— Ed è probabile che tu non ne voglia saper nulla. Ufficialmente si chiama Gimperstand, ma il nome ufficioso che abbiamo per definirlo è Puzzone. E se lo merita. C’è un’atmosfera. È un po’ rarefatta ma in teoria è respirabile. Io ci ho provato. Due sbuffate vi fanno scappar via e vomitare. È qualcosa che viene sprigionato da uno dei rampicanti, e fa sembrare gelsomino, al confronto, la merda dei nottilappanti. Un vero fetentorio. Una sola inalazione vi stende.
Mostrò le fotografie reggendole con delicatezza con il braccio teso, poi le lasciò ricadere nella custodia.
— Abbiamo molto di cui occuparci, ma non credo che lo faremo subito. Come primo punto, non credo che voi gente possiate assorbire troppe cose per volta. E come secondo punto voglio una di quelle bevande altrimenti finirò per appiattirmi proprio qui dove mi trovo. — Si avvicinò al vassoio e rivolse un sorriso sgradevole al suo pubblico. — Sono lieto che siate voi a sostenere le prove, e non io. Abbiamo dei mostri, là fuori nel sistema di Cass. A scuola avete imparato i nomi ufficiali dei pianeti, ma non è in quel modo che vengono chiamati da chi c’è stato. E i nomi che questi gli hanno dato sono molto più precisi. C’è Bedlam, e Boom-Boom, e Imshi, e Glug, e Firedance, e Fuzzball. E quando arriviamo al sistema esterno la situazione è anche peggiore. Dobbiamo dare un’occhiata a Goneagain, e a Jellyroll, e Whistlestop, e poi Whoosh, Pinto, Dimples, Camer e Crater. Non sono chiamati invano i Cinquanta Mondi, e ognuno di essi può essere una trappola mortale. — Prese su una fiaschetta, ne bevve un sorso con esitazione, e rivolse al suo pubblico un altro sorriso sadico. — Non pensate che le vostre preoccupazioni siano finite qui. Quando le prove fuori dal pianeta saranno finite, desidererete esser tornati a casa oggi insieme ai perdenti.
L’intero pomeriggio era stato dedicato alle conferenze informative da parte di Gilby e altri. Poi fu la volta degli incontri con la stampa e di quelli con i VIP dell’area d’origine di ciascun vincitore. Era ormai sera inoltrata quando infine ebbero tempo per se stessi o anche soltanto per mangiare. Peron aveva trovato un posto tranquillo in un angolo della sezione adibita a mensa e stava mangiando da solo. Ma fu più che contento quando Elissa arrivò con un vassoio e si sedette davanti a lui senza essere invitata.
— A meno che non ti stia nascondendo per una buona ragione, ho pensato di sedermi con te. Ho già parlato a Lum e a Kallen, adesso voglio presentare i miei rispetti anche a te.
— Ti stai facendo l’intera lista dei vincitori, in ordine?
Lei scoppiò a ridere. — Certo. Non lo fanno tutti? No, stavo soltanto scherzando. Tu m’interessi, così ho pensato che sarebbe stato simpatico cenare insieme, a meno che tu non ti stia davvero nascondendo.
— No. Sto riflettendo. Stavo giusto pensando come oggi tutti siano stati maledettamente scortesi. È cominciato questa mattina col capitano Gilby, e ho pensato che fosse dovuto ai postumi della sua sbronza. Ma la cosa è andata peggiorando. Noi siamo gentili con tutti, e la gente che incontriamo, per la maggior parte dei completi estranei, ci tratta come se fossimo spazzatura.
— Certo che lo fanno — replicò Elissa. — Sarà meglio abituarsi. Non intendono fare niente di male, Ma, vedi, noi siamo i vincitori del Planetfest, nomi in piena luce, e questo significa molto. Un mucchio di gente sente il bisogno di dire a se stessa che non siamo poi così grandi, che loro valgono tanto quanto noi. E un modo di cui dispongono per convincersi di questo, è denigrarci.
— Sono certo che hai ragione. — Peron guardò Elissa con rispetto. — Ma io non l’avrei pensata così. Sai, ti parrà stupido, ma non riesco ancora a credere di essere arrivato più in alto di te con il punteggio. Hai fatto meglio di me in tutto. E credo che tu pensi meglio. Voglio dire, sei più percettiva. Voglio dire, tu sai…
— Se ti stai preparando a chiedermi di accompagnarti a fare una passeggiata — disse Elissa, — ci sono modi più diretti per farlo. — Si sporse in avanti e appoggiò la mano su! braccio di Peron. — Non devi fare altro che dirlo. Sei l’esatto opposto di Sy. Lui pensa che chiunque altro sia una specie di scimmia addestrata. Ma tu sottovaluti sempre te stesso. È raro per un vincitore del Planetfest. La maggior parte della gente è come me, intraprendente e aggressiva. E in quanto a Lum…
— In quanto a Lum… — le fece eco una voce alle sue spalle, — cos’hai da dire di Lum? Qualcosa di piacevole, spero.
Era Lum in persona, e aveva con sé Kallen, il vincitore del secondo posto.
— Bene. È comodo trovarvi tutti e due insieme — proseguì. Sollevò una coscia e una natica gigantesche per appollaiarsi su un angolo del loro tavolo, minacciando di rovesciare tutto. — Ve la sentite di affrontare un’altra intervista, stasera? Gli organizzatori del Planetfest vorrebbero incontrare i primi cinque.
— Facciamo le cose con ordine, Lum — disse Elissa. — Peron, devi incontrare l’uomo del mistero. Questi è Mario Kallen.
— Ciao. — Peron si alzò in piedi per stringere la mano del vincitore del secondo posto, e si trovò ad annaspare nel vuoto. Kallen era arrossito e aveva rivolto il suo sguardo altrove.
— Piacere d’incontrarti. — La sua voce era un bisbiglio nel profondo della gola. Peron guardò di nuovo Kallen e notò per la prima volta le linee rosse del tessuto cicatrizzato sul suo pomo d’Adamo.
— Sediamoci — disse Lum, con voce allegra. — Ci resta ancora un’ora prima dell’intervista, e voglio raccontarvi quello che mi ha detto Kallen sul Planetfest.
— Non dovresti andare a cercare anche Sy? — chiese Elissa.
— L’ho già fatto. Mi ha detto di andare all’inferno. Mi ha detto che non voleva nessuna intervista imbecille. — Lum tirò fuori la panca, in modo che anche lui e Kallen potessero sedersi. — È un caso interessante, il vecchio Sy. Non so come abbia potuto cavarsela così bene con quel braccio danneggiato, ma certamente non ha ottenuto nessun punteggio extra dai giudici per tatto e diplomazia.
Elissa strizzò l’occhio a Peron. E neanche Lum, diceva il suo sorriso. Tornò a voltarsi con fare innocente verso gli altri due.
— Per due anni io non ho fatto altro che pensare ai Planetfest. Ma mi farebbe piacere sentire qualcosa di nuovo.
— E lo sentirai — dichiarò Lum, torvo. — Procedi pure, Kallen.
Kallen rimase seduto per un momento, sfregandosi le mani. Arrossì di nuovo per l’imbarazzo. — Anch’io ho pensato soltanto al Planetfest — disse alla fine con la sua voce rauca e sofferta. Poi esitò e, disorientato, fece passare lo sguardo dall’uno all’altro dei suoi compagni. Quello che gli era riuscito difficile dire a una sola persona gli riusciva impossibile raccontarlo a tre.
— E se lo raccontassi io, mentre tu mi dici quando sbaglio? — si affrettò ad aggiungere Lum. — In questo modo avrò modo di controllare se ho capito bene.
Kallen annuì grato. Sorrise con fare imbarazzato ad Elissa, e poi puntò lo sguardo verso un angolo vuoto della stanza.
— Sospetto che abbiamo fatto tutti la stessa cosa, quando abbiamo cominciato le prove — disse Lum. — Una volta saputo che avrei partecipato, mi sono dato da fare per scoprire tutto quello che potevo sui giochi del Planetfest: quando sono cominciati, com’erano organizzati, e così via. Avevo sentito tutte le vaghe leggende sui Gossamer e gli Immortali, e Pipistrello e Skydown, e gli Oggetti Kermel. E l’S-Spazio e l’N-Spazio. Volevo sapere cos’erano, o quanto meno attingere alla miglior voce possibile.
Peron ed Elissa annuirono. Era proprio quello che avevano fatto loro stessi.
— Ma il caso di Kallen è stato un po’ diverso. Era legalmente abbastanza vecchio, appena appena, per i giochi precedenti. È nato proprio il giorno preciso della demarcazione, proprio a mezzanotte. E allora ha fatto tutti i turni preliminari. E ha dominato in tutte le gare.
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