Un ruggito soffocato eruppe dalle gole di ottanta uomini e draghi, lacerando l’aria mattutina sopra le verdi alture di Nerat… Come se i Fili potessero udire quella sfida, pensò F’lar.
All’unisono, i draghi girarono le teste aguzze verso i loro piloti per ricevere le pietre focaie. Le grandi mascelle macerarono i pezzi di minerale, i frammenti vennero inghiottiti; gli animali chiesero altre pietre focaie. Entro il loro organismo gli acidi ribollivano, si preparavano le velenose fosfine. Quando i draghi avrebbero eruttato il gas, questo si sarebbe acceso a contatto dell’aria, in una fiamma devastante che avrebbe spazzato via i Fili dal cielo, li avrebbe arsi nel suolo.
Nel momento in cui i Fili incominciarono a cadere al di sopra delle spiagge di Nerat, l’istinto dei draghi prese il sopravvento.
Sebbene F’lar avesse sempre nutrito una sincera ammirazione per il suo compagno bronzeo, la sentì ingigantire nelle ore che seguirono. Battendo l’aria a grandi colpi d’ala, Mnementh si levò con l’alito fiammeggiante, incontro alla minaccia che calava dal cielo. I fumi, ricacciati indietro dal vento, soffocarono l’uomo, fino a quando questi decise di acquattarsi basso sul lato opposto del collo bronzeo. Il drago lanciò uno strillo, quando un Filo gli sfiorò la punta di un’ala. Immediatamente Mnementh e F’lar balzarono nel mezzo , freddo, sereno e nero. Il Filo, congelato, si frantumò. In un batter d’occhio, ritornarono ad affrontare la realtà dei Fili.
Attorno a sé, F’lar vide i draghi sparire nel mezzo e riapparire, lanciando fiamme, tuffarsi in picchiata e cabrare verso l’alto. Mentre l’attacco continuava e loro si spostavano al di sopra di Nerat, F’lar incominciò a riconoscere lo schema dei movimenti istintivi con cui i draghi schivavano e attaccavano. E anche i Fili avevano uno schema. Contrariamente a quanto aveva dedotto studiando le Cronache , i Fili cadevano a gruppi. Non come la pioggia, in rovesci continui e ininterrotti, ma come refoli di neve, spazzati all’improvviso qua e là; e mai in modo fluido, nonostante il loro nome.
All’improvviso, scorgevi una massa sopra di te. Allora il tuo drago saliva fiammeggiando. Provavi la gioia intensa di vedere quella massa raggrinzirsi, dal basso all’alto. Qualche volta, una massa riusciva a cadere nello spazio vuoto, in mezzo ai combattenti. Allora un drago segnalava che s’incaricava di seguirla, e si tuffava in picchiata, lanciando fiamme.
Gradualmente, i dragonieri si mossero al di sopra delle foreste pluviali, di un verde denso e invitante. F’lar rifiutò di pensare a ciò che sarebbe stato di quella terra lussureggiante, se anche un solo Filo fosse riuscito ad affondare nel suolo. Più tardi, avrebbe dovuto mandare una pattuglia a bassa quota, ad ispezionare ogni metro quadrato. Bastava un Filo, un Filo solo, per spegnere per sempre gli occhi d’avorio dei luminosi fiordivite.
Da qualche parte, sulla sua sinistra, un drago urlò. Prima che F’lar potesse identificarlo, s’era già rifugiato in mezzo. Udì altre grida di dolore, lanciate non solo dai draghi ma anche dagli uomini. Si concentrò, come facevano i draghi, sul presente immediato. Mnementh avrebbe ricordato, più tardi, quelle grida penetranti? F’lar si augurò che li dimenticasse, almeno in quel momento.
All’improvviso si sentì superfluo. Erano i draghi a combattere. Gli uomini incoraggiavano i loro animali, li confortavano quando i Fili li scottavano, ma dipendevano interamente dal loro istinto e dalla loro velocità.
Un fuoco ardente sgocciolò lungo la guancia di F’lar, penetrando come acido nella sua spalla… Dalle labbra gli eruppe un grido di sorpresa e di sofferenza. Misericordiosamente, Mnementh lo portò in mezzo. Il dragoniere lottò con le mani frenetiche contro i Fili, li sentì sbriciolarsi nel freddo intenso del mezzo, staccarsi spezzati. Disgustato, batté le mani sulle ferite che bruciavano ancora. Quando furono tornati nell’aria umida di Nerat, il bruciore parve calmarsi. Mnementh fece udire un mormorio di conforto, poi si tuffò in picchiata verso una massa di Fili, alitando fuoco.
F’lar esaminò frettolosamente le spalle del drago, cercandovi i segni delle possibili ustioni.
Sono molto veloce nelle schivate , gli disse Mnementh, allontanandosi da una massa di Fili pericolosamente vicina. Un drago marrone li seguì nella picchiata e ridusse i Fili in cenere.
Forse qualche attimo dopo, o forse qualche centinaio d’ore dopo, F’lar abbassò lo sguardo, sorpreso, sul mare illuminato dal sole. I Fili, adesso, cadevano innocui nell’acqua salata. Nerat era ad Est, sulla sua destra, e l’estremità rocciosa si incurvava verso occidente.
F’lar sentiva la stanchezza in ogni muscolo. Nell’eccitazione della battaglia frenetica, aveva dimenticato le ustioni sanguinanti sulla guancia e sulla spalla. Ma adesso, mentre Mnementh planava lentamente, le ferite dolevano e bruciavano.
Disse a Mnementh di salire; quando ebbero raggiunto una quota sufficiente, rimasero librati lassù. Non riuscì a scorgere Fili che scendessero verso la terra. Sotto di lui, i draghi volavano, a quote diverse, cercando ogni possibile traccia delle tane, spiando nel timore di scorgere alberi che crollassero all’improvviso o piante che si sgretolassero.
«Torniamo al Weyr,» ordinò a Mnementh con un pesante sospiro. Udì il bronzeo trasmettere il comando agli altri, e nello stesso istante si ritrovò nel mezzo. Era così stanco che non visualizzò neppure il luogo, e tanto meno il tempo, affidandosi all’istinto del drago perché lo riportasse a casa attraverso il tempo e lo spazio.
Onora quelli che tengono i draghi
nel pensiero e nell’opera in favore.
Interi mondi son salvi o perduti,
e ciò dipende dal loro valore.
La testa levata verso la Pietra della Stella sul Picco di Benden, Lessa, dal cornicione, seguì i quattro squadroni con gli occhi, fino a quando sparirono.
Sospirando profondamente per quietare le sue paure, scese correndo le scale, verso il fondo del Weyr di Benden. Notò che qualcuno stava accendendo un fuoco accanto al lago, e che Manora già impartiva ordini alle donne, con voce chiara ma tranquilla.
Il vecchio C’gan aveva fatto schierare gli allievi. Scorse le occhiate invidiose dei nuovi dragonieri, affacciati alle finestre delle caserme. Avrebbero avuto tutto il tempo di cavalcare anche loro un drago fiammeggiante. F’lar aveva fatto capire che sarebbero trascorsi parecchi Giri, prima che gli attacchi dei Fili terminassero.
Lessa rabbrividì quando si avvicinò agli allievi, ma riuscì a rivolgere loro un sorriso. Riferì gli ordini, e li mandò ad avvertire le Fortezze, dopo aver controllato rapidamente con ogni drago, per accertare che i dragonieri avessero dati punti di riferimento ben chiari. Ben presto, le Fortezze avrebbero cominciato a ribollire.
Canth le disse che c’erano i Fili anche a Keroon: cadevano sulla parte della Baia di Nerat più vicina a Keroon. Le disse che secondo F’nor non sarebbero bastati due squadroni per proteggere gli ampi pascoli.
Lessa si fermò di colpo, cercando di calcolare quanti squadroni erano già usciti.
Lo squadrone di K’net è ancora qui , l’informò Ramoth in quel momento. Sul Picco.
Lessa alzò lo sguardo e vide il bronzeo Piyanth spiegare le ali in segno di risposta. Gli disse di recarsi in mezzo a Keroon, nei pressi della Baia di Nerat. Prontamente, l’intero squadrone si levò in volo, poi scomparve.
Lei si volse, con un sospiro, a dire qualcosa a Manora, quando una raffica di vento ed un orrendo fetore la fecero vacillare. Sopra il Weyr, l’aria era piena di draghi. Stava per chiedere a Piyanth perché non era andato a Keroon quando si accorse che lassù c’erano molti più draghi, in volo, dei venti dello squadrone di K’net.
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