«Anche “Sybil”» intervenne l’interessata.
«Certo, Egret» disse Kate. «Vuoi riprendere il tuo nome?»
«No. È bello che Alec e Marga ci chiamino con nomi che nessun altro conosce!»
«Un minuto» chiesi io. «La prima volta che ci siamo visti, tutt’e tre rispondevate a questi nomi come se fossero i vostri.»
«Io e Rahab siamo abituate a queste recitazioni estemporanee» disse Sybil-Egret. «Non sapevano di essere adoratori del fuoco finché non l’ho lasciato cadere nella conversazione. E io non sapevo di essere una strega finché non me l’hanno detto. Anche Israfail è sveglio in queste cose. Ma lui ha avuto più tempo di noi per prepararsi.»
«Quindi, siamo stati presi in giro senza neanche accorgercene. Come se arrivassimo dalla campagna.»
«Alec» mi disse Kate, con sincerità «se Lucifero fa una cosa, è perché ha un buon motivo, anche se non dà spiegazioni. Ma lo fa sempre a fin di bene, ti assicuro.»
Stavamo prendendo il sole in piscina, quando Jerry fece ritorno all’improvviso. Mi disse immediatamente, senza neppure fermarsi a parlare con Kate: «Vestiti. Partiamo subito».
Kate corse a prendermi gli abiti, e le ragazze mi vestirono con la rapidità con cui un pompiere risponde a un allarme. Kate mi infilò il rasoio nel taschino e mi abbottonò. Io esclamai: «Sono pronto!»
«Il manoscritto.»
Kate corse a prenderlo e lo portò subito.
In quel breve tempo, Jerry era arrivato alla statura di quattro metri… ed era cambiato. Era sempre Jerry, ma ora capii perché Lucifero fosse noto come il più bello di tutti gli angeli. «Arrivederci» disse. «Rahab, mi metto in contatto appena posso.» E fece per sollevarmi.
«Aspetta! Io ed Egret dobbiamo salutarlo!»
«Ah. In fretta, mi raccomando!»
Entrambe mi abbracciarono per un istante, una per parte, e mi diedero un bacio sulla guancia. Poi Jerry mi sollevò come un bambino e s’innalzò. Colsi la forma del Sans Souci, il Palazzo e la Piazza, poi il fumo e le fiamme del Pozzo. Uscimmo da quel mondo.
Non so quanto sia durato il viaggio. Fu come l’interminabile caduta all’inferno, ma questa volta ero sorretto da Jerry. Mi parve di essere tornato bambino e di essere in braccio a mio padre, quando avevo pochi anni e lui, dopo cena, mi prendeva e mi teneva finché non mi addormentavo.
Suppongo di essermi addormentato. Dopo un tempo lunghissimo, sentii che Jerry atterrava. Mi posò a terra.
Nel posto dove ci trovavamo c’era la forza di gravità: “su” e “giù” tornavano ad avere senso. Ma non credo che si trattasse di un pianeta. Vedevo unicamente il marciapiedi o il porticato di un immenso edificio, e tutt’attorno si scorgeva solo una nebbia.
Jerry disse: «Sei a posto?»
«Sì, certo.»
«Allora, ascolta attentamente. Ti porto a vedere… no, ti porto a farti vedere… da un Arconte: un’Entità che sta a me e a mio fratello Yahweh come il tuo Dio Yahweh sta a te. Capito?»
«Più o meno.»
« A sta a B come B sta a C. Per questa Entità, Yahweh è come un bambino che costruisce un castello di sabbia e poi lo distrugge in un momento di irritazione infantile. Per lui, anch’io sono un bambino. Per me, lui è come per te la trinità di Padre, Figliolo e Spirito Santo. Io non lo venero come un dio, perché lui non chiede, né si aspetta, né vuole questo genere di adulazioni. Anzi, Yahweh è forse il solo dio che ha questo genere di vizio… almeno, non conosco altri luoghi dove si pratichi l’adorazione degli dèi. Ma ammetto di essere giovane e di non avere viaggiato molto.»
Mentre mi parlava, Jerry mi guardava con attenzione. Aggrottò le sopracciglia. «Alec, forse mi posso spiegare con un’analogia. Quando eri piccolo, hai mai portato un animale dal veterinario?»
«Sì. Non mi piaceva farlo, perché gli animali avevano paura.»
«E, infatti, la cosa non piace neanche a me. Be’, allora sai cosa significa portare dal veterinario un animale ferito. Occorre aspettare mentre lui si chiede se l’animale ha possibilità di guarire o se è meglio fargli un’iniezione perché non soffra più. Capisci?»
«Sì, Jerry. Intendi dirmi che ci sono dei rischi.»
«Molti rischi. Non è mai successa una cosa simile. Un essere umano non è mai stato portato fino a questo livello. Non so cosa farà lui. »
«Va bene. Già sapevo che ci sarebbero stati dei rischi.»
«Sì. Tu sei in grave pericolo. E così io, anche se il mio rischio è inferiore al tuo. Ma, Alec, posso assicurarti che se deciderà di estinguerti, tu non lo saprai mai. Non è un dio sadico.»
«Com’è fatto?»
«Uh… se decide di incarnarsi, probabilmente avrà aspetto umano. In tal caso potrai chiamarlo “signor presidente” o “signor Koshchei”. Trattalo come se fosse un uomo più anziano di te, a cui devi un grande rispetto. Non inchinarti, non adorarlo o simili. Sii te stesso e digli sempre il vero. Se muori, cerca di morire con dignità.»
La guardia che ci fermò alla porta non era umana… finché non la guardai di nuovo e non mi accorsi che era umana. Questo dà idea dell’impalpabilità di tutto quello che vidi nel luogo che Jerry chiamò “La succursale locale”.
La guardia mi disse: «Togliti tutto, per favore. Lascia a me gli abiti; potrai prenderli all’uscita. Cos’è quell’oggetto metallico?»
Gli spiegai che era solo un rasoio.
«E a cosa serve?»
«È… una lametta per togliermi il pelo dalla faccia.»
«Se poi te lo devi togliere, perché te lo fai crescere? O è qualcosa che ha valore economico?»
«Me ne occupo io» mi disse Jerry. Suppongo che parlasse alla guardia, ma non sentii niente. «Dagli anche il rasoio» mi disse poi. «Secondo lui, tu devi essere un po’ pazzo, ma, se è solo per questo, giudica pazzo anche me…»
Quando lo vidi, il signor Koshchei mi parve il gemello del dottor Simmons, il veterinario della mia infanzia a cui portavo cani, gatti e, una volta, perfino un tartaruga. E il suo ufficio era uguale a quello che ricordavo, fino alla vecchia scrivania di famiglia.
Capii che non aveva assunto quell’aspetto per ingannarmi, ma per tranquillizzarmi. Anche il dottor Simmons prendeva in mano gli animaletti e li accarezzava a lungo per calmarli, prima di prestargli le cure, talvolta sgradevoli e dolorose, occorrenti per guarirli.
E la cosa funzionò anche su di me, perché non ebbi paura di lui. Quando entrammo, il signor Koshchei si girò verso di noi. Rivolse un cenno a Jerry, mi diede un’occhiata. «Accomodatevi.»
Ci sedemmo sulla panca. Koshchei si avvicinò alla scrivania, sul cui ripiano c’era il mio manoscritto. Lo prese e raddrizzò alcuni fogli. Poi lo posò. «Come vanno le cose nella tua contea, Lucifero? Qualche problema?»
«No, signore. Le solite proteste per la circolazione dell’aria, ma sto già provvedendo.»
«Vuoi regnare tu sulla terra, questo nuovo millennio?»
«Non l’ha già prenotata mio fratello?»
«Yahweh l’ha prenotata, sì… ha dichiarato la fine del tempo e l’ha demolita. Ma io non sono tenuto a lasciarlo ricostruire. La vuoi tu? Rispondimi.»
«Signore, preferirei ricominciare con materiale mai usato in precedenza.»
«Tutti voi Artisti preferite partire ogni volta da zero. Senza pensare al costo aggiuntivo, naturalmente. Potrei assegnarti la terra per alcuni cicli. Cosa mi dici?»
Jerry rifletté prima di rispondere. «Devo rimettere la cosa al suo giudizio, signor presidente.»
«Esattamente. Devi lasciare la cosa a me. Perciò, ne riparleremo. Perché ti sei interessato di questa creatura di tuo fratello?»
Penso di essermi addormentato, perché vedevo un cortile dove giocavano cuccioli e gattini… e naturalmente laggiù non c’era niente di tutto questo. Sentii Jerry dire: «Signor presidente, quasi tutto ciò che riguarda le creature umane è insignificante, tranne la loro capacità di soffrire e di morire con coraggio per le cose che amano o per quelle in cui credono. La validità delle loro convinzioni, la correttezza del loro amore sono irrilevanti: quel che conta è il coraggio che dimostrano. È una caratteristica unicamente umana, indipendente dal loro creatore, il quale non la possiede affatto… come del resto non la posseggo neppure io.
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