Un momento dopo notò un altro ptertha, poi un terzo, e in un minuto aveva individuato otto globi che formavano un gruppo unico. Galleggiavano a cavallo di una leggera brezza di nord-est, e sparirono alla vista poco più in là, alla sua destra, dove la parallasse si fondeva ai fili verticali della rete in qualcosa di simile a una stoffa a trama fitta.
Ibbler, guardingo ma non ancora preoccupato, aspettò che i ptertha riapparissero nel suo campo visivo. Incontrando lo schermo esterno i globi, obbedendo alla corrente d’aria, avrebbero seguito la loro strada verso sud, lungo il perimetro del campo e infine, non avendo trovato nessuna preda, si sarebbero dispersi e spostati verso la costa sud-occidentale e il Mare di Otollan.
Stavolta, però, sembravano comportarsi in modo imprevedibile.
Passarono alcuni minuti senza che i globi ricomparissero, e i giovani compagni di Ibbler notarono che lui non partecipava più alla conversazione.Risero divertiti quando lui spiegò a cosa stava pensando, e decisero che i ptertha, supponendo che fossero esistiti fuori dell’immaginazione di Ibbler, dovevano essere entrati in una corrente d’aria che si stava alzando in quel momento per andare a finire sopra i tetti a rete del campo. Per evitare di essere classificato come una vecchia isterica, Ibbler lasciò cadere la questione, sebbene fosse raro che i ptertha volassero così in alto quando erano vicino agli umani.
La mattina seguente quattro sterratori furono trovati morti di pterthacosi nella loro baracca. Anche il soldato che li trovò morì, come pure altri due che furono presi dal panico prima che scattassero le misure d’emergenza e che tutti i presunti contaminati fossero avviati lungo la Strada Luminosa.
Fu Ibbler che notò che la capanna degli sterratori era sottovento, vicino al punto in cui i ptertha avrebbero dovuto raggiungere il reticolato, la notte precedente. Ottenne un colloquio con il suo ufficiale comandante e espose la sua teoria che i ptertha si fossero autodistrutti in massa contro lo scudo esterno, producendo una nube di polvere tossica così concentrata da restare attiva anche oltre il margine di sicurezza standard di trenta iarde. Fu ascoltato con molto scetticismo, ma in capo a pochi giorni lo stesso fenomeno si ripetè in numerose località.
Nessuno dei successivi attacchi ptertha fu così ben contenuto come a Trompha, e ci furono centinaia di morti prima che le autorità si rendessero conto che la guerra tra Kolcorron e i ptertha era entrata in una nuova fase.
La popolazione ne sentì l’effetto in due modi. Le zone cuscinetto furono raddoppiate di misura, ma non c’era più alcuna garanzia della loro efficacia. La brezza leggera e stabile era la condizione atmosferica più temuta, perché poteva trasportare nubi invisibili di polvere velenosa per un lungo tratto prima che la concentrazione cadesse al di sotto dei valori mortali. Ma anche con un vento burrascoso e variabile uno sciame di ptertha abbastanza consistente avrebbe potuto stendere la furtiva mano della morte su un bambino addormentato, e nello spazio di un mattino un intero nucleo famigliare sarebbe rimasto contagiato.
Un altro elemento che contribuì a falcidiare la popolazione fu l’ulteriore calo della produzione agricola. Regioni che già avevano carenza di cibo cominciarono a sperimentare immediatamente la fame. Il sistema tradizionale del raccolto continuo ora si ritorceva contro i Kolcorriani, che non avevano mai sviluppato alcuna tecnica d’immagazzinamento a lungo termine per il grano e altri cereali commestibili. Magre riserve dicibo imputridirono o vennero attaccate dalla peste in granai frettolosamente improvvisati, e malattie indipendenti dai ptertha riscossero il loro tributo di vite umane.
Il trasferimento di enormi quantità di cristalli d’energia da Chamteth a Ro-Atabri avvenne per tutto il periodo della crisi, che continuava a peggiorare, ma stavolta le organizzazioni militari non ne uscirono indenni. Non soltanto le cinque armate furono lasciate a Chamteth, ma fu loro negato il rientro a Kolcorron e nelle patrie province, ebbero l’ordine di prendere residenza permanente nella Terra dei Lunghi Giorni, dove i ptertha, quasi sentissero la loro vulnerabilità, sciamavano in numero sempre crescente. Solo le unità adibite all’abbattimento delle foreste di brakka e al trasporto via nave dei carichi di cristalli rimasero sotto la calotta protettiva dell’alto comando di Leddravohr.
E lo stesso Leddravohr cambiò.
All’inizio aveva accettato la responsabilità della migrazione su Sopramondo esclusivamente per lealtà verso suo padre, mettendo a tacere i suoi dubbi e fidando nell’opportunità della guerra immediata contro Chamteth. Per tutto il periodo dei preparativi e della costruzione della flotta astronavale aveva nutrito la ferma convinzione che quella drastica misura non sarebbe mai stata necessaria, che si sarebbe trovata qualche soluzione meno radicale ai problemi di Kolcorron, più vicina ai modelli della storia umana.
Ma fondamentalmente era un realista, un uomo che capiva l’importanza vitale di bilanciare ambizione e possibilità effettive, e quando previde l’inevitabile risultato della guerra contro i ptertha spostò la questione su un terreno diverso.
La migrazione su Sopramondo divenne parte del suo personale futuro, e quelli intorno a lui, intuendo la sua nuova posizione, capirono che non avrebbe permesso a niente e a nessuno di intralciare la sua strada.
— Ma Dio Santo! — sbottò il colonnello Kartkang. — Suppongo che vi rendiate conto che il vostro decollo è fissato per la decima ora!
Era di costituzione gracile per un essere membro della casta militare, con un viso tondo e una bocca così larga che aveva uno spazio visibile tra ognuno dei piccoli denti. Un talento innato per l’amministrazione e un occhio infallibile per i dettagli l’avevano portato alla carica di capo dello Squadrone Astronavi Sperimentali e chiaramente non gli piaceva l’idea di permettere a un pilota addetto al test di lasciare la base poco prima del più importante volo sperimentale del suo programma.
— Sarò di ritorno molto prima di quell’ora, signore — disse Toller. — Sapete che per nulla al mondo rinuncerei a questo volo.
— Sì, ma… sapete che il principe Leddravohr ha deciso di seguire l’ascensione di persona?
— Ragione in più per me per tornare in tempo utile, signore. Non voglio rischiare l’alto tradimento.
Kartkang, ancora poco convinto, squadrò un fascio di carte sulla sua scrivania. — Lord Glo era importante per voi?
— Ero pronto a rischiare la vita al suo servizio.
— In questo caso suppongo che dobbiate proprio tributargli il vostro estremo omaggio — disse Kartkang. — Ma tenete a mente la faccenda del principe.
Grazie, signore — Toller salutò e lasciò l’ufficio, con la mente simile a un campo di battaglia di contrastanti emozioni. Sembrava crudelmente ironico, quasi una prova dell’esistenza di una divinità maligna, che Glo venisse sepolto proprio nel giorno in cui un’astronave si preparava a dimostrare la possibilità di volare su Sopramondo. Il progetto era nato da lui, gli aveva meritato il ridicolo la disgrazia e poi un ignominioso ritiro, e proprio quando stava per avere la sua rivincita personale, il suo corpo martoriato lo aveva tradito. Non ci sarebbe stata alcuna statua con la pancia rotonda nei giardini del Gran Palazzo, e non si poteva nemmeno dire se il nome di Glo sarebbe stato ricordato dalla nazione che gli avrebbe dovuto una nuova patria su un altro mondo. Non era giusto che fosse andata così.
La visione della flotta di migrazione che atterrava su Sopramondo riacutizzò la glaciale eccitazione in cui Toller viveva da giorni. Era rimasto preso così a lungo nella morsa della sua stessa volontà, dedicandosi esclusivamente e totalmente a superare la selezione per la prima missione interplanetaria, che aveva in qualche modo perso di vista la stupefacente realtà. La sua impazienza aveva talmente rallentato il ritmo del tempo che aveva inconsciamente cominciato a credere che la sua meta sarebbe rimasta per sempre a balenare davanti a lui, tremolante e inaccessibile come un miraggio. E ora, con scioccante repentinità, il presente coincideva con il futuro.
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