— Immagino che vostro padre fosse venuto qui… Oh, santo cielo!…
Si aggrappò alla ringhiera trattenendo il fiato. — Temevo che mancasse l’appiglio.
— Niente paura. Quello è Marco Fore. È uno dei suoi trucchi, afferrare l’appiglio all’ultimo momento. A dire il vero adesso non è molto in forma, e un vero campione non ricorre a questi giochetti. Però… Mio padre aveva ventidue anni quando venne sulla Luna.
— Immagino che sia l’età migliore. Ancora abbastanza giovani per adattarsi al nuovo ambiente e non avere troppi legami sentimentali con la Terra. Dal punto di vista del maschio terrestre medio, credo che sia eccitante avere dei rapporti sessuali con…
— Rapporti sessuali? — l’espressione divertita di Selene nascondeva male il disgusto. — Non penserete che mio padre abbia avuto rapporti sessuali con mia madre! Se mia madre vi sentisse, vi farebbe correre!
— Ma…
— Fecondazione artificiale per grazia del cielo! Sesso con un Terrestre?
— Non dicevate che non esistono discriminazioni?
— Non si tratta di discriminazioni, ma di realtà fisica. Un Terrestre non riesce ad adattarsi del tutto all’attrazione gravitazionale. Per quanto esperto, nell’impeto della passione potrebbe tornare ai gesti cui è abituato. È un rischio che non mi piacerebbe correre. Nella confusione, ci potrebbe scappare un braccio o una gamba rotta. La mescolanza dei geni è una cosa, il sesso un’altra.
— Scusate, ma la fecondazione artificiale non è proibita dalla legge?
Fissando con sguardo assorto gli atleti, lei disse: — Ecco di nuovo Marco Fore. Quando non vuole strafare, è davvero in gamba, e sua sorella è brava come lui. A vederli lavorare insieme sono un poema d’armonia e di sincronismo. Lui a volte esagera un po’, ma ha un perfetto controllo dei muscoli… Sì, la fecondazione artificiale è vietata dalle leggi terrestri, ma è permessa quando sia necessaria per motivi clinici, il che, non occorre dirlo: è sempre il caso in questione.
Tutti gli acrobati erano saliti sulla sommità del pozzo e s’erano disposti in cerchio appena sotto il parapetto, i rossi da una parte e i blu dall’altra. Una piccola folla plaudente si era raggruppata attorno alla ringhiera.
— Dovreste mettere dei posti a sedere — osservò il Terrestre.
— Perché? Questo non è uno spettacolo, ma un esercizio fisico. Se a qualcuno interessa guardare, può appoggiarsi al parapetto. Non è un posto da spettatori, questo, ma una palestra, e noi dovremmo essere nel pozzo e non fuori.
— Come? Anche voi fate questi esercizi, Selene?
— Certo, tutti i Lunariti li fanno, anche se in diversa misura. Io non ho mai fatto parte di nessuna squadra… Ecco, adesso ci sarà una gara di discesa collettiva, è l’esercizio più pericoloso. Ogni squadra deve cercare di mantenersi in aria il più possibile, cercando di far cadere gli avversari. Guardate!
Il rullio dei tamburi pareva adesso un rombo di tuono, e ciascun membro delle due squadre si staccò dagli appigli saettando come una freccia. Ci fu un momento di gran confusione a mezz’aria, ma, quando l’intreccio dei corpi si districò, ciascuno era saldamente ancorato a una sbarra. Ci fu un altro momento di tensione, nell’attesa, poi uno si lanciò e un secondo lo seguì e il centro del pozzo fu di nuovo un vorticare di corpi volanti. Il gioco si ripeté più volte.
— Le regole sono complesse — spiegò Selene. — Ogni lancio vale un punto e così pure ogni appiglio. Due punti di penalità se l’appiglio è mancato, dieci a chi atterra. Poi ci sono altri falli, penalizzati in modo vario.
— Chi segna i punti?
— Ci sono gli arbitri e comunque tutta la gara viene filmata, in caso di controversie. Ma anche così, a volte, è difficile decidere.
Il gioco si andava riscaldando. Il Terrestre rinunciò a cercare di dare un senso a tutte quelle piroette e a quei volteggi complicati. A volte un atleta mancava l’appiglio, altre, gli spettatori si sporgevano tanto che sembrava volessero gettarsi anche loro nel pozzo. Una volta un avversario afferrò Marco Fore per un polso e qualcuno gridò: — Fallo!
Fore mancò un appiglio e precipitò. Agli occhi del Terrestre, data la gravità lunare, la caduta sembrava lenta, e il corpo snello di Fore piroettava alla ricerca di una sbarra su cui fermarsi, ma senza riuscirci. Gli altri atleti erano fermi, forse perché le regole esigevano così, quando uno cadeva.
Fore scendeva velocemente, adesso, sebbene fosse riuscito a rallentare più volte, sfiorando una sbarra. Era ormai quasi sul fondo, quando, con mossa fulminea, allungò la gamba destra e riuscì ad afferrarsi a una traversa: rimase appeso, dondolando, a testa in giù a meno di tre metri da terra. Rimase così, a braccia spalancate, finché durò il lungo applauso tributatogli dal pubblico, poi si rigirò, si mise ritto sulla sbarra e riprese a salire.
— È stato un fallo? — domandò il Terrestre.
— Se Jean Wong gli ha davvero afferrato il polso invece di spingerlo, era fallo. Ho visto che l’arbitro l’ha segnato. Marco però è sceso più del necessario. Gli piace interrompere la caduta in extremis, e un giorno o l’altro finirà col farsi del male… Oh, oh!
Il Terrestre alzò di scatto la testa a guardare cos’avesse, ma Selene non badava a lui. — C’è qualcuno dell’ufficio del Commissario che vi cerca — disse.
— Ma come…
— Non vedo chi altri potrebbe cercare voi.
— Ma non c’è motivo.
Tuttavia il nuovo venuto, che era indubbiamente un Terrestre o un immigrato e che pareva a disagio in mezzo ai corpi nudi dei Lunariti, stava dirigendosi verso di lui.
— Signore — disse — il Commissario Gottstein vi prega di seguirmi…
L’alloggio di Barron Neville era meno elegante di quello di Selene. C’erano libri sparpagliati qua e là, il computer, personale, in mostra nel suo angolo, e un’ampia scrivania in disordine. Le finestre, infine, erano cieche.
Selene entrò, incrociando le braccia e disse: — Se vivi in un porcile, Barron, come puoi pretendere di avere le idee chiare e ordinate?
— Mi arrangio — rispose lui, brusco. — Come mai non hai portato con te il Terrestre?
— Il nuovo Commissario è arrivato prima di me.
— Gottstein?
— Sì. Ma tu, perché non ti sei fatto vivo prima?
— Le ricerche sono lunghe e complesse. Sai che non mi piace lavorare male.
— Be’, allora dovremo pazientare — commentò lei.
Neville si mordicchiò un’unghia, esaminò il risultato con molta attenzione, e poi disse: — Non so se la situazione dovrebbe piacermi, o no… Tu cosa ne pensi di quell’uomo?
— A me piace — dichiarò Selene in tono deciso. — È piuttosto simpatico, tenendo conto del fatto che è un Terragno. Si è lasciato guidare, ha dimostrato interesse, non ha espresso giudizi né si è dato arie di superiorità. E io mi sono comportata bene e ho evitato di insultarlo.
— Ha fatto altre domande sul sincrotrone?
— No, non ne aveva bisogno.
— Perché?
— Gli ho detto che tu volevi vederlo, e gli ho spiegato che sei un fisico. Quindi, suppongo che chiederà a te tutto quello che vuole sapere, quando vi vedrete.
— Non ti pare strano che abbia attaccato discorso proprio con una guida che ha un amico fisico?
— Perché strano? Gli ho detto che andiamo a letto insieme e non c’è niente di strano che a un fisico piaccia una guida turistica.
— Smettila, Selene.
— Oh, senti, Barron! Secondo me, se quel tizio aveva dei piani e se mi ha avvicinato allo scopo di poter arrivare fino a te, sarebbe stato teso, ansioso. Più un complotto è stupido e complicato, più i cospiratori sono tesi e ansiosi. Io ho fatto di tutto per comportarmi in modo normale. Gli ho parlato di tutto fuorché del sincrotrone. L’ho portato in palestra.
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