«Heywood» disse Tanya «sono ora disposta a prendere molto più sul serio quel messaggio, o qualsiasi cosa esso fosse. Sarei stupida se non cambiassi idea dopo quanto è accaduto. Ma, anche se qui vi è un pericolo, dobbiamo ugualmente confrontarlo con gli altri. Unire la Leonov e la Discovery, azionare la Discovery con quell’enorme carico fuori asse, separare le due astronavi in pochi minuti per poter far entrare in azione i nostri propulsori al momento giusto… Nessun comandante responsabile correrebbe rischi simili senza ottime — vorrei dire addirittura schiaccianti — ragioni. E, ancora adesso, non vi sono ragioni di questo genere. Ho soltanto la parola di un… fantasma. Non sarebbe una prova molto valida in tribunale.»
«O dinanzi a una commissione di inchiesta» intervenne Walter Curnow, in un tono di voce insolitamente pacato, «anche se noi tutti la spalleggiassimo.»
«Sì, Walter, stavo pensando proprio a questo. Ma, se torneremo sani e salvi sulla Terra il ritorno giustificherà tutto… e, se non torneremo, difficilmente la cosa potrebbe rivestire importanza, vero? In ogni modo, non deciderò subito. Non appena avremo riferito come stanno le cose al Controllo Missione, me ne tornerò a letto. Vi comunicherò la mia decisione domattina, dopo averci dormito su. Heywood, Sascia, volete salire sul ponte con me? Dobbiamo destare quelli del Controllo Missione prima che prendiate il turno di guardia.»
* * *
La notte non aveva ancora esaurito tutte le sue sorprese. In qualche punto, intorno all’orbita di Marte, il breve messaggio di Tanya ne incrociò un altro diretto nel senso opposto.
Betty Fernandez aveva parlato, finalmente. Sia la CIA, sia la National Security Agency erano furenti; le lusinghe, gli appelli al patriottismo, le velate minacce di entrambe avevano fallito completamente… eppure il produttore di un pettegolo programma televisivo era riuscito a far parlare la donna, rendendosi così immortale negli annali del videomondo.
In parte, il merito era della fortuna, in parte di un’ispirazione. Il direttore del notiziario della trasmissione «Pronto, Terra!» aveva notato a un tratto che uno dei suoi collaboratori somigliava in modo impressionante a David Bowman; la somiglianza era stata resa perfetta da un abile artista del trucco. José Fernandez avrebbe potuto dire al giovanotto che si stava esponendo a un terribile rischio, ma l’incauto ebbe la fortuna che favorisce non di rado i temerari. Non appena mise piede al di là della soglia di casa, Betty capitolò. Prima che la donna — con gentilezza — lo scaraventasse fuori, egli venne a sapere, essenzialmente, l’intera verità.
«Vorrei» disse Floyd a Sascia, alquanto stancamente, «che quella donna avesse parlato prima, evitandomi un sacco di guai. In ogni modo adesso la questione è risolta. Tanya non potrà più nutrire alcun dubbio. Ma aspetteremo che si sia svegliata… lei non è d’accordo?»
«Certo… la cosa non è urgente, pur essendo senza dubbio importante. E Tanya ha bisogno di sonno. Sento che, d’ora in avanti, nessuno di noi potrà dormire molto.»
Sarà senz’altro così, pensò Floyd. Si sentiva stanchissimo, ma, anche se fosse stato di guardia, avrebbe trovato impossibile dormire. La sua mente era troppo attiva: analizzava gli eventi di quella notte straordinaria e cercava di prevedere la prossima sorpresa.
In un certo senso, provava un’enorme sensazione di sollievo. Ogni incertezza per quanto concerneva la partenza era senza dubbio cessata; Tanya non avrebbe più potuto opporsi.
Rimaneva, però, un’incertezza ancor più grande. Che cosa stava accadendo?
Una sola esperienza, nella vita di Floyd, equivaleva a quella situazione. Nell’adolescenza, lui ed alcuni amici avevano esplorato in canoa un affluente del fiume Colorado… e si erano smarriti.
La corrente li faceva saettare sempre e sempre più in fretta tra le pareti del canyon, non proprio del tutto impotenti, ma con appena quel tanto di padronanza della canoa che evitava loro di essere sommersi. Davanti a loro poterono trovarsi rapide… forse anche una cascata; non lo sapevano. E, in ogni caso, potevano fare ben poco al riguardo.
Ora, una volta di più, Floyd si sentiva nella presa di forze irresistibili, che trascinavano lui e i suoi compagni verso un destino ignoto. E questa volta i pericoli non si limitavano ad essere invisibili; avrebbero potuto trascendere la comprensione umana.
«… sono Heywood Floyd e trasmetto quello che presumo — e anzi spero — sarà il mio ultimo rapporto dal Lagrange.
«Ci stiamo ora preparando per il ritorno sulla Terra; tra pochi giorni ce ne andremo da questo strano luogo, qui tra Io e Giove, ove ci avvicinammo all’enorme e misteriosamente scomparso manufatto da noi denominato Grande Fratello. Nulla ancora lascia intravvedere dove sia andato… o perché.
«Per vari motivi, sembra desiderabile che non restiamo qui più a lungo del necessario. E potremo partire almeno due settimane prima del previsto impiegando l’astronave americana Discovery come razzo vettore dell’astronave russa Leonov.
«L’idea fondamentale è semplice; le due navi spaziali verranno unite, l’una a cavalcioni dell’altra. La Discovery consumerà per prima tutto il suo propellente, facendo accelerare entrambe le astronavi nella direzione voluta. Quando i serbatoi della Discovery saranno vuoti, ci separeremo da essa come se si trattasse di un primo stadio… e la Leonov accenderà i suoi propulsori. Non se ne servirà prima perché, in tal caso, sprecherebbe energia per trascinare il peso morto della Discovery.
«Ricorreremo inoltre a un altro espediente che — come tanti altri concetti utilizzati nei viaggi spaziali — a tutta prima sembra sfidare il buon senso. Sebbene stiamo cercando di allontanarci da Giove, la nostra prima mossa consisterà nell’avvicinarci al pianeta il più possibile.
«È quanto abbiamo già fatto una volta, naturalmente, quando ci siamo serviti dell’atmosfera di Giove per rallentare la nostra velocità e metterci in orbita intorno al pianeta. Questa volta non arriveremo così vicini ad esso… ma soltanto poco di meno.
«La prima accensione dei propulsori, quassù sull’orbita di Io che dista da Giove trecentocinquantamila chilometri, ridurrà la nostra velocità per cui cadremo verso Giove e ne sfioreremo l’atmosfera. Poi, quando ci troveremo nel punto di massimo avvicinamento, consumeremo il propellente il più rapidamente possibile per aumentare la velocità e inserire la Leonov nell’orbita di ritorno verso la Terra.
«Qual è lo scopo di una manovra così pazzesca? Può essere dimostrato soltanto da calcoli estremamente complessi, ma ritengo che il principio fondamentale possa essere reso del tutto manifesto.
«Consentendo a noi stessi di cadere nell’enorme campo gravitazionale di Giove, acquisteremo velocità… e di conseguenza energia. Quando parlo al plurale, mi riferisco alle astronavi e al propellente che hanno a bordo.
«E noi consumeremo il propellente proprio là — nel fondo del «pozzo di gravità» di Giove — non lo risolleveremo più. Scaturendo dai nostri propulsori a reazione, esso condividerà con noi parte dell’energia cinetica che avrà acquisito. Indirettamente, avremo attinto alla gravità di Giove, affinché ci faccia accelerare per il ritorno alla Terra. Come ci siamo serviti dell’atmosfera gioviana per liberarci della velocità in eccesso all’arrivo. Questo è uno dei rari casi nei quali Madre Natura di solito così frugale ci consente entrambe le possibilità…
«Grazie a questa triplice spinta il propellente della Discovery, il proprio, e la gravità di Giove la Leonov si dirigerà verso il Sole lungo una iperbole che la riporterà sulla Terra cinque mesi dopo. Almeno due mesi prima di quanto avremmo potuto altrimenti raggiungerla.
Читать дальше