— Io sono la sola — disse quand’ebbe finito. — Sono la sola rimasta a Brooklyn. Non mi sono ammalata. — In piedi davanti al tavolo mordicchiò pensosamente la mela che aveva tolto dalla fruttiera. — Perché? — chiese.
— Perché — si rispose, girando per la cucina ed esplorando con gli occhi ogni angoletto nascosto, — perché sono bellissima, e il diavolo mi vuol prendere in sposa.
— Negli ultimi quattro giorni — disse Paulsen-Fuchs, — abbiamo perso i contatti con la maggior parte del continente nordamericano. L’eziologia del morbo non è nota con precisione, tuttavia è chiaro che non corrisponde a nessuno dei vettori noti agli epidemiologi. Gli appunti di Mr. Bernard indicano che i microrganismi portatori della malattia sono essi stessi intelligenti e capaci di azioni predeterminate.
I visitatori nella camera di osservazione — direttori della Pharmek e rappresentanti di quattro nazioni europee — sedevano con faccia impassibile nelle loro poltroncine. Paulsen-Fuchs, in piedi di fronte agli esponenti francesi e danesi, dava le spalle alla tripla finestra. Si volse a indicare Bernard, che sedeva alla scrivania e ne tocchettava il piano con una mano pesantemente segnata da creste bianche.
— Con gran rischio personale, e una certa sconsideratezza, Mr. Bernard è venuto in Germania Occidentale per fornirci di un soggetto per i nostri esperimenti. Come potete vedere le strutture di cui disponiamo sono ben equipaggiate per dare a Mr. Bernard un sicuro isolamento, senza che ci sia bisogno di trasferirlo in altri laboratori o ospedali. Un simile trasferimento potrebbe in effetti essere molto pericoloso. Siamo comunque ben disposti ad accogliere suggerimenti esterni sulla condotta da seguire.
«Francamente, anzi, non sappiamo ancora quale genere di esperimento iniziare. Campioni di tessuto prelevati a Mr. Bernard indicano che la malattia (se vogliamo chiamarla così) avanza rapidamente nel suo organismo, benché non ne stia ancora danneggiando le funzioni. In realtà egli dichiara che, con l’eccezione di alcuni sintomi peculiari di cui parleremo più tardi, non si è mai sentito meglio in vita sua. Ed è evidente che la sua anatomia ha subito alterazioni sostanziali.
— Perché Mr. Bernard non si è trasformato completamente? — chiese il rappresentante della Danimarca, un giovanotto grassoccio dai capelli a spazzola vestito di un completo nero. — Dai nostri contatti radio con gli Stati Uniti risulta che la trasformazione e la dissoluzione avvengono entro una settimana dal contagio.
— Non lo so — rispose Bernard. — La mia situazione non è identica a quella di chi ne è stato affetto in un ambiente esterno. Forse gli organismi nel mio corpo sono consci che non converrebbe loro completare la trasformazione.
Lo stupore delle persone che lo fissavano gli confermò che non avevano ancora afferrato ciò che erano i noociti. O forse semplicemente non gli credevano.
Paulsen-Fuchs proseguì la conferenza, ma Bernard chiuse gli occhi e cercò di ignorare i visitatori. Era peggio di quel che aveva immaginato: in appena quattro giorni lo avevano costretto (esibendo cortesia e mielata preoccupazione) a sopportare quattordici riunioni di quel genere, una raffica di test condotti attraverso il pannello di comunicazione, e domande su ogni aspetto della sua vita, passata e presente, privata e pubblica. Era al centro dell’ondata secondaria di spavento che stava facendo il giro del mondo, l’ondata della reazione a ciò che era accaduto nel Nord America.
Ne era venuto via appena in tempo. L’eziologia dell’epidemia s’era alterata enormemente e ora seguiva diversi schemi, o forse nessuno schema; era possibile che i microrganismi reagissero all’ambiente e si accordassero per diversificare il loro comportamento. Comunque le grandi città tendevano a cadere in un improvviso silenzio, con tutti o quasi i loro abitanti trasformati a quarantott’ore dal momento del contagio. Le piccole città e le zone rurali, forse per la scarsezza di fognature e condutture d’acqua, venivano colpite più gradualmente. Lì il contagio sembrava espandersi usando come veicoli gli animali e gli insetti più che gli esseri umani.
Fotografie a raggi infrarossi, prese da satelliti meteorologici e satelliti spia, e analizzate in Giappone e in Gran Bretagna, mostravano incipienti cambiamenti perfino lungo le foreste e le vie d’acqua del Nord America.
Michael Bernard aveva già l’impressione di non esistere più. Era stato sommerso da qualcosa di più grande e impressionante di lui, e adesso era nulla più d’un reperto da museo, etichettato e, abbastanza stranamente, capace di rispondere ai visitatori. Ex-neurochirurgo, maschio, una volta ben conosciuto e stimato, di recente non molto attivo, incline ai rituali della società ed esperto nell’arricchirsi con giri di conferenze, diritti editoriali, esibizioni dinanzi alle telecamere…
Non era da escludere che Michael Bernard fosse un essere inesistente da ormai sei anni, svanito qualche tempo dopo aver applicato per l’ultima volta il bisturi alla carne, il trapano a un cranio.
Aprì gli occhi e guardò la donna e gli uomini nella camera d’osservazione.
— Dr. Bernard! — La donna stava cercando d’attirare la sua attenzione, evidentemente per la terza o la quarta volta.
— Sì?
— È vero che lei è, almeno in parte, responsabile dell’epidemia?
— No, non direttamente.
— Indirettamente?
— Non potevo in alcun modo prevedere le conseguenze delle azioni di altra gente. Non sono un chiaroveggente.
Il volto della donna mostrò un improvviso rossore, anche al di là dei tre pannelli di vetro. — Io ho… o avevo, una sorella negli Stati Uniti. Benché di nazionalità francese, sono nata in California. Cos’è accaduto laggiù? Lo sapete?
— No, signora, non lo so.
La donna diede un colpo sul braccio a Paulsen-Fuchs, che aveva alzato una mano, e gridò: — Non finirà mai questo? Disastri e morte, e gli scienziati… sono responsabili, voi tutti siete colpevoli. E io vi dico che allora voi… — Non terminò la frase perché gli altri stavano uscendo e Paulsen-Fuchs ne approfittò per spingerla fuori. L’anziano studioso rientrò, ebbe un gesto di scusa e scosse il capo. Le due salette d’osservazione si svuotarono e lui fu lasciato solo.
E poiché era un niente, un nessuno, questo significava che una volta lasciato solo lì non c’era più assolutamente nulla.
Nulla salvo i microbi, i noociti, col loro incredibile potenziale, in attesa del loro momento… del loro scopo.
In attesa di trasformarlo in qualcosa di più di ciò che lui fosse mai stato.
Le luci si spensero il quarto giorno: al mattino, appena dopo che lei s’era svegliata. Indossò i suoi jeans firmati (provenienti dal magazzino dell’Esercito della Salvezza), il pullover migliore e una blusa, poi tolse l’impermeabile dall’attaccapanni nell’ingresso e uscì nella luce del giorno. Non era più benedetta, disse a se stessa, non più desiderata dal diavolo né da nessun altro. — La mia fortuna se ne va! — esclamò.
Ma aveva un po’ di cibo, e l’acqua usciva ancora dai rubinetti. Considerò per un momento la sua situazione e stabilì di non essere poi così malridotta. — Perdonami, Signore — mormorò gettando uno sguardo al cielo.
Sull’altro lato della strada le case erano completamente tappezzate da un lenzuolo biancastro e marroncino, che sotto il sole riluceva come pelle o cuoio. Dagli alberi e dalle ringhiere di ferro pendevano brandelli della stessa sostanza. Anche gli edifici adiacenti a casa sua stavano per esserne del tutto ricoperti.
Era l’ora di andarsene. Non sarebbe stata risparmiata ancora per molto.
Impacchettò il cibo e mise sacchetti e scatolette in un cestello. Il gas arrivava sempre; si cucinò una bistecca con le ultime uova e un po’ di pancetta, abbrustoli fette di pane sul fornello come sua madre le aveva insegnato, le spalmò con quel che restava del burro e le coprì con fettine di prosciutto. Terminato di mangiare scese nel sottoscala in cerca di una borsa da viaggio. Meglio viaggiare leggera, pensò. Una robusta giacca da inverno, vestiti, la pistola, stivaletti. Calze di lana dai cassetti dei suoi fratelli. Guanti. I giorni della frontiera, l’epoca dei pionieri.
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