Bob Shaw - Sfida al cielo

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Un pianeta su cui si è sviluppata una società avventurosa ma arretrata, spinta da una grande sete di conoscenza ma dotata di una tecnologia elementare e proprio per questo ancora più eroica. Un ambiente duro e ostile da cui si può evadere solo fuggendo verso l’ignoto, nello spazio: sono le premesse da cui parte Bob Shaw per costruire un romanzo di avventure i cui protagonisti sono astronauti che volano su navi di legno ed esploratori dell’ignoto disposti a muoversi fra i mondi con poco più di una caravella. In condizioni simili non c’è da stupirsi che i pericoli del viaggio si moltiplichino per mille e le incognite dell’arrivo siano ancora più tremende. Ma cosa ha da perdere chi non ha nulla da perdere? Non è esagerato dire che in questa saga di un futuro “diverso” Shaw sia riuscito a darci tutti gli elementi di un originale racconto epico.

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Lain aveva già fatto tutto il viaggio nella sua mente, si rese conto Toller, e tutto quello che lui aveva predetto sarebbe accaduto. Davvero, stavano entrando in una regione straordinaria, ma l’intelletto di Lain Maraquine e di altri uomini come lui avevano già percorso quella strada, e si doveva aver fiducia in loro.

— Non ti eccitare tanto da trascurare il regime di propulsione — disse Toller con calma, rivolgendosi a Zavotle. — E ricordati di controllare l’altimetro misurando il diametro apparente di Mondo quattro volte al giorno.

Guardò Flenn e Rillomyner. — E quanto a voi due, perché lo Squadrone si è preso il disturbo di farvi dei corsi speciali? La molla non si è allungata. Stiamo diventando più leggeri man mano che saliamo, e riterrò qualunque discussione su questo punto come un atto d’insubordinazione. È chiaro?

— Sì, capitano.

I due risposero all’unisono, ma Toller lesse uno sguardo preoccupato negli occhi di Rillomyner, e si chiese se il meccanico avrebbe avuto difficoltà ad abituarsi alla graduale perdita di peso. “E a questo che serve il volo sperimentale”, ricordò a se stesso. “Stiamo provando non solo la nave ma anche noi stessi”.

Al calare della notte il peso dell’indicatore di quota era quasi a metà della scala, e gli effetti della gravità ridotta, ormai visibili, non erano più materia di discussione.

Quando si lasciava cadere un piccolo oggetto, questo scendeva verso il pavimento con evidente lentezza, e tutti i membri dell’equipaggio accusavano curiose sensazioni di vuoto allo stomaco. Per due volte Rillomyner si svegliò con un grido di panico, spiegando poi che aveva avuto l’impressione di precipitare.

Toller notò la facilità quasi da sogno con la quale poteva muoversi, e gli venne in mente che sarebbe stato meglio per tutti restare sempre legati.Non gli piaceva l’idea che un qualsiasi movimento, e neanche tanto brusco, facesse volare qualcuno fuori dalla nave.

Osservò anche che nonostante il peso sempre più ridotto la nave tendeva a salire più lentamente. Anche questo era stato previsto, come risultato della differenza di peso tra il gas caldo dell’involucro e l’atmosfera circostante. Per mantenere la velocità modificò il ritmo di scoppio a quattro-diciotto, e poi a quattro-sedici. I serbatoi di pikonio e alvelio nel bruciatore dovevano essere riempiti con frequenza sempre maggiore, e pur sapendo di avere ampie riserve, Toller cominciò a non vedere l’ora di raggiungere la quota di milletrecento miglia. A quel punto il peso della nave, diminuendo in proporzione geometrica, sarebbe stato un quarto del normale, e il reattore, per tutto il percorso nella zona a gravità zero, avrebbe richiesto meno energia.

La necessità di tradurre ogni azione e avvenimento nel secco linguaggio della matematica, dell’ingegneria e della scienza erano in conflitto con la reazione naturale di Toller al nuovo ambiente. Trovò che poteva passare lunghi periodi sporgendosi oltre il bordo della navicella, senza muovere un muscolo, come incantato, completamente soggiogato da un’autentica e assoluta reverenza. Sopramondo era giusto sopra di lui, ma nascosto dalla paziente, infaticabile vastità del pallone; e giù, lontano, c’era il suo pianeta natale, che gradualmente diventava un luogo misterioso man mano che il suo aspetto familiare si sfocava sempre più in quelle miglia e miglia di vuoto.

Al terzo giorno di ascensione il cielo manteneva la sua normale colorazione sopra e sotto la nave, ma ai lati stava diventando di un blu più scuro, che scintillava di stelle sempre più numerose.

Quando Toller era perso nei suoi momenti di trance, la conversazione dei membri dell’equipaggio e persino il rombo del bruciatore svanivano dalla sua consapevolezza, e lui era solo nell’universo, unico possessore dei suoi scintillanti tesori. Una notte, mentre era al posto di pilotaggio, vide una meteora attraversare il cielo sotto la nave. Tracciò una linea di fuoco che pareva andare da un bordo all’altro dell’infinito, e qualche minuto dopo risuonò una sola nota, piena, pulsante, un suono a bassa frequenza, indistinto, velato e triste, che fece vibrare la nave e suscitò il brontolio di protesta di uno degli uomini addormentati. Un certo istinto di possesso, una specie di avidità spirituale, spinse Toller a tenere per sé quell’avvenimento.

Mentre l’ascensione continuava, Zavotle si occupava dei suoi grandi registri di volo, e molte delle annotazioni riguardavano gli effetti fisiologici sull’equipaggio. Persino sulla sommità della più alta montagna di Mondo non c’era nessun evidente calo di pressione atmosferica, ma nei precedenti voli ad alta quota qualcuno aveva accusato un senso di soffocamento e il bisogno di respirare * più profondamente. Il disturbo era stato di lieve entità, gli scienziati stimavano che l’atmosfera avrebbe continuato a permettere la vita anche nel punto di equilibrio gravitazionale tra i due pianeti, ma erano stime che andavano verificate.

Toller fu quasi confortato dalla sensazione di affaticamento dei suoi polmoni, il terzo giorno, prova ulteriore che gli aspetti del volo erano stati correttamente calcolati ma proprio per questo fu molto meno felice quando si trovò di fronte a un fenomeno inaspettato. Da un po’ di tempo si era accorto di avere freddo, ma non ci aveva badato. Adesso, però, gli altri si stavano lamentando quasi di continuo e non si poteva sfuggire all’inevitabile conclusione: mentre la nave guadagnava quota, l’aria circostante diventava sempre più fredda.

Gli scienziati della SAS, incluso Lain Maraquine, avevano invece previsto un aumento della temperatura quando la nave fosse entrata nella fascia d’aria rarefatta, con minore potere schermante dai raggi del sole. Come nativo della zona equatoriale di Kolcorron, Toller non aveva mai sperimentato un freddo realmente duro, e non aveva messo nient’altro, nel suo bagaglio personale che camicie, calzoni e un giubbotto senza maniche. Adesso, anche se non stava proprio ancora tremando, avvertiva l’aumentare del disagio, e un pensiero spaventoso stava cominciando a farsi strada nella sua mente; l’intero volo poteva fallire per la mancanza di una balla di lana.

Autorizzò l’equipaggio ad indossare tutti gli indumenti che volevano sotto le uniformi, e a Flenn di preparare tè su richiesta in qualsiasi momento. Quest’ultima decisione, ben lontana dal migliorare la situazione, portò a una serie di accaniti battibecchi. Rillomyner continuava a insistere che Flenn, per malizia o inettitudine, metteva il tè in infusione prima che l’acqua avesse bollito a dovere, oppure che lo lasciava raffreddare prima di servirlo. Fu solo quando Zavotle, ugualmente insoddisfatto, si prese la briga di osservarne la preparazione che venne fuori la sconcertante verità: l’acqua cominciava a bollire prima di aver raggiunto la giusta temperatura. Era calda, ma non bollente.

— Sono preoccupato per questa faccenda, capitano — disse Zavotle dopo avere annotato l’importante scoperta nel giornale di bordo. — La sola spiegazione è che quando l’acqua diventa più leggera bolle a una temperatura progressivamente più bassa. E se è così, cosa ci succederà quando il peso di ogni cosa sarà ridotto a zero? La saliva ci bollirà in bocca? Pisceremo vapore acqueo?

— Saremo obbligati a tornare indietro molto prima che tu debba subire questa ignominia — disse Toller, mostrando di non gradire l’atteggiamento negativo dell’altro — ma non vorrei arrivare a questo punto. Deve esserci qualche altra ragione. Forse qualcosa che ha che fare con l’aria.

Zavotle non era convinto. — Non vedo come l’aria possa contaminare l’acqua.

— Nemmeno io, quindi non perdo tempo in inutili speculazioni. — ribatté Toller tagliando corto.— Se vuoi qualcosa per occupare la mente, tieni bene d’occhio l’indicatore di quota. Dice che siamo a mille e cento miglia, e se questo è giusto vuol dire che la nostra velocità ha continuato a diminuire per tutto il giorno.

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