Marion Bradley - La torre proibita

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Darkover è un pianeta gelido e ostile, illuminato da un fioco sole rosso-sangue, su cui hanno fatto naufragio, agli inizi del volo interstellare, alcuni coloni terrestri. Col passare degli anni gli abitanti di Darkover hanno imparato a usare le “pietre matrici” per sviluppare i loro poteri psi, e sul pianeta si è formata una cultura di tipo feudale basata sull’uso delle matrici. Queste pietre, tenute in torri austere e isolate, sono oggetto di un rituale mistico: solo le Custodi, donne che hanno fatto voto di castità, hanno il diritto di adoperarle. Contrapposta alla cultura dei “clan” di Darkover, si trova la civiltà dei terrestri, i quali, dopo vari millenni, hanno riscoperto il pianeta, e vorrebbero portare ai suoi abitanti risorse tecnologiche e armi più moderne. Ma i fanatici guardiani che proteggono la verginità delle Custodi vigilano affinché il pianeta del sole rosso non cada sotto l’influenza dei materialistici terrestri.
La torre proibita è la storia di due uomini e due donne che hanno osato sfidare il potere dei guardiani e la tradizione delle Torri.
Nominato per il premio Hugo per il miglior romanzo in 1978.

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CAPITOLO DICIOTTESIMO

Era una mattinata grigia: il sole era nascosto dietro banchi di nebbia, e folate di nevischio turbinavano intorno alle alture, quando il corteo funebre si avviò verso nord, partendo da Thendara, per portare Domenic Lanart-Alton all’estremo riposo, accanto ai progenitori dei Comyn. Il rhu fead di Hali, il luogo sacro ai Comyn, si trovava a un’ora di cavalcata verso nord da Castel Comyn, e tutti i nobili e le dame che erano giunti al Consiglio negli ultimi tre giorni si erano uniti al corteo per rendere onore all’erede degli Alton, ucciso così giovane per un tragico incidente.

C’erano tutti, tranne Esteban Lanart-Alton. Andrew, che cavalcava insieme a Cathal Lindir e al giovane Valdir, ricordò la scena che era accaduta quel mattino quando Ferrika, chiamata dal vecchio per somministrargli qualcosa che gli desse la forza di affrontare il viaggio, aveva rifiutato recisamente.

— Non sei in condizioni di viaggiare, vai dom , neppure in lettiga. Se accompagnerai tuo figlio alla tomba, giacerai accanto a lui prima che siano trascorsi dieci giorni. — Poi aveva aggiunto, più dolcemente: — Non puoi fare più nulla per quel povero ragazzo, nobile Alton. Adesso dobbiamo occuparci di te.

Il vecchio si era infuriato tanto che Callista, convocata in tutta fretta, aveva temuto che quella collera precipitasse la disgrazia paventata da Ferrika. Aveva cercato di trovare un compromesso, chiedendo: — Possibile che viaggiare gli faccia più male di questa crisi?

— Non mi arrenderò alle decisioni di una donna! — aveva urlato Dom Esteban. — Mandate a chiamare il mio valletto e andatevene! Dezi… — Si era rivolto al ragazzo, per chiedere il suo appoggio, e quello aveva detto, arrossendo: — Se tu andrai, zio, verrò con te.

Ma Ferrika era sgattaiolata via, e poco dopo era tornata con mastro Nicol, l’ufficiale ospitaliero delle Guardie. L’uomo aveva tastato il polso di Dom Esteban, gli aveva abbassato le palpebre per scrutare le venuzze degli occhi, e poi aveva detto, seccamente: — Mio signore, se oggi esci di qui, molto probabilmente non tornerai. Ci sono altri che possono seppellire il morto. Il tuo erede non è stato neppure accettato formalmente dal Consiglio, e comunque è solo un ragazzo di quattordici anni. Il tuo dovere, vai dom , è di risparmiare le forze fino a quando Valdir sarà diventato uomo. Per rendere un ultimo omaggio sentimentale al figlio morto, vuoi rischiare di lasciare senza padre il figlio vivo?

Di fronte a quelle verità sgradevoli non c’era nulla da dire. Sgomento, Dom Esteban aveva lasciato che mastro Nicol lo rimettesse a letto. Aveva stretto la mano di Dezi, e il ragazzo era rimasto docilmente al suo fianco.

Ora, mentre cavalcava verso Hali, Andrew ricordava le visite di condoglianza e le lunghe conversazioni con gli altri membri del Consiglio, che avevano sfinito il vecchio Dom Esteban. Anche se fosse sopravvissuto all’imminente sessione del Consiglio e al viaggio di ritorno a casa, sarebbe riuscito a vivere fino a quando Valdir fosse stato proclamato uomo malgrado la giovane età? E come avrebbe potuto, un ragazzo di quindici anni, districarsi fra i complicati intrighi politici del dominio? Sarebbe stato certamente molto difficile per quel ragazzo erudito, che aveva vissuto un’esistenza protetta e isolata tra le mura di un monastero.

Valdir procedeva alla testa del corteo, nelle scure vesti da lutto, pallidissimo. Accanto a lui cavalcava il suo amico giurato, Valentine Aillard, che l’aveva accompagnato da Nevarsin: era un ragazzo alto e robusto, con i capelli così biondi da sembrare bianchi. I due avevano l’aria solenne, ma non sembravano profondamente addolorati. Nessuno di loro aveva vissuto abbastanza a lungo insieme a Domenic per soffrire veramente.

Sulle rive del lago di Hali, dove — secondo la leggenda — Hastur, figlio della Luce, era disceso su Darkover, il corpo di Domenic venne deposto in una tomba senza lapide, come imponeva la tradizione. Callista si appoggiò a Andrew, mentre stavano accanto alla tomba aperta, e il terrestre captò il pensiero di lei: Non importa dove giace: è andato altrove. Ma per mio padre sarebbe stato un conforto, se fosse stato sepolto ad Armida.

Andrew girò lo sguardo sul cimitero e rabbrividì. Sotto i suoi piedi riposavano i resti mortali di innumerevoli generazioni di Comyn, e nulla indicava dove giacessero se non le irregolarità del suolo, sollevato dai disgeli primaverili e dalle nevicate invernali. Anche i suoi figli e le sue figlie sarebbero stati sepolti così? Anche lui, un giorno, sarebbe stato portato lì, all’ultimo riposo, sotto quel sole estraneo?

Valdir, come parente più stretto, fu il primo ad accostarsi alla tomba. Aveva una voce acuta e infantile, e parlava in tono esitante.

— Quando avevo cinque anni, mio fratello Domenic mi ha sollevato dalla groppa del mio pony e ha dichiarato che dovevo avere un cavallo adatto a un uomo. Mi ha condotto alle scuderie e ha aiutato il coridom a scegliermi un cavallo docile. Che questo ricordo allevii il dolore.

Indietreggiò, e Valentine Aillard prese il suo posto. — Durante il mio primo anno a Nevarsin mi sentivo solo e infelice, come tutti i ragazzi: anzi di più perché non avevo né madre né fratelli viventi, e mia sorella era in adozione, molto lontano. Domenic era venuto a far visita a Valdir. Mi ha condotto in città e mi ha comprato doni e dolciumi, perché avessi quello che avevano gli altri ragazzi dopo una visita dei parenti. Quando inviava regali a Valdir, per la festa del solstizio d’inverno, mandava un regalo anche per me. Che questo ricordo allevii il dolore.

Uno dopo l’altro, i componenti del corteo funebre si fecero avanti: ognuno aveva un ricordo o un tributo per colui che giaceva nella tomba. Cathal Lindir tacque a lungo, reprimendo i singhiozzi, e infine proruppe: — Eravamo bredin. L’amavo. — Poi indietreggiò, nascondendosi tra la folla, incapace di pronunciare la formula rituale. Callista, prendendo il suo posto accanto alla fossa, disse: — Era l’unico della mia famiglia per il quale io non fossi… non fossi una persona diversa, straniata. Anche quando ero ad Arilinn, e tutti gli altri parenti mi trattavano come un’estranea, Domenic era sempre lo stesso, con me. Che questo ricordo allevii il dolore. — Avrebbe desiderato che fosse presente Ellemir, ad ascoltare quei tributi al suo fratello prediletto. Ma Ellemir aveva deciso di restare col padre. Non si poteva fare più nulla per Domenic, aveva detto, ma suo padre aveva bisogno di lei.

Andrew si accostò a sua volta alla tomba. — Io sono giunto ad Armida come uno straniero. Domenic è stato al mio fianco al momento delle mie nozze, poiché non avevo parenti. — E quando concluse «Che questo ricordo allevii il dolore», si rammaricò di aver avuto così poco tempo per conoscere il giovane cognato.

A quanto pareva, ogni nobile e ogni dama dei Comyn che aveva accompagnato Domenic alla tomba aveva qualche gesto di bontà o qualche piacevole incontro da riferire in memoria del defunto. Lorenz Ridenow — che, come Andrew sapeva benissimo, aveva tramato per togliere a Domenic il comando delle Guardie col pretesto della sua estrema giovinezza — dichiarò che il giovane si era dimostrato competente e modesto nell’esercizio della sua autorità. Danvan Hastur, un uomo basso e robusto, con i capelli d’argento dorato e gli occhi grigi, maestro dei Cadetti nelle Guardie, ricordò che il giovane comandante aveva interceduto per la vittima di un crudele scherzo tra i Cadetti. Damon, che era stato maestro di Domenic quando il ragazzo, a quattordici anni, era entrato nei Cadetti, ricordò che nonostante la gaiezza e la voglia di scherzare non aveva mai pronunciato una frase cattiva o giocato tiri crudeli. Andrew comprese, con una fitta dolorosa, che molti avrebbero sentito la mancanza di Domenic. Sarebbe stato difficile per Valdir prendere il posto di un giovane tanto amato e rispettato.

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