— Non avete risposto alla mia domanda — insistette Lansing. — Adesso che cosa succede? Ce ne andiamo a casa?
— Oh, no — disse D. — No, non andrete a casa. Non possiamo lasciarvi andare.
— Dovete capire — disse C, — che riusciamo a ottenerne pochi, di quelli come voi. Da certi gruppi possiamo averne uno, quasi mai due come è accaduto con voi; quasi sempre non ne otteniamo nessuno.
— Se ne vanno brancolando in tutte le direzioni — disse A. — Scappano, cercano rifugio nel mondo dei meli fioriti, o si lasciano incantare dai translatori, oppure…
— I translatori — l’interruppe Mary, — sarebbero le macchine che canticchiano nella città?
— Noi li chiamiamo così — disse B. — Forse voi potete proporre un nome più adatto.
— Non ci penso nemmeno — disse Mary.
— C’è il Caos — disse Lansing. — Deve ingoiarne parecchi. Eppure, al Caos, voi mi avete lanciato una corda.
— Ti abbiamo lanciato la corda — disse A, — perché hai tentato di salvare il robot. A rischio della tua vita, senza esitare, hai tentato di salvarlo.
— Pensavo che lo meritasse. Era mio amico.
— Forse meritava di essere salvato — disse A, — ma ha commesso un errore di giudizio. Qui non abbiamo posto per chi commette errori di giudizio.
— Non so dove diavolo vogliate arrivare — disse Lansing, irosamente. — Non mi piace quella vostra aria di superiorità. Non mi piacete per niente, voi quattro, e non mi siete mai piaciuti.
— In questo modo — disse D, — non approderemo a niente. Ti riconosco il diritto all’animosità nei nostri confronti. Ma non possiamo permettere che queste beghe meschine ci distolgano dalla necessità di parlare tra noi.
— Un’altra cosa — disse Lansing. — Se la discussione deve prolungarsi, non abbiamo intenzione di restare in piedi davanti a voi come supplici davanti a un trono. Potreste avere almeno la gentilezza di farci sedere.
— Ma certo, sedete — disse A. — Portate qui un paio di sedie e mettetevi comodi.
Lansing andò in un angolo della sala e portò due sedie. Sedettero.
La bestiola che dormiva nel cestello si avvicinò, fiutando. Si strusciò affettuosamente contro le gambe di Mary e si sdraiò ai suoi piedi, levò il muso e la guardò con gli occhi liquidi, amichevoli.
— E questo è il Fiutatore? — chiese lei. — Girava intorno ai nostri bivacchi, ma non siamo mai riusciti a vederlo.
— È il nostro fiutatore — disse C. — Ce ne sono diversi. Questo era assegnato a voi.
— Il Fiutatore ci sorvegliava?
— Sì, vi sorvegliava.
— E riferiva?
— Naturalmente — disse C.
— Ci avete spiati minuto per minuto — disse Lansing. — Non vi siete persi una mossa. Sapevate tutto quello che facevamo. Ci leggevate come libri aperti. Vi dispiacerebbe dirmi come stanno le cose?
— Volentieri — disse A. — Vi siete guadagnati il diritto di sapere. Venendo qui, vi siete guadagnati il diritto di sapere.
— Se siete disposti ad ascoltarci — disse B, — cercheremo di spiegarvelo.
— Stiamo ascoltando — disse Mary.
— Voi sapete, naturalmente — disse A, — che esiste una molteplicità di mondi, mondi che si scindono nei punti critici e formano altri mondi. E immagino che conosciate il processo evolutivo.
— Sappiamo cos’è l’evoluzione — disse Mary. — Un sistema che rende possibile la selezione del più adatto.
— Esattamente. Se ci pensate, vi renderete conto che la scissione dei mondi alternativi è un processo evolutivo.
— Per la selezione di mondi migliori, vuoi dire? Non è un po’ difficile definire un mondo migliore?
— Sì, è un po’ difficile. Ed è la ragione per cui siete qui. È la ragione per cui abbiamo portato qui molti altri. L’evoluzione, in quanto tale, non funziona. Opera in base allo sviluppo delle specie dominanti. In molti casi, i fattori di sopravvivenza che portano al predominio sono difettosi. Tutti hanno lacune, e molti contengono in sé il germe della propria distruzione.
— È vero — disse Lansing. — Nel mio mondo abbiamo creato un meccanismo che ci permette, se lo volessimo o se l’attivassimo per errore, di commettere un atto di suicidio razziale.
— La specie umana, con la sua intelligenza — disse B, — è una forma di vita troppo affinata perché le si possa permettere di sprecarsi… di commettere, come hai detto, un suicidio razziale. È vero, naturalmente, che se e quando la specie giunge all’estinzione, un’altra le succede, un’altra specie con un fattore di sopravvivenza più forte dell’intelligenza. Non sappiamo immaginare quale fattore possa essere. Non è detto che sia inevitabilmente superiore all’intelligenza. Il guaio della specie umana è che non ha mai dato alla propria intelligenza l’occasione di svilupparsi al massimo potenziale.
— E voi pensate di avere un modo per sviluppare questo massimo potenziale? — chiese Mary.
— E ciò che speriamo — disse D.
— Avete visto il mondo nel quale ora vi trovate — disse A. — Avete avuto la possibilità di intuire alcuni dei risultati ottenuti, e la direzione verso cui tendeva la sua tecnologia.
— Sì — disse Lansing. — Le porte che si aprono su altri mondi. Un concetto migliore di quello scoperto nel mio mondo. Da noi, sognamo le astronavi. Le sognamo soltanto, perché forse non saranno realizzabili. Però, ora che ci penso, nel mondo di Jurgens la Terra era deserta perché gli umani erano andati alle stelle.
— E sai se ci sono arrivati? — chiese C.
— Presumo di sì — disse Lansing. — Ma non lo so con certezza.
— E ci sono quelli che voi chiamate translatori — chiese Mary. — Un altro modo di viaggiare… di viaggiare e di apprendere. Immagino che si potrebbe utilizzare quel metodo per studiare l’intero universo, e riportarne idee e concetti che la razza umana forse non saprebbe mai immaginare. Io ed Edward abbiamo risentito soltanto gli effetti marginali. Il generale si è avventato alla carica e si è perduto. Potete dirci dov’è andato?
— No, non possiamo — disse A. — Usato impropriamente, il metodo può essere pericoloso.
— Eppure l’avete lasciato accessibile — disse Lansing. — L’avete lasciato accessibile, spietatamente, come una trappola per i visitatori imprudenti.
— Ecco — disse D, — hai centrato il problema. Gli imprudenti vengono esclusi. Nel nostro piano non sappiamo che farcene di quelli che agiscono da stolti.
— E il modo in cui avete eliminato Sandra alla torre che canta, e Jurgens sui pendii del Caos.
— Percepisco un senso d’ostilità — disse D.
— Hai maledettamente ragione di percepirla, l’ostilità. Sono ostile. Avete eliminato quattro dei nostri.
— Siete stati fortunati — disse A. — Molto spesso viene eliminato un gruppo intero. Ma non per un intervento da parte nostra. Vengono eliminati dai loro difetti innati.
— E quelli dell’accampamento? Quella specie di campo profughi nei pressi della torre che canta?
— Quelli sono i falliti. Si sono arresi. Hanno desistito e si sono arenati. Voi due non avete desistito. Perciò siete qui.
— Siamo qui — disse Lansing, — perché Mary ha sempre creduto che la soluzione si trovasse in questo cubo.
— E grazie alla forza della sua convinzione, avete risolto l’enigma — disse A.
— È vero — disse Lansing. — Ma se è vero, perché sono qui anch’io? Semplicemente perché mi sono accodato a Mary?
— Sei qui perché, lungo il cammino, hai preso le decisioni giuste.
— Al Caos ho preso una decisione sbagliata.
— Noi non la pensiamo così — disse C. — Una questione di sopravvivenza, per quanto importante, non sempre è una decisione giusta. Vi sono decisioni che possono trascurare la sopravvivenza.
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