Tacque per un attimo, poi riprese: — Quindi, perché voi due non ve ne tornate a casa, vi iscrìvete all’università e dopo vi mettete a fare i chimici, gli assicuratori o quello che vi pare. Un periodo sotto le armi non è un gioco da ragazzi. È autentico servizio militare, duro e pericoloso perfino in tempo di pace, oppure è solo una perdita di tempo. Non è una vacanza e nemmeno un’avventura romantica. Allora?
— Io mi arruolo — dichiarò Carl.
— Anch’io.
— Vi rendete conto che non vi è concesso scegliere quello che volete fare?
— Credevo che potessimo indicare le nostre preferenze — disse Carl.
— Sicuro. Ed è l’unica cosa che potete fare di testa vostra fino al termine della ferma. L’ufficiale addetto allo smistamento prende in considerazione la specializzazione da voi indicata. Per prima cosa controlla se per quella specializzazione ci sono richieste. Poi, ammesso che ci siano, magari in fondo al Pacifico, vi mette alla prova per stabilire la vostra preparazione e predisposizione. Una volta su venti è costretto ad ammettere che tutto quadra e quindi vi accontenta, almeno fino a quando non vi arriva un bel dispaccio che vi destina a qualcosa di completamente diverso. Negli altri diciannove casi vi boccia subito su tutta la linea e si convince che siete fatti apposta per andare a collaudare gli impianti di sopravvivenza installati su Titano. — Sulla faccia del sergente si dipinse un’espressione meditabonda. — Si gela su Titano. Ed è incredibile quante volte capita che gli impianti non funzionino. D’altra parte, bisogna collaudarli sul posto. Le prove di laboratorio non danno garanzie al cento per cento.
— Io posso presentare le mie credenziali per quanto riguarda l’elettronica — dichiarò Carl con fermezza — sempre che ci siano richieste.
— Sì, eh? E tu, bello?
Esitai. D’improvviso mi resi conto che, se non coglievo quell’occasione, mi sarei chiesto per tutto il resto della vita se, oltre a essere figlio di mio padre, possedevo qualche altra dote. — Voglio tentare.
— D’accordo, allora. Però, dopo, non venite a dirmi che non ho fatto il possibile per dissuadervi. Avete portato i certificati di nascita? Vediamo i vostri documenti.
Dieci minuti più tardi, ancora non avevamo prestato giuramento, eravamo all’ultimo piano e ci stavano sottoponendo ad analisi mediche di ogni genere e tipo. Lo scopo della visita, a mio parere, era questo: se una persona non era già malata, cercavano in ogni modo di farla ammalare. Se il tentativo falliva, la arruolavano.
Chiesi a uno dei medici quale fosse la percentuale di scartati a quella visita. Mi guardò sorpreso. — Noi non scartiamo mai nessuno. La legge non ce lo permette.
— Come? Ma allora, mi scusi dottore, qual è lo scopo di questa messa in scena?
— Ecco… — si accinse a spiegare il medico, tirandosi indietro e colpendomi al ginocchio con un martelletto (e beccandosi un calcio, seppur leggero) — lo scopo è quello di scoprire per quali incarichi siete fisicamente adatti. Anche se veniste qui su una sedia a rotelle e ciechi da tutti e due gli occhi, se foste tanto sciocchi da insistere per arruolarvi, loro escogiterebbero qualcosa di altrettanto sciocco da farvi fare: per esempio, contare i granelli di polvere con il tatto su un caterpillar. L’unico caso in cui un individuo viene scartato è quando gli psichiatri dichiarano che non è in grado di comprendere il significato del giuramento.
— Capisco. Scusi, dottore… Era già medico quando si è arruolato? O hanno deciso di farle fare il medico e l’hanno mandata all’università?
— Chi, io? — parve sorpreso. — Giovanotto, le sembro così stupido? Io sono un civile impiegato qui.
— Oh! Mi scusi.
— Niente, niente. Però, il servizio militare è fatto per gli sciocchi. Mi creda. Io li vedo partire, e li vedo tornare… quando tornano. Vedo come sono ridotti. E perché? Per un privilegio politico puramente simbolico che non rende niente e di cui in genere nessuno sa servirsi in modo opportuno. Mio caro ragazzo, se fossero i medici a mandare avanti le cose… Ma lasciamo perdere. Al di là della libertà di parola, lei potrebbe pensare che quanto dico è alto tradimento. Comunque, giovanotto, se ha abbastanza sale in zucca da contare fino a dieci, se ne tiri fuori finché è in tempo. Ecco, porti queste carte giù al sergente addetto al reclutamento… e si ricordi le mie parole.
Quando tornai nell’atrio, Carl era già lì. Il sergente guardò le mie carte e, con aria desolata, disse: — A quanto pare avete tutti e due una salute eccezionale, salvo qualche ingranaggio fuori posto in testa. Un momento, chiamo i testimoni. — Premette un pulsante e poco dopo arrivarono due impiegate, una abbastanza carina, l’altra una specie di virago alquanto stagionata.
Il sergente indicò i nostri certificati medici, i certificati di nascita e gli altri documenti. Poi attaccò in tono formale: — Vi invito e vi ritengo impegnate a esaminare, ciascuna per conto proprio e con molta severità, i presenti documenti, a stabilirne la natura e a stabilire inoltre, sempre ciascuna per conto proprio, quale relazione, ammesso che ce ne siano, ogni documento abbia con i due individui che si trovano alla vostra presenza.
Le impiegate avevano l’aria di sbrigare una noiosa formalità, come in effetti era. Comunque, esaminarono con attenzione le carte, ci presero per l’ennesima volta le impronte digitali e la più carina delle due si applicò una lente da gioielliere per confrontarle con quelle del certificato di nascita. Lo stesso fece con le firme. Cominciavo a dubitare di essere me stesso.
Poi il sergente disse: — Avete trovato i documenti che attestano la loro idoneità a pronunciare il giuramento? E in caso affermativo, quali?
— Abbiamo trovato, allegata a ciascun certificato medico — rispose la più anziana — la dichiarazione del centro psichiatrico, comprovante che le due persone qui presenti sono mentalmente sane, in grado di pronunciare il giuramento. Nessuna delle due si trova sotto l’effetto dell’alcol, di narcotici, di altre droghe debilitanti o in stato d’ipnosi.
— Benissimo. — Il sergente si rivolse a noi: — Ripetete con me. Io, avendo raggiunto l’età legale, di mia spontanea volontà…
Ripetemmo in coro: — Io, avendo raggiunto l’età legale, di mia spontanea volontà…
“…e senza coercizione, promessa o allettamento di sorta, ed essendo stato doverosamente edotto e avvertito sul significato e sulle conseguenze di questo giuramento…
“…mi arruolo nel Servizio federale della Federazione terrestre, per un periodo non inferiore a due anni e della durata massima quale può essere richiesta dalle necessità del servizio…”
A quel punto trasalii lievemente. Avevo sempre considerato la ferma come un periodo di due anni, sebbene in realtà sapessi che erano di più, perché l’avevo sentito dire da tanti. Ma noi, praticamente, ci stavamo arruolando per tutta la vita!
— … giuro di difendere e sostenere la Costituzione della Federazione contro tutti i nemici interni o esterni, di proteggere e difendere le libertà costituzionali e i privilegi di tutti i cittadini e dei legali residenti della Federazione, degli stati e territori a essa associati, di ottemperare a qualsiasi dovere di natura legale, sulla Terra e fuori di essa, che possa venirmi assegnato da autorità legali, dirette o delegate…
“…e di obbedire a tutti gli ordini legali del comandante in capo del Servizio terrestre e di tutti gli ufficiali e le persone delegate poste sopra di me…
“…e di richiedere la stessa obbedienza da tutti i membri del Servizio e da qualsiasi altra persona o essere non umano posti legalmente ai miei ordini…
“…e inoltre, dopo essere stato onorevolmente esonerato al termine del mio servizio attivo o collocato in congedo inattivo dopo avere raggiunto detto termine, giuro di espletare tutti i doveri e gli obblighi, consapevole di godere di tutti i diritti e i privilegi della cittadinanza federale, tra cui il dovere, l’obbligo e il privilegio di esercitare il diritto sovrano di voto per il resto della mia vita, a meno di non venire giudicato indegno dell’onore dal verdetto finale emesso da una corte di miei pari.”
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