Connie Willis - Strani occhi

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Se avete una bella faccia, o un bel paio di gambe, o un seno rifatto, potete entrare nel grande show del 2000. Se avete umiltà e pazienza potete prestare la vostra bocca — o qualunque altra parte del corpo — agli attori famosi del passato, e partecipare al remke elettronico di un capolavoro del cinema. Ma attenti! A Hollywood non interessano gli attori vivi. La loro specialità sono i fantasmi elettronici e i corpi caldi sono in pericolo…
Nominato per il premio Hugo per il miglior romanzo in 1996.

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— E cosa devo togliere? Sesso? Chocha ?

— Droghe. Sostanze che danno assuefazione. Venticinque a film, e tu sarai pagato che ti tocchi cambiare qualcosa o no. Avrai chocha assicurata per un anno.

— Quanti film?

— Non tanti. Non so di preciso.

Frugò nella tasca della giacca e mi diede un disco identico a quello che gli avevo consegnato io. — Qui c’è il menu.

— Tutto? Sigarette? Alcol?

— Tutte le sostanze che danno assuefazione. Audio, video, e ogni possibile riferimento. Comunque la Lega Antifumo ha già eliminato la nicotina, e quasi tutti i film dell’elenco hanno solo un paio di scene da rifare. Molti sono già ripuliti. Tu dovrai solo guardarli, fare uno stampa-e-invia, e prenderti i soldi.

Come no. E poi stare a impostare codici di accesso per due ore. La cancellazione è semplice, cinque minuti al massimo, e una sovrapposizione dieci, anche lavorando su una videocassetta. È l’accesso che ti ammazza. Persino la mia maratona di film di River Phoenix era nulla a paragone delle ore che avevo speso a leggere codici di accesso, ad aggirare i livelli di autorizzazione e le chiavi d’identificazione, per evitare che il cavo a fibre ottiche rifiutasse automaticamente i cambiamenti che avevo fatto.

— No, grazie — dissi, e cercai di restituirgli il disco. — Non senza accesso totale.

Mayer assunse un’aria paziente. — Lo sai perché sono necessari i codici di autorizzazione.

Sicuro. Sono necessari perché nessuno possa modificare un pixel di tutti quei film sotto copyright, o arrecare danni a un solo capello sulla testa di tutte quelle star pagate e comperate. A parte gli studios.

— Mi spiace, Mayer. Non mi interessa. — Feci per andarmene.

— Okay, okay — sussultò lui. — Cinquanta a film e pieno accesso da dirigente. Non posso fare niente per le chiavi d’identificazione e per i copyright della Società per la Salvaguardia dei Film. Ma avrai completa libertà per i cambiamenti. Niente approvazioni a priori. Potrai essere creativo.

— Come no. Creativo.

— Affare fatto? — chiese.

Hedda stava passando sotto lo schermo, lo sguardo levato su Fred e Ginger. I due, in primo piano, si fissavano negli occhi.

Se non altro, quel lavoro mi sarebbe servito a pagarmi gli studi e gli S. Meglio che dovermi procurare la chocha da Hedda, meglio che prendere del klieg per sbaglio e dovermi preoccupare all’idea di avere un flash con Mayer e portarmi per sempre nella testa la sua immagine indelebile. E sono tutti lavori da ruffiano, in un modo o nell’altro. Ufficialmente o no.

— Perché no? — dissi, e arrivò Hedda. Mi prese la mano e fece scivolare un ludo nel mio palmo.

— Grande — disse Mayer. — Ti farò avere un elenco. Potrai seguire l’ordine che preferisci. Un minimo di dodici a settimana.

Annuii. — Comincerò subito. — Mi avviai alle scale, e intanto mandai giù il ludo.

Hedda mi seguì fino ai piedi delle scale. — Hai avuto il lavoro?

— Sì.

— È un remake?

Non avevo il tempo di stare ad ascoltare quei che avrebbe detto se avesse saputo che era solo un’operazione di terra bruciata. — Sì — risposi, e salii a razzo.

Non c’era nessuna fretta. Il ludo mi avrebbe dato come minimo mezz’ora, e Alis era già sul letto. Se era ancora lì. Se non ne aveva avuto abbastanza di Fred e Ginger e non aveva tagliato la corda.

La porta era socchiusa come l’avevo lasciata io, il che poteva essere un buon segno o un cattivo segno. Sbirciai dentro. La fila di schermi davanti a me era spenta. Grazie, Mayer. La ragazza se n’è andata, e io in cambio ho avuto solo un elenco uscito diritto dall’Ufficio Hays. Con un po’ di fortuna avrò il mio flash mentre guardo Walter Brennan che si beve una sorsata di torcibudella.

Feci per spalancare la porta e mi fermai. Lei c’era, dopo tutto. Vedevo la sua immagine riflessa negli schermi. Seduta sul letto, china in avanti, guardava qualcosa. Scostai un poco più la porta per vedere cosa. La porta grattò sulla moquette, ma lei non si mosse. Stava guardando lo schermo centrale. Era l’unico acceso. Non doveva essere riuscita a capire come usare gli altri schermi dalle mie frettolose istruzioni, oppure a Bedford Falls era abituata a un solo schermo.

Stava guardando con l’espressione concentrata che aveva giù nel salone, ma non era il continental. Non c’era nemmeno Ginger a ballare con Fred. C’era Eleanor Powell. Lei e Fred ballavano il tip tap su un pavimento nero, lucido. Sullo sfondo c’erano luci che avrebbero dovuto ricordare le stelle, e il pavimento le rifletteva in lunghe, brillanti scie chiare.

Fred ed Eleanor erano in bianco: lui in completo senza cappello a cilindro, lei in un abito bianco con la gonna alle ginocchia che si gonfiava quando lei piroettava. I suoi capelli castano chiari erano lunghi come quelli di Alis ed erano trattenuti da un fermacapelli bianco che sfolgorava, illuminato dai riflessi sul pavimento.

Fred ed Eleanor danzavano fianco a fianco, molto naturali, con le braccia solo leggermente protese in fuori per mantenere l’equilibrio. Le mani non si sfioravano nemmeno, e il sincronismo dei passi era perfetto.

Alis aveva tolto il sonoro, ma anche senza udire il ritmo delle loro scarpe o la musica sapevo benissimo di cosa si trattasse. Balla con me , la seconda metà del numero Begin the Beguine. La prima metà era un tango, abito da cerimonia per lui e lungo vestito bianco per lei, il tipo di cosa che Fred faceva con tutte le sue partner, solo che non doveva rimediare allo scarso talento di Eleanor Powell o tracciarle attorno passi complicati. Lei sapeva ballare quanto lui.

E la seconda metà era quella: niente costumi complicati, niente scenografie arzigogolate, solo loro due che ballavano fianco a fianco, un’unica ripresa e un’unica, lunga inquadratura. Lui batteva una combinazione con le scarpe, lei la ripeteva con un tempo impeccabile, lui ne inventava un’altra, lei gli rispondeva; e non si guardavano, erano attenti solo alla musica.

Non attenti. Aggettivo sbagliato. Non c’era in loro la minima concentrazione, il minimo sforzo. Sembrava quasi che si fossero inventati tutto il numero quando si erano trovati su quel pavimento lucido, che lo stessero improvvisando di secondo in secondo.

Restai sulla soglia, a guardare Alis che li scrutava dall’orlo del letto, con l’aria di chi non pensa nemmeno lontanamente al sesso. Hedda aveva ragione: era stata una cattiva idea. Avrei dovuto tornare giù e trovarmi una faccia che non tenesse le ginocchia strette, una che come massima ambizione volesse lavorare come corpocaldo per la Columbia Tri-Star. Il ludo che avevo appena preso mi avrebbe dato tutto il tempo per riuscire a convincere una delle Marilyn.

E Ruby Keeler non avrebbe mai sentito la mia mancanza. Era indifferente a tutto, concentrata solo su Fred Astaire ed Eleanor Powell che stavano sparando una raffica di passi velocissimi. Probabilmente, se avessi buttato la Marilyn sul letto per scoparmela, Alis non se ne sarebbe nemmeno accorta. Ed era quello che avrei dovuto fare, finché avevo tempo.

Ma non lo feci. Mi appoggiai alla porta, guardai Fred ed Eleanor e Alis, guardai l’immagine di Alis riflessa negli schermi spenti della fila di destra. Anche Fred ed Eleanor erano riflessi negli schermi; i loro visi si sovrapponevano all’espressione attenta di Alis.

Ma “attenta” non era il termine giusto nemmeno per lei. Aveva perso quell’espressione concentrata che aveva quando guardava il continental, quando contava i passi e cercava di memorizzarne le combinazioni. Era andata oltre guardando Fred ed Eleanor che danzavano fianco a fianco, senza toccarsi; e neanche loro contavano mentalmente, erano persi nella spontaneità dei passi, nella semplicità delle giravolte, persi nella danza; e lo era anche Alis. Il suo viso li guardava assolutamente immobile, come un fotogramma fermato sullo schermo, e in qualche modo erano fermi anche Fred Astaire ed Eleanor Powell, per quanto stessero ballando.

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