Bob Shaw - Sfida al cielo

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Sfida al cielo: краткое содержание, описание и аннотация

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Un pianeta su cui si è sviluppata una società avventurosa ma arretrata, spinta da una grande sete di conoscenza ma dotata di una tecnologia elementare e proprio per questo ancora più eroica. Un ambiente duro e ostile da cui si può evadere solo fuggendo verso l’ignoto, nello spazio: sono le premesse da cui parte Bob Shaw per costruire un romanzo di avventure i cui protagonisti sono astronauti che volano su navi di legno ed esploratori dell’ignoto disposti a muoversi fra i mondi con poco più di una caravella. In condizioni simili non c’è da stupirsi che i pericoli del viaggio si moltiplichino per mille e le incognite dell’arrivo siano ancora più tremende. Ma cosa ha da perdere chi non ha nulla da perdere? Non è esagerato dire che in questa saga di un futuro “diverso” Shaw sia riuscito a darci tutti gli elementi di un originale racconto epico.

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Il carro si lasciò lentamente alle spalle i campi di grano e gli orti di Klinterden e cominciò a salire le pendici del Monte Pharote, finché arrivò a un punto in cui la strada moriva in un tappeto erboso, oltre il quale il terreno si alzava ripido tra nebbie che il sole non aveva ancora dissolto.

— Eccoci qui — disse giovialmente Gehate ad Hallie quando il veicolo si fermò scricchiolando. — Non vedo l’ora di vedere che cosa sarà in grado di fare questa tua strana bacchetta. Trenta iarde, dici?

Thessaro, un banchiere dal viso florido, aggrottò la fronte e scosse la testa. — Non istigare il ragazzo all’esibizionismo. Non è bene lanciare troppo presto.

— Ti accorgerai che sa il fatto suo — disse Dalacott una volta sceso dal carro con Hallie, guardandosi intorno. Il cielo era una cupola di brillantezza perlacea che sfumava in un blu pallido sopra di loro. Non c’erano stelle, e anche il grande disco di Sopramondo, visibile solo in parte, appariva pallido e diafano. Dalacott aveva dovuto viaggiare nel sud della provincia di Kail per andare a far visita alla famiglia di suo figlio, e a quelle latitudini Sopramondo era molto spostato a nord. Il clima era più temperato di quello della zona equatoriale di Kolcorron, e questo, combinato con una piccola notte molto più corta, faceva della regione una delle migliori zone agricole dell’impero.

— Abbondanza di ptertha — disse Gehate puntando un dito verso l’alto, dove si potevano vedere le macchioline violacee spostarsi nelle correnti d’aria che spiravano giù dalla montagna.

C’è sempre grande abbondanza di ptertha in questi giorni — commentò Ondobirtre, il terzo testimone. — Giurerei che sono in aumento, anche se dicono il contrario. Ho sentito che molti sono penetrati persino nel centro di Ro-Baccanta, qualche giorno fa.

Gehate scosse la testa sbuffando.— Non vanno dentro le città.

— Sto solo dicendo quello che ho sentito.

Sei troppo credulone, amico mio. Dai ascolto a troppe storie assurde.

— Non è il momento di bisticciare— intervenne Thessaro. — Questa è un’occasione importante. — Aprì il sacco di lino che aveva con sé e cominciò a contare sei bacchette da ptertha per Dalacott e per gli altri uomini.

— Non ne avrai bisogno, nonno — disse Hallie, con aria offesa. — Non mancherò un colpo.

— Questo lo so, Hallie, ma è l’usanza. Inoltre, qualcuno degli altri potrebbe avere bisogno di un po’ di esercizio. — Dalacott mise un braccio attorno alle spalle del ragazzo e camminò con lui verso l’imboccatura di un cunicolo formato da due alte reti. Strettamente legate e sostenute da pioli, correvano parallele attraverso il prato e arrivavano fino al pendio per scomparire poi nel soffitto nebbioso. Era il sistema tradizionale per guidare i ptertha giù dalla montagna a piccoli gruppi. I globi potevano facilmente sfuggire fluttuando verso l’alto, ma ce n’erano sempre alcuni che seguivano i cunicoli di quel genere fino in fondo, come se fossero creature senzienti motivate dalla curiosità. Simili stranezze di comportamento avevano fatto pensare, e molti lo pensavano ancora, che possedessero un qualche tipo d’intelligenza, sebbene Dalacott fosse sempre rimasto scettico data la loro assoluta mancanza di struttura interna.

— Adesso puoi lasciarmi, nonno — disse Hallie. — Sono pronto.

Molto bene, giovanotto. — Dalacott indietreggiò di una dozzina di passi e si fermò fianco a fianco con gli altri uomini. Era la prima volta che pensava a suo nipote come a qualcosa di più che un ragazzo, ma Hallie stava affrontando la sua prova con coraggio e dignità, e non sarebbe mai più stato lo stesso bambino che aveva giocato in giardino solo quella mattina. Si rese conto che a colazione aveva dato a Conna un’assicurazione fasulla e che lei sapeva fin troppo bene che non avrebbe mai riavuto il suo bambino. Era un’intuizione che Dalacott avrebbe dovuto annotare nel suo diario, quella sera. Anche alle mogli dei soldati era richiesto di passare delle prove, e il loro avversario era il tempo.

— Sapevo che non avremmo dovuto aspettare molto a lungo — sussurrò Ondobirtre.

Dalacott spostò la sua attenzione da suo nipote al muro di foschia all’estremità della recinzione. Nonostante la sua fiducia in Hallie, sentì uno spasmo di allarme quando vide che era apparsa una coppia di ptertha. I lividi globi, ciascuno di due iarde buone di diametro, si spostavano bassi con un movimento serpeggiante, e diventava difficile vederli chiaramente mentre si muovevano lungo il pendio in direzione della zona erbosa. Hallie, che aveva in mano una bacchetta a quattro lame, cambiò leggermente posizione e si preparò a lanciare.

“Non ancora” ordinò Dalacott mentalmente, ben sapendo che la presenza di due ptertha avrebbe reso più forte la tentazione di distruggerne uno prima possibile. La polvere che liberavano scoppiando diventava innocua quasi subito quando veniva a contatto con l’aria, quindi la distanza minima di sicurezza poteva essere anche solo di sei passi, secondo la direzione del vento. A quella distanza era praticamente impossibile mancare il colpo, il che significava che il ptertha non sarebbe stato un problema per un uomo capace di mantenersi freddo, ma Dalacott aveva visto novizi perdere improvvisamente le loro capacità di giudizio e di coordinazione. Alcuni subivano uno strano, affascinante e disarmante ipnotismo dalle sfere tremolanti, specialmente quando nell’avvicinare la loro preda cessavano di spostarsi a caso e la circondavano silenziosamente con propositi mortali.

I due globi che fluttuavano verso il ragazzo erano ormai a meno di trenta passi da lui, e scivolavano appena sopra l’erba cercando alla cieca da una rete all’altra. Hallie portò indietro il braccio destro, provò i movimenti del polso, ma non lanciò. Guardando la figura solitaria dalla schiena eretta che manteneva la sua posizione mentre il ptertha si faceva sempre più vicino, Dalacott provò un misto di fierezza, affetto e sacrosanta paura. Tenne pronta una delle sue bacchette e si preparò a lanciare. Hallie si avvicinò di più alla rete sulla sua sinistra, ancora con la prima bacchetta in mano.

— Vedi perché il piccolo demonio è in piedi? — mormorò Gehate. — Io credo che stia…

In quel momento il girovagare senza meta dei ptertha li portò a trovarsi insieme, uno dietro l’altro, e Hallie tirò. Le lame dell’arma cruciforme divennero sfocate mentre volavano dritte sul bersaglio, e un istante dopo i globi violacei non esistevano più.

Hallie divenne di nuovo un ragazzo, giusto il tempo necessario per fare un salto esultante nell’aria, poi riprese la sua posizione guardinga mentre un terzo ptertha emergeva dalla nebbia. Staccò un’altra bacchetta dalla cintura, e Dalacott vide che era l’arma Balliniana a forma di “Y”.

Gehate diede di gomito a Dalacott. — Il primo lancio è stato per te, ma penso che questo sarà a mio beneficio, per insegnarmi a tenere la bocca chiusa.

Hallie permise al globo di avvicinarsi a non più di trenta passi prima di fare il secondo lancio. L’arma volteggiò luccicando lungo il cunicolo come un uccello colorato, quasi senza abbassarsi, e stava appena cominciando a perdere stabilità quando colpì di taglio il ptertha e lo distrusse. Hallie, sorridente, si voltò verso gli uomini che lo osservavano e fece loro un elaborato inchino. Aveva ottenuto le tre vittorie necessarie, e con ciò era entrato ufficialmente nella fase adulta della sua vita.

— Il ragazzo ha avuto un po’ di fortuna questa volta, ma l’ha meritata — commentò Gehate senza risentimento. — Oderan sarebbe dovuto essere qui.

— Sì. — Dalacott, tormentato da emozioni contrastanti, si limitò a quella laconica risposta, e fu sollevato quando gli altri si allontanarono, Gehate e Thessaro per abbracciare Hallie, Ondobirtre per andare a prendere la rituale fiaschetta di brandy dalla carrozza. Il gruppo dei sei, incluso il cocchiere, si riunì di nuovo quando Ondobirtre distribuì minuscoli bicchieri emisferici dai bordi modellati irregolarmente che rappresentavano i ptertha sconfitti. Dalacott lanciò un’occhiata a suo nipote mentre assaggiava il suo primo sorso di liquore bruciante, e rimase divertito quando il ragazzo, che aveva appena sopraffatto un mortale nemico, fece una smorfia grottesca.

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