— Infatti.
— In seguito, però, le cose non vi andarono bene. Quando vi intervistammo… mi pare che vi foste presentato spontaneamente… lavoravate per una fabbrica di giocattoli.
— Cosmetici — corresse Denison con voce strozzata. — Cosmetici per uomini. Non era un lavoro che mi qualificasse.
— Già, purtroppo. Eravate un venditore.
— Direttore delle vendite. Ero sempre in gamba nel mio lavoro. Quando ho piantato tutto, ero vice presidente.
— C’entrò lo zampino di Hallam? Voglio dire col fatto che avevate abbandonato la ricerca scientifica.
— Commissario, vi prego! — esclamò Denison. — Sono cose che non hanno più la minima importanza. Io c’ero quando Hallam scoprì lo scambio del tungsteno ed ebbe inizio la catena di eventi che culminarono con la costruzione della Pompa Elettronica. Non saprei dirvi che cosa sarebbe successo, se non mi fossi trovato là in quel momento. Forse io e Hallam saremmo morti per avvelenamento da radiazioni nel giro di un mese o in un’esplosione atomica quindici giorni dopo. Non so. Invece, io ero là e, in parte per causa mia, Hallam è diventato quello che è adesso. E, a causa della parte da me avuta, io sono quello che sono adesso. Ma al diavolo i particolari. Siete soddisfatto? Spero di sì, perché non ho intenzione di dire altro.
— Sì, credo che mi basti. Dunque, allora avevate un certo risentimento nei confronti di Hallam?
— Certamente non gli ero affezionato a quel tempo. E non gli sono affezionato adesso, quanto a questo.
— Direste, quindi, che le vostre critiche alla Pompa Elettronica erano ispirate al desiderio di distruggere Hallam?
— Questo interrogatorio non mi piace — dichiarò Denison.
— Scusate. Tutto quanto stiamo dicendo resterà tra noi. Cerco di saperne di più, perché sono preoccupato per la Pompa e per certe altre faccende.
— Allora, se volete, pensate pure che io fossi emotivamente coinvolto. E che, perché detestavo Hallam, fossi disposto a credere che la sua grandezza e la sua popolarità avessero delle basi inconsistenti. E che studiassi la Pompa Elettronica nella speranza di trovarvi qualche punto debole.
— E quindi ne trovaste uno?
— No! — eslamò Denison, calando il pugno sul bracciolo della seggiola e spostandosi un poco in avanti per reazione. — Non “quindi”. Lo trovai perché c’era realmente… o così almeno pensavo. Potete star certo che non me lo inventai al solo scopo di denigrare Hallam.
— Non è questione di inventare , dottor Denison — obiettò Gottstein cercando di calmarlo. — Non mi sognerei mai di sottintendere una simile ipotesi. Però sappiamo tutti che quando si cerca di determinare qualcosa entro i confini del cognito, è necessario partire da determinati presupposti. I quali spaziano su un’area molto vasta di incertezze. Perciò si può andare in una direzione piuttosto che in un’altra, in tutta onestà ma secondo le… emozioni del momento. Sono certo che i vostri presupposti partivano dalla poca fiducia e dall’antipatia che nutrivate per Hallam.
— Questa è una discussione inutile. Commissario. All’epoca, secondo me, i miei presupposti partivano da una base valida. Però non sono un fisico. Sono, o meglio ero, un radiochimico.
— Anche Hallam lo era, il che non impedisce che oggi sia il più celebre fisico del mondo.
— Però continua a essere un radiochimico, e per di più in arretrato di venticinque anni.
— Con voi invece le cose sono andate diversamente. Ce l’avete messa tutta per diventare un buon fisico.
— Vedo che avete indagato a fondo su di me.
— Ve l’ho detto: mi avevate colpito. Ma passiamo ad altro. Conoscete un fisico che si chiama Peter Lamont?
— L’ho conosciuto tempo fa — ammise con riluttanza Denison.
— Lo giudicate brillante?
— Non lo conosco abbastanza per poterlo giudicare, e non voglio esprimere opinioni avventate.
— Ma direste che non è tipo da parlare a vanvera?
— A meno che non esistano prove contrarie, direi di no.
— Vi seccherebbe dirmi come avete conosciuto Lamont? Solo per sentito dire o di persona?
— Ho parlato alcune volte con lui, perché a quel tempo aveva intenzione di scrivere la storia della Pompa Elettronica. Il fatto che Lamont venisse da me mi lusingò… Al diavolo, Commissario, ero lusingato per il solo fatto che Lamont sapesse che esistevo! Ma non avevo molto da dirgli. A cosa sarebbe servito? Io non ci avrei guadagnato altro che scherni, e ne sono stufo, ormai, stufo di rimuginare sul passato, stufo di autocompassione!
— Sapete niente dell’attività di Lamont in questi ultimi anni?
— Dove volete andare a parare, Commissario? — domandò Denison, con cautela.
— Un anno fa, circa Lamont andò da Burt. Non lavoravo più per il senatore, all’epoca, ma ci vedevamo di tanto in tanto. Mi parlò della visita di Lamont. Era preoccupato. Secondo lui, Lamont aveva scoperto qualcosa di serio contro la Pompa, ma non riusciva ad approfondire la cosa. Anch’io me ne preoccupai.
— Quante preoccupazioni! — esclamò con sarcasmo Denison.
— Adesso però mi chiedo… se voi avete parlato con Lamont…
— Basta! Non una parola di più, Commissario. Vedo che state arrivando a un punto che io non voglio toccare. Se vi aspettate che vi dica che Lamont mi ha rubato l’idea, che una volta di più sono stato preso a calci, vi sbagliate. Torno a ripetervi che non avevo nessuna teoria valida, le mie erano solo supposizioni. C’era qualcosa che mi preoccupava, esposi quel reclamo, ne parlai, non fui creduto, mi persi d’animo e, poiché non avevo modo di dimostrare la validità della mia idea, rinunciai. Non ne accennai a Lamont, quando venne da me. Parlammo infatti solo delle origini della Pompa. Anche se le ipotesi che è arrivato a formulare in seguito avevano punti in comune con le mie, ci è arrivato per conto proprio. E si tratta di ipotesi solide, basate su solide analisi matematiche. Non rivendico nessuna precedenza. Nessuna.
— Mi pare che conosciate la teoria di Lamont.
— Se ne è parlato in questi ultimi mesi. Lui non l’ha potuta pubblicare e nessuno lo prende sul serio, ma è circolata ugualmente. È arrivata persino a me.
— Capisco, dottore. Io, però, la prendo molto sul serio. Per me si tratta del secondo avvertimento, capite? Il rapporto relativo al primo, cioè il vostro, non è mai finito sotto gli occhi del senatore, in quanto allora stavamo dando la caccia a eventuali irregolarità finanziarie, e lui non aveva altro per la testa. E il capo della commissione di ricerca incaricato dal senatore giudicò le vostre ipotesi… scusatemi se ve lo dico, pazzesche. Io no. Quando Lamont ha riportato la questione sul tappeto, ne sono rimasto turbato. Avrei voluto parlargli, ma i fisici che ho interrogato…
— Compreso Hallam?
— No, lui non l’ho consultato. Ma quelli con cui ho parlato mi assicuravano che la teoria di Lamont era priva di fondamento. Nonostante ciò, ero deciso a cercarlo, quando mi hanno assegnato questo incarico. E poi ho incontrato voi. Adesso potete capire perché ho voluto parlarvi. Secondo voi, le teorie di Lamont e vostre sono valide?
— Volete dire che, se si continua a usare la Pompa Elettronica, il Sole e forse tutto questo braccio della Galassia finiranno per esplodere?
— Esatto.
— E come faccio a saperlo? La mia era una supposizione. Quanto alla teoria di Lamont, non l’ho studiata a fondo. Non è stata pubblicata. Ma, se anche l’avessi letta, la parte matematica sarebbe certamente superiore alla mia comprensione… E poi, cosa importa? Lamont non riuscirà mai a convincere nessuno. Hallam lo ha rovinato, come tanti anni fa ha rovinato me, e il pubblico non vede al di là della punta del proprio naso e ha molto più interesse a credere nella Pompa che nelle teorie sballate di uno sconosciuto. Ma figuratevi! Chi mai rinuncerebbe alla Pompa per dar credito a Lamont?
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