi non ha nulla da perdere? Non è esagerato dire che in questa saga di un futuro “diverso” Shaw sia riuscito a darci tutti gli elementi di un originale racconto epico.

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— Stiamo per fondare una nostra dinastia, questo è quello che ci accadrà. Pensi che lascerei che ti facessero del male?

— So che non lo faresti, ed è questo che mi spaventa.

— Gesalla, tutto quello che intendevo dire è che dobbiamo lasciare un messaggio qui… o da qualche altra parte, dove potrà essere trovato e portato al Re. Non sono ancora in grado di andarmene in giro, quindi devo passare a te questa responsabilità. Ti farò vedere come si fa un carboncino e poi troveremo qualcosa per…

Gesalla stava lentamente scuotendo la testa, e i suoi occhi erano resi ancora più belli dalle prime lacrime che lui vi avesse mai visto. — È tutto irreale, vero? È solo un sogno.

— Volare su Sopramondo era solo un sogno, una volta, ma adesso siamo qui, e nonostante tutto siamo ancora vivi. — La fece sdraiare vicino a lui, tirandole la testa sulla sua spalla. — Non so cosa ci accadrà, Gesalla. Posso solo prometterti che… come l’avevi messa tu… che non cederemo le nostre vite ai macellai. Ora, perché non ti stendi a riposare e lasci che io mi prenda cura di te, tanto per cambiare un po’?

— Va bene, Toller.

Gesalla si mise comoda stringendosi a lui, pur stando attenta alle sue ferite, ed in un tempo incredibilmente breve si addormentò. Quel passaggio da una veglia ansiosa alla tranquillità del sonno fu annunciato dal suo respiro più smorzato, e Toller sorrise incasellando quel fatto nella sua memo ria per usarlo in futuro come uno scherzo. Probabilmente, la sola dimora che avrebbero conosciuto su Sopramondo sarebbe stata altrettanto rudimentale. Cercò di non addormentarsi per vegliare su dì lei, ma i vapori di una insidiosa stanchezza si stavano addensando nella sua testa, e l’ultima lanterna di un abitante di Sopramondo stava di nuovo splendendo nel mucchio di sassi.

L’unico modo per sfuggirle era chiudere gli occhi…

Il soldato che torreggiava sopra di lui brandiva una spada.

Toller cercò di muoversi, di difendersi in qualche modo nonostante la debolezza e l’ingombro del corpo di Gesalla, poi vide che la spada nella mano del soldato era quella di Leddravohr, ed anche nel suo stato confusionale riuscì a rendersi conto della situazione.

Era troppo tardi per fare qualunque cosa, proprio qualunque cosa, perché il suo piccolo dominio era già stato circondato, conquistato e invaso.

Ne era prova il cambiamento della luce, schermata da altri soldati all’ingresso della caverna. Udiva le voci degli uomini che iniziavano a parlare non appena si accorgevano che non c’era più bisogno di non farlo, e da qualche parte lì vicino, arrivavano i soffi e gli sbuffi di un blucorno che scendeva giù dalla collina. Toller strinse una spalla di Gesalla per svegliarla, e sebbene lei rimanesse immobile sentì il suo sussulto d’allarme.

Il soldato con la spada si tirò da parte e il suo posto fu preso da un maggiore dagli occhi socchiusi, con la testa in controluce contro il cielo mentre scrutava Toller. — Può alzarsi?

— No, è troppo malato — disse Gesalla, sollevandosi fino a mettersi in ginocchio.

— Posso stare in piedi. — Toller le afferrò un braccio. — Aiutami, Gesalla, preferisco essere sulle mie gambe questa volta. — Grazie a lei riuscì a mettersi dritto ed affrontò il maggiore. Era sorpreso e anche divertito nello scoprire che, quando avrebbe dovuto sentirsi scoraggiato dal fallimento e dalla prospettiva di morire, era soltanto imbarazzato per il fatto di essere nudo.

— Bene, maggiore. — disse. — Cosa volete da me?

La faccia del maggiore era professionalmente impassibile. — Il Re vuole parlarvi, adesso.

Si spostò di lato e Toller vide avvicinarsi la figura panciuta di Chakkel. Il suo abbigliamento era pacato e poco appariscente, adatto per cavalcare in aperta campagna, ma portava al collo un enorme gioiello blu che Toller aveva visto soltanto una volta in precedenza, addosso a Re Prad. Chakkel aveva ripreso la spada di Leddravohr dalle mani del primo soldato e la teneva inclinata sulla spalla destra, in una posizione neutrale ma nello stesso tempo comoda per un eventuale attacco. La sua faccia bruna e pienotta ed il suo cranio calvo brillavano nella calda luce equatoriale.

Si avvicinò fino a due passi da Toller e lo squadrò dalla testa ai piedi. — Bene, Maraquine, avevo promesso che mi sarei ricordato di voi.

— Maestà, sono lieto di aver dato a Voi ed ai vostri cari una buon ragione per ricordarsi di me. Toller sentiva Gesalla accostarglisi sempre di più, e per il suo bene continuò a parlare, cercando di dare alle parole il maggiore accento di sincerità possibile. — Una caduta di un migliaio di miglia avrebbe…

— Non tornate a ripetermi le stesse cose — lo interruppe Chakkel. — E mettetevi giù prima di finire per terra!

Fece segno a Gesalla invitandola a riadagiarlo sulle trapunte, e al maggiore ed al resto della scorta di ritirarsi. Quando gli altri furono fuori portata d’udito Chakkel si accovacciò a terra e imprevedibilmente gettò la spada nera oltre Toller, nell’oscurità della caverna.

— Avremo una breve conversazione — disse, — e non una parola di quello che diremo deve essere ripetuta. È chiaro?

Toller annuì esitante, chiedendosi se fosse il caso di introdurre una speranza qualsiasi nella confusione dei suoi pensieri e delle sue emozioni.

— C’è un certo risentimento contro di voi, da parte della nobiltà e dei militari che hanno portato a termine la traversata — disse Chakkel tranquillamente. — Dopotutto, non sono in molti ad aver commesso un regicidio per ben due volte nello spaziò di tre giorni. Se ne potrebbe discutere, comunque. Ma tira aria di senso pratico, nel nostro nuovo insediamento, ed i coloni ritengono che la lealtà verso un Re vivo sia più confacente alla salute della stessa lealtà verso due Re morti. Vi state chiedendo di Pouche?

— È vivo?

— Sì, è vivo. Ma ha fatto in fretta a capire che le finezze del governo che avrebbe voluto lui sarebbero state inappropriate alla situazione che si è creata qui. E più che felice di abdicare al trono, ammesso che un sedile fatto con i rottami di una navicella possa essere degno di questo nome.

Toller si rese conto che stava vedendo Chakkel come non l’aveva mai visto prima: cordiale, loquace, in armonia con l’ambiente. Forse perché preferiva la supremazia per sé e per la sua discendenza in una società nascente piuttosto che un ruolo secondario nella Kolcorron immobilistica di tanto tempo prima? Oppure perché sotto sotto aveva uno spirito avventuroso, liberato dalla eccezionale circostanza della grande migrazione? Guardando per la prima volta Chakkel da vicino incoraggiato dai suoi istinti, Toller provò un inaspettato senso di sollievo e di gioia pura.

“Gesalla ed io avremo dei figli”, si disse. “E non importa se un giorno lei ed io dovremo morire, perché i nostri bambini avranno dei bambini, ed il futuro si stende davanti a noi… ed oltre… ed oltre… a meno che…”

La realtà gli si dissolse intorno, e lui si ritrovò in piedi su un ammasso roccioso nella parte occidentale di Ro-Atabri.Stava guardando con il binocolo il corpo accasciato di suo fratello, leggendo quell’ultimo messaggio che non aveva niente a che fare con la vendetta o con i suoi rimpianti personali, ma che, come si confaceva alla profonda umanità di Lain, mirava al bene di milioni di esseri non ancora nati.

— Principe… Maestà… — Toller si sollevò su un gomito meglio che poteva, per offrire a Chakkel la verità lasciata nelle sue mani, ma la presuntuosa torsione del corpo si vendicò con una fitta lancinante che ammutolì la sua voce e lo fece crollare di nuovo sul suo giaciglio.

— Leddravohr c’è andato molto vicino, ad uccidervi, vero? — Il tono di Chakkel aveva perso tutta la sua superficialità.

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