«Sembra che quell’uomo si diverta a mandare brutte notizie,» osservò Lessa, quando F’lar passò a lei la pergamena.
«È sempre pessimista,» ammise F’nor. Era stato lui a portare il messaggio. «Quel bambino mi fa pena, sempre a contatto con un individuo così tetro.»
Lessa fissò il cavaliere marrone aggrottando la fronte. Si irritava ancora ogni volta che sentiva parlare del figlio di Gemma, ora Signore della Fortezza che era appartenuta ai suoi antenati. Eppure… poiché involontariamente aveva causato la morte della madre del piccino, e poiché non poteva essere nello stesso tempo Dama del Weyr e Signore di una Fortezza, era giusto che Jaxom, il figlio di Gemma, fosse il Signore di Ruatha.
«Io, comunque,» osservò F’lar, «gli sono grato per i suoi avvertimenti. Sospettavo che prima o poi Meron avrebbe ricominciato a creare fastidi.»
«Ha gli occhi sfuggenti, come Fax,» commentò Lessa.
«Occhi sfuggenti o no, è molto pericoloso,» rispose F’lar. «E non posso permettere che continui a spargere la voce che noi scegliamo apposta uomini del Sangue per indebolire le Casate.»
«Comunque, abbiamo scelto più figli di artigiani che figli di Signori,» sbuffò F’nor.
«A me non va che continui a ripetere che i Fili non sono comparsi,» fece cupamente Lessa.
F’lar scrollò le spalle.
«Appariranno a tempo debito. Per fortuna, il clima si è mantenuto freddo. Quando migliorerà e farà più caldo, e i Fili continueranno a non farsi vedere, allora mi preoccuperò.» Sorrise a Lessa, per ricordare la promessa che gli aveva fatto.
F’nor si schiarì la gola e distolse lo sguardo.
«Comunque,» proseguì il Comandante del Weyr in tono energico, «posso fare qualcosa per quanto riguarda l’altra accusa.»
Perciò, quando fu chiaro che le uova erano ormai sul punto di schiudersi, F’lar infranse un’altra tradizione antichissima, e mandò i cavalieri a prelevare, nelle Fortezze e nei quartieri degli artigiani, i padri dei giovani candidati.
La grande Caverna della Schiusa sembrava quasi piena. Gli abitanti del Weyr e gli ospiti venuti dalle Fortezze assistevano alla scena dai ripiani elevati, a una certa distanza dal Terreno surriscaldato. Questa volta, osservò Lessa, non c’era più una atmosfera di paura. I giovani candidati erano tesi, questo sì, ma non atterriti alla vista delle uova che ondeggiavano e si scheggiavano. Quando i piccoli draghi, dai movimenti ancora mal coordinati, inciampavano goffamente (e a Lessa sembrò che si guardassero volutamente intorno, scrutando i volti ansiosi dei ragazzi come se avessero già ricevuto un pre-Apprendimento), i giovani o si facevano da parte o avanzavano premurosi, mentre il drago pigolante faceva la sua scelta. Gli Apprendimenti si compirono rapidamente, e non vi furono incidenti. Anche troppo presto, pensò Lessa, il trionfale corteo di draghetti barcollanti e di nuovi, fierissimi cavalieri uscì ondeggiando dal Terreno della Schiusa per raggiungere le caserme.
La giovane regina uscì dal guscio e si avviò senza sbagliare verso Kylara, che stava ritta, fiduciosa, sulla sabbia calda. I draghi che assistevano alla scena mormorarono la loro approvazione.
«È finito troppo presto,» disse quella sera Lessa a F’lar, in tono deluso.
Lui rise indulgente, concedendosi una rara serata di quiete, dopo che un’altra fase del suo piano si era realizzata secondo le previsioni. Gli ospiti delle Fortezze erano stati riportati a casa, abbagliati e storditi, molto impressionati a loro volta dal Weyr e dal Comandante del Weyr.
«È perché questa volta tu stavi a guardare,» osservò F’lar, scostandosi dalla fronte una ciocca di capelli neri che gl’impediva di guardare il profilo di Lessa. Rise di nuovo. «Penso avrai notato che Naton…»
«N’ton,» lo corresse lei.
«Giusto, N’ton… Ha compiuto lo Schema di Apprendimento di un bronzeo.»
«Esattamente come tu avevi predetto,» rispose lei, con una sfumatura di asprezza.
«E Kylara è la Dama del Weyr di Pridith.»
Lessa non rispose a quell’ultima frase, e fece del suo meglio per ignorare la risata di lui.
«Chissà con quale bronzeo farà il volo nuziale,» mormorò F’lar, sottovoce.
«Sarà meglio per tutti se si tratterà di Orth, il drago di T’bor,» fece Lessa, stizzita.
F’lar le rispose nell’unico modo in cui poteva rispondere un uomo saggio.
Crepita, polvere, polvere nera,
vola nell’aria gelida e smossa,
venuta dallo Spazio, persa polvere
della nuda Stella Rossa.
Lessa si svegliò all’improvviso; la testa le doleva, la bocca era arida, la vista confusa. Ricordò immediatamente un incubo terribile che, con la stessa rapidità, svanì dal suo ricordo. Si scostò i capelli dal volto e notò, stupita, che il suo corpo era madido di sudore.
«F’lar?» chiamò, con voce incerta. Evidentemente, lui si era alzato prima. «F’lar,» chiamò di nuovo, più forte.
Sta arrivando , l’informò Mnementh. Lessa sentì che il drago stava atterrando sul cornicione in quel momento. Stabilì un contatto con Ramoth e si accorse che anche la regina era stata turbata da sogni informi e spaventosi: si svegliò per qualche attimo e poi tornò a piombare in un sonno profondo.
Sconvolta da vaghe paure, Lessa si alzò e si vestì, dimenticando di fare il bagno per la prima volta da quando era arrivata al Weyr.
Si avvicinò al pozzo di servizio e ordinò la colazione, e poi, mentre aspettava, si intrecciò i capelli con dita esperte.
Il vassoio apparve sulla piattaforma proprio nel momento in cui entrava F’lar, che continuava a voltarsi indietro per lanciare lunghe occhiate a Ramoth.
«Che cosa le ha preso?»
«Sta riecheggiando il mio incubo. Mi sono svegliata immersa in un sudore freddo.»
«Dormivi piuttosto tranquilla quando me ne sono andato per assegnare i servizi di pattugliamento. Sai, questi giovani draghi crescono in fretta, e sono già capaci di fare qualche volo non troppo lungo. Non fanno altro che mangiare e dormire, e…»
«… ed è così che un drago cresce,» finì Lessa. Sorseggiò pensierosa il klah caldo e fumante. «Sarai molto prudente nell’istruirli, non è vero?»
«Per impedire che volino in mezzo nel tempo inavvertitamente, vuoi dire? Certo,» assicurò F’lar. «Non voglio vedere cavalieri che, per vincere la noia, si divertono a passare irresponsabilmente da un tempo all’altro.» E le lanciò una lunga occhiata severa.
«Beh, non è stata colpa mia se nessuno mi ha insegnato a volare abbastanza presto,» rispose lei, con il tono dolce che adoperava quando era d’umore particolarmente malizioso. «Se fossi stata istruita a partire dal giorno dell’Apprendimento fino a quello del mio primo volo, non avrei mai scoperto quel trucco.»
«Questo è vero,» ammise F’lar solennemente.
«Vedi, F’lar, se l’ho scoperto io, deve averlo scoperto anche qualcun altro, e qualcun altro può scoprirlo. Se pure non l’hanno già fatto.»
F’lar bevve, facendo una smorfia quando il klah bollente gli scottò la lingua.
«Non so in che modo potrò riuscire a saperlo. Saremmo due sciocchi, se credessimo di essere stati i primi. In fondo, si tratta di una facoltà che è innata nei draghi, altrimenti non ci saresti mai riuscita.»
Lessa aggrottò la fronte, trasse un profondo respiro, poi alzò le spalle.
«Continua,» l’incoraggiò F’lar.
«Ecco, non è possibile che la nostra convinzione circa l’imminenza della caduta dei Fili derivi dal fatto che uno di noi è tornato indietro nel tempo, in un periodo in cui i Fili sono caduti veramente? Voglio dire…»
«Mia cara ragazza, abbiamo analizzato tutti i pensieri e tutte le parole… persino il tuo sogno di questa mattina ti ha sconvolto, anche se indubbiamente era dovuto a tutto il vino che hai bevuto ieri sera… E ormai non saremmo più in grado di riconoscere un vero presentimento, neppure se venisse a prenderci a schiaffi.»
Читать дальше