— Bene, ora che avete pareggiato il conto — disse Toller senza scomporsi, — posso esservi utile in qualcosa, Vostra Grazia?
— Sì, puoi sbarazzarti di quell’uniforme! È un’offesa alla Chiese in generale e a me in particolare.
— In che modo è offensiva?
— In tutti i modi! Il colore simbolizza i cieli, non è vero? Sbandiera la vostra intenzione di contaminare l’Alto Sentiero, non è vero? Anche se le vostre diaboliche ambizioni falliranno miseramente, Maraquine, quegli stracci blu sono un affronto ad ogni cittadino di retta coscienza di questo Paese.
— Io indosso questa uniforme al servizio di Kolcorron, Vostra Grazia. Qualunque obiezione abbiate a questo proposito dovrebbe essere presentata direttamente al Re. O al principe Leddravohr.
— Huh! — Balountar lo fissò velenosamente per un momento, con il suo viso stravolto di rabbia frustrata. — Non sfuggirai al castigo, sai! Anche se tu e tuo fratello non avete rispetto per la Chiesa, con tutto il vostro sofismo e la vostra arroganza, imparerete a vostre spese che il popolo sopporterà solo fino a un certo punto. Vedrete! La grande empietà, il grande male, non resterà impunito! — Si girò e si diresse a gran passi verso il cancello del cimitero, dove i quattro assistenti stavano aspettando.
Toller lo guardò andarsene e si rivolse agli altri con le sopracciglia corrugate. — Il Lord Prelato sembra di cattivo umore.
— Un tempo gli avresti spaccato la mano per aver fatto questo. — Lain imitò il gesto di Balountar, battendo le dita fiacche contro il petto di Toller. — Non vedi più rosso così facilmente?
— Forse ho visto troppo rosso.
— Oh, sì. Come posso aver dimenticato? — Lo scherno nella voce di Lain era ora evidente. — Questo è il tuo nuovo ruolo, no? L’uomo che ha troppo bevuto alla coppa dell’esperienza.
— Lain, non ho la più vaga idea di cosa posso aver fatto per meritare la tua disapprovazione, e anche se questo mi rattrista non ho tempo per parlarne adesso. — Toller fece un cenno del capo al fratello e un inchino a Gesalla, il cui sguardo preoccupato si spostava dall’uno all’altro. Stava quasi per andarsene quando Lain, con gli occhi pieni di lacrime, improvvisamente allargò le braccia in una stretta che avvolse suo fratello e sua moglie insieme.
Non correre rischi inutili lassù nel cielo, fratellino — sussurrò Lain. — E tuo dovere verso la famiglia tornare sano e salvo, così quando il tempo della migrazione arriverà potremo volare per Sopramondo tutti insieme. Non voglio affidare Gesalla a altri che al miglior pilota. Capisci?
Toller annuì, senza neanche tentare di parlare. La sensazione del fragile corpo di Gesalla contro il suo era asessuata, com’era giusto, ma ne emanava tanta rettitudine, e con suo fratello che completava il circuito fisico, un tale senso di conforto e di guarigione, che lui avvertì un chiaro flusso di energie vitali che venivano aumentate piuttosto che dissipate.
Quando si liberò dall’abbraccio si sentì leggero e forte, più che capace di alzarsi in volo verso un altro pianeta.
Abbiamo rapporti eliografici fino a cinquanta miglia sopravvento — disse Vato Armduran, il capo ingegnere della SAS. — Le previsioni dicono che l’attività dei ptertha è molto bassa, quindi dovreste essere a posto da questo punto di vista, ma la velocità del vento è un po’ più alta di quanto avrei voluto.
— Se aspettiamo le condizioni perfette non partiremo mai. — Toller si riparò gli occhi dal sole e scrutò la volta blu e bianca del cielo. Ciuffi di nuvole alte avevano coperto le stelle più luminose senza tuttavia schermarle del tutto, e la lucentezza del disco di Sopramondo diceva che il dopogiorno era a metà.
— Suppongo che questo sia vero, ma avrete guai con la falsa elevazione quando rimuoverete la copertura. Dovrete starci attento.
Toller sorrise. — Non è un po’ tardi per le lezioni di aerodinamica,?
— Dite bene voi; ma sono io quello che dovrà dare tutte le spiegazioni se rimanete ucciso — disse Armduran seccamente. Era un uomo dai capelli dritti, con un naso schiacciato e il mento a forma di spada che gli davano qualcosa dell’aspetto di un soldato a riposo, ma il suo genio pratico nell’ingegneria gli aveva guadagnato la sua nomina personalmente dal principe Chakkel. A Toller piaceva per il suo umorismo caustico e la mancanza di condiscendenza verso i subordinati meno dotati. I membri dell’equipaggio addetto al gonfiaggio stavano affannosamente avviando con una manovella una grande ventola; i meccanismi a lame di legno emettevano un continuo suono scricchiolante mentre pompavano l’aria fredda dentro il pallone dell’astronave, che era stato fatto uscire sottovento dalla navetta. Stavano creando uno strato protettivo contro la superficie interna dell’involucro, in modo che il gas riscaldato dal bruciatore a cristalli potesse essere introdotto dopo, senza urtare direttamente contro la stoffa leggera. La tecnica era stata sviluppata per evitare il rischio da bruciature, specialmente ai pannelli di base intorno alla bocca del pallone. I capisquadra stavano urlando ordini agli uomini che tiravano su i lati del pallone che si gonfiava gradualmente, e che mettevano fuori le cime di attacco.
La navicella quadrata grande quanto una stanza di medie dimensioni giaceva su un fianco, già pronta per il volo. Oltre ai viveri e al carburante conteneva sacchi di sabbia equivalenti al peso di sedici persone che, aggiunti al peso dell’equipaggio, portavano il carico al massimo operativo. I tre uomini che dovevano volare con Toller stavano vicino alla navetta, pronti a salire a bordo al suo comando. Lui sapeva che l’ascensione doveva cominciare di lì a pochi minuti, e il subbuglio emotivo suscitato da Lain e Gesalla e il funerale di Glo si stava gradatamente riducendo a un soffocato mormorio ai livelli più bassi della sua coscienza. Nella sua mente stava già viaggiando nell’ignoto freddo blu, come un’anima migrante, e le sue preoccupazioni non erano più quelle dei comuni mortali confinati su Mondo.
Uno scalpitare di zoccoli risuonò nelle vicinanze e voltandosi Toller si trovò di fronte al principe Leddravohr che entrava cavalcando nel capannone, seguito da un carro aperto in cui sedevano il principe Chakkel, sua moglie Daseene e i loro tre bambini. Leddravohr indossava l’uniforme da cerimonia con la corazza bianca. L’immancabile spada da duello pendeva al suo fianco e un coltello da lancio era inguainato nel suo fodero all’avambraccio sinistro. Smontò dal suo alto blucorno, girando la testa per cogliere tutti i particolari di quella frenetica attività, e si incamminò verso Toller e Armduran.
Toller non lo aveva mai incontrato nel periodo passato nell’esercito e l’aveva visto solo da lontano da quando era tornato a RoAtabri, e notò che i lucidi capelli neri del principe erano ora sfumati di grigio sulle tempie. Era anche un po’ più massiccio, ma il peso sembrava essersi distribuito in uno strato uniforme su tutto il suo corpo, limitandosi a coprire appena i suoi solidi muscoli e a rendere il viso statuario più liscio che mai.Toller e Armduran gli fecero il saluto mentre si avvicinava.
Leddravohr rispose con un cenno del capo. — Bene, Maraquine, sei diventato importante dall’ultima volta che ci siamo incontrati. Spero che questo abbia reso più facile viverti accanto.
— Non mi reputo importante, principe — rispose Toller con voce accuratamente neutra, cercando di valutare l’atteggiamento dell’altro.
— Ma lo sei! Il primo uomo a portare una nave su Sopramondo! È un grande onore, Maraquine, e hai lavorato duramente per meritarlo. Sai, c’era chi diceva che eri troppo giovane e privo di esperienza per questa missione, che avremmo dovuto affidarla a un ufficiale con una lunga carriera alle spalle nel Servizio Aereo, ma io mi sono imposto. Tu hai ottenuto i migliori risultati nei corsi di formazione, non sei intralciato dalle qualifiche e dalla mentalità spesso obsoleta dei capitani delle aeronavi, e sei un uomo di indubbio coraggio; così ho deciso che il comando del volo di prova dovesse essere tuo. Cosa ne pensi?
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