— Non rivoglio indietro i miei accessi — dissi.
Lei si tolse la parrucca a paggetto e scrollò quei meravigliosi capelli illuminati da dietro. — Allora cosa vuoi?
Te, pensai. Voglio te.
Alis raddrizzò le spalle di scatto e infilò la parrucca nell’altra tasca. — Di qualunque cosa si tratti, dovrà aspettare. — Si sistemò su una spalla il cavo a fibre ottiche. — Devo andare a lavorare. — Si chinò a raccogliere le custodie.
— Lascia che ti aiuti. — Mi incamminai verso lei.
— No, grazie — rispose Alis, appoggiandosi il pixar sull’altra spalla e raccogliendo il digitrasparente. — Posso fare da sola.
— Allora ti terrò la porta aperta. — E spalancai la porta.
Lei attraversò la soglia.
L’ora di punta. Pieno zeppo da parete a parete di Ray Milland e Rosalind Russell che andavano al lavoro. Nessuno si voltò a guardare Alis. Guardavano tutti le pareti, che erano all’apice dell’attività: ILMGM, più copyright di quanti ce ne siano in cielo. Il promo di Beverlv Hills Cop 15 , il promo del remake di I tre moschettieri.
Chiusi la porta alle mie spalle, e un River Phoenix, accoccolato sulla striscia gialla, alzò gli occhi da una lametta da rasoio, dal palmo pieno di polvere bianca, ma era troppo fatto per capire cosa stesse vedendo. Il suo sguardo non si mise nemmeno a fuoco.
Alis era già al centro dello scivolo, con gli occhi puntati sull’insegna delle stazioni. Quando lampeggiò HOLLYWOOD BOULEVARD, si fece strada verso l’uscita, tallonata da me. Sbucammo sul Boulevard.
Era ancora buio pesto, ma tutto era aperto. E c’erano già (o magari ancora) turi in giro. Due tizi vecchiotti in bermuda, armati di videocamere, guardavano Ryan O’Neal salvare la vita di Ali McGraw al Felici E Contenti.
Alis si fermò alla saracinesca di È Nata Una Stella e armeggiò con la serratura. Cercò di inserire la tessera senza depositare un solo pezzo della sua attrezzatura. I due turi si avvicinarono.
— Faccio io — dissi, e le presi la tessera. Sollevai la saracinesca e tolsi il digitrasparente dalla mano di Alis.
— Avete Charles Bronson? — chiese uno dei due vegliardi.
— Non siamo ancora aperti — gli risposi. — Ho qualcosa da farti vedere — dissi ad Alis.
— Cosa? L’ultimo spettacolo di marionette? Un programma che fa automaticamente le prove per un numero di ballo? — Lei cominciò a sistemare il digitrasparente. Collegò i cavi elettrici, il cavo a fibre ottiche, posizionò il digitrasparente.
— Ho sempre voluto recitare in Il giustiziere della notte — disse il vegliardo. — Lo avete?
— Non siamo “aperti” — lo informai.
— Eccole il menu — disse Alis, e fece apparire il menu per il vegliardo. — Non abbiamo Charles Bronson, però abbiamo una scena di I magnifici sette. — Puntò l’indice.
— È una cosa che devi vedere, Alis — dissi io, e inserii il disco ottico. Per fortuna era tutto già pronto, non dovevo richiamare niente. Sullo schermo apparve Un giorno a New York.
— Ho dei clienti da… — cominciò Alis, e si bloccò.
Avevo preparato il disco per “Il prossimo, per favore” dopo quindici secondi. Un giorno a New York scomparve e apparve Cantando sotto la pioggia.
Alis si girò verso me, furibonda. — Perché hai…
— Non sono stato io. Sei stata tu. — Indicai lo schermo. Era partito lo spezzone di Tè per due , e Alis, in riccioli rossi, avanzava in primo piano a tempo di charleston.
— Non è un copia-e-incolla — dissi. — Guarda bene. Sono i film che hai provato, no? Giusto?
Sullo schermo, Alis danzava col parasole azzurro.
— La sera che ci siamo conosciuti hai parlato di Cantando sotto la pioggia. E alcuni degli altri avrei potuto indovinarli. Sono tutte riprese e inquadrature uniche. — Indicai la sua figura in gonna azzurra. — Però io non sapevo nemmeno in quale film ci fosse questo numero.
Lo schermo passò a Cappelli in aria. — E alcuni non li avevo mai visti.
— Ma io non ho… — disse Alis, fissando lo schermo.
— Il digitrasparente fa una sovrapposizione sull’immagine che arriva dal cavo e la mette su disco — le spiegai. — Quell’immagine torna indietro sul circuito di trasmissione, e la fonte che trasmette sul cavo a fibre ottiche esegue controlli randomizzati sui pixel e rifiuta automaticamente le immagini che sono state modificate. Solo che tu non stavi cercando di modificare l’immagine. Stavi cercando di riprodurla. E ci sei riuscita. Hai ottenuto una corrispondenza perfetta di tutti i movimenti, talmente perfetta che il controllo browniano ha pensato che fosse la stessa immagine, talmente perfetta che l’immagine è stata accettata ed è finita sulla fonte che trasmette via cavo. — Sventolai la mano sullo schermo, dove lei stava ballando in Quarantaduesima strada.
Alle nostre spalle, il vegliardo chiese: — Chi c’è nella scena dei Magnifici sette ? — ma Alis non gli rispose. Guardava i numeri di ballo che scivolavano via, attenta. La sua espressione era indecifrabile.
— Quanti ce ne sono? — mi chiese, continuando a guardare lo schermo.
— Io ne ho trovati quattordici. Tu invece hai provato più numeri, giusto? Sei riuscita a scavalcare i programmi di controllo praticamente solo con ballerine che abbiano all’incirca la tua stessa corporatura e ti somiglino in viso. Hai provato con Ann Miller?
— Baciami Kate!
— Come pensavo. Ann Miller ha un viso troppo rotondo. Non le somigli tanto da poter superare i controlli. Ha funzionato solo quando esisteva già una somiglianza. — Indicai lo schermo. — Ce ne sono altri due che non ho potuto mettere su disco perché sono in corso azioni legali. Bianco Natale e Sette spose per sette fratelli.
Lei si girò verso me. — Sette spose ? Sei sicuro?
— Sei presente nella scena della costruzione del fienile. Perché?
Lei si girò verso lo schermo. Fissò accigliata Shirley Temple che ballava con lei e Jack Haley, in uniformi militari. — Forse… — disse tra sé.
— Ti avevo detto che ballare nei film è impossibile — le dissi. — Mi sbagliavo. Eccoti lì.
In quel momento lo schermo si svuotò d’immagini, e il vegliardo chiese: — E quel tizio con poncho, cappellaccio e sigaro? Lo avete?
Allungai la mano per far ripartire il disco, ma Alis si era già voltata.
— Temo che non abbiamo nemmeno Clint Eastwood. La scena dei Magnifici sette ha Steve McQueen e Yul Brynner — disse. — Vuole vederla? — E si mise a battere i codici di accesso.
— Deve raparsi? — chiese l’amico del vegliardo.
— No. — Alis afferrò camicia, pantaloni e cappello neri. — Ci pensa il digitrasparente. — Cominciò a preparare tutto per la registrazione su nastro. Spiegò al vegliardo dove mettersi e cosa fare, ignara del suo amico, che stava ancora parlando di Charles Bronson, ignara di me.
Be’, cosa mi aspettavo? Che esplodesse di gioia nel vedersi sullo schermo, che mi gettasse le braccia al collo come Natalie Wood in Sentieri selvaggi ? Non avevo fatto proprio niente. Al di là del dirle che era riuscita a fare qualcosa che non aveva cercato di fare, qualcosa che aveva rifiutato su quello stesso Boulevard.
— Yul Brynner — disse disgustato l’amico del vegliardo. — È non hanno Charles Bronson.
Sullo schermo era riapparso Un giorno a New York. Alis lo fece sparire senza battere ciglio e lo sostituì con I magnifici sette.
— Vuoi Charles Bronson e ti danno Steve McQueen — mugugnò il vegliardo. — Ti costringono sempre a scegliere roba di seconda mano.
È questo che mi piace nei film. C’è sempre un personaggio secondario che ti spiega la morale della storia, nel caso uno fosse troppo fesso per arrivare a capirla da sé.
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