Jorgenson chiese: — Lansing, che cos’hai? Mi sembri molto pensieroso.
— Stavo pensando — disse Lansing, — a quello che dovremmo fare domattina.
Non era ciò che aveva pensato, ma era l’unica cosa che poteva dire per rispondere a Jorgenson.
— Torneremo alla città, immagino — disse Jorgenson. — È quello che avevi proposto.
— Verrete con me? — chiese Lansing.
— Non voglio andare alla città — disse Melissa. — Ci sono stata una volta e…
— Non vuoi andare alla città e non vuoi andare a nord — disse Jorgenson. — Ci sono troppi posti dove rifiuti di andare. Se continui così, Gesù, me ne andrò per i fatti miei e ti lascerò sola. Non fai altro che lamentarti.
— Credo che potremmo risparmiare un po’ di tempo — disse Lansing, — tagliando attraverso la campagna.
— Come sarebbe a dire, attraverso la campagna?
— Ecco, guardate — disse Lansing. Posò la tazza e spianò con il palmo della mano un tratto di sabbia. Incominciò a tracciare una mappa con l’indice. Quando abbiamo lasciato la città, abbiamo seguito la pista delle maleterre. Eravamo diretti verso nord-nord-ovest. Poi, quando siamo partiti dalla locanda, abbiamo marciato direttamente a ovest, fino alla torre. A me sembra che debba esserci un percorso più diretto.
Aveva tracciato una linea che rappresentava la pista delle maleterre e un’altra, ad angolo retto, fra la locanda e la torre. Ne tracciò una terza che collegava la torre alla città. — Se procedessimo così, la distanza sarebbe inferiore. È un triangolo, vedete? Anziché percorrere due lati, ne percorreremmo uno solo. Dirigiamoci verso sud-est.
— Ci troveremmo in un territorio sconosciuto — protestò Jorgenson. — Senza una strada da seguire. Ci perderemmo nelle maleterre. Ci smarriremmo sicuramente.
— Potremmo orientarci con la bussola. Forse eviteremmo le maleterre. Può darsi che non si estendano molto lontano, verso ovest. E sarebbe un percorso molto più breve.
— Non lo so — disse Jorgenson.
— Lo so io. Ed è quello che farò. Verrete con me?
Jorgenson esitò per un lungo momento, poi disse: — Sì, verremo con te.
Partirono allo spuntar dell’alba. Dopo circa un’ora, attraversarono il fiume che scorreva verso est e che, qualche chilomentro più oltre passava accanto alla locanda. L’attraversarono a un guado poco profondo, bagnandosi appena.
Il territorio incominciò a cambiare. Saliva dal fiume in un pendio dolce, segnato da lunghi dossi uno più elevato dell’altro. Il suolo divenne meno arido. C’era meno sabbia e più erba. Incominciarono ad apparire gli alberi e, via via che salivano ogni dosso, gli alberi diventavano sempre più numerosi e più imponenti. In alcune delle vallette che separavano le creste scorrevano ruscelletti d’acqua limpida e scintillante che mormorava sui sassi.
Verso la fine della giornata giunsero in cima a un dosso considerevolmente più alto di quelli che avevano superato e scorsero, distesa ai loro piedi, una valle più ampia e più lussureggiante… una valle verde, con moltissimi alberi e un fiume di dimensioni rispettabili. Non molto lontano, verso ovest, salivano nell’aria esili spire di fumo.
— C’è gente — disse Jorgenson. — Dev’esserci gente.
Si mosse per proseguire, ma Lansing tese la mano e lo trattenne.
— Cosa c’è — chiese Jorgenson.
— Non è il caso di precipitarsi.
— Ma c’è gente, ti dico.
— Sì immagino. Ma non precipitiamoci. E non avviciniamoci neppure furtivamente. Dobbiamo fargli sapere che siamo qui, e dargli la possibilità di vederci bene.
— Tu sai sempre tutto — disse Jorgenson con una smorfia.
— Non so tutto — rispose Lansing. — È una questione di buon senso. O lasciamo che ci vedano bene, oppure gli giriamo intorno e li evitiamo.
— Io credo che dovremmo andare da loro — disse Melissa. — Mary potrebbe essere là. Oppure qualcuno può sapere qualcosa di lei.
— È poco probabile — disse Lansing. — Sono convinto che si sia diretta verso la città. Non aveva motivo per passare da questa parte.
— Andiamo a raggiungerli — disse Jorgenson in tono bellicoso. — Forse qualcuno saprà che cosa sta succedendo. E allora sarebbe la prima volta che lo sapremmo anche noi, da quando siamo arrivati.
— D’accordo — disse Lansing. — Andiamo.
Scesero la collina e arrivarono nel fondovalle. Proseguirono lentamente, verso il fumo. Qualcuno, più avanti, li vide e gridò un avvertimento. I tre si fermarono e rimasero in attesa. Dopo pochi istanti comparve un gruppetto, una decina di persone che scendevano la valle per incontrarli. Poi si fermarono, e tre uomini si fecero avanti.
Lansing, che s’era fermato lasciandosi indietro Jorgenson e Melissa di qualche passo, studiò i tre. Uno era vecchio. Aveva la barba e i capelli bianchi. Gli altri due erano più giovani… uno era un ragazzo biondo, con la barba e i capelli che gli scendevano sulle spalle, l’altro era un uomo torvo, con la pelle e i capelli scuri. Non aveva la barba, ma si vedeva che non si radeva da diversi giorni. Erano tutti laceri, con i gomiti che spuntavano dalle maniche, e i buchi nei ginocchi dei calzoni, e strappi malamente ricuciti. Il vecchio portava un giubbotto che sembrava confezionato con pelli di coniglio.
I tre si fermarono a pochi passi. Il biondo parlò in una lingua sconosciuta.
— Una lingua da selvaggi — disse Jorgenson. — Perché non parla inglese?
— È una lingua straniera, non da selvaggi — disse Lansing. — Credo che sia tedesco. Qualcuno di voi parla inglese?
— Io — disse il vecchio. — E altri due, nell’accampamento. Hai indovinato. Il mio giovane amico parla tedesco. Pierre, qui, parla francese. Io li capisco abbastanza bene. Mi chiamo Allen Correy. Immagino che veniate dalla torre. Dovete aver perso la strada.
— Per la precisione — disse Lansing, — siamo diretti verso la città.
— Perché? — chiese Correy. — Là non c’è niente. Lo sappiamo tutti.
— Lui sta cercando la sua ragazza — disse Jorgenson. — È convinto che sia andata là.
— In questo caso — disse Correy a Lansing, — ti auguro di ritrovarla. Sai come arrivarci?
— È a sud-est — disse Lansing. — Credo sia il percorso giusto.
— Sì, credo di si — disse Correy.
— Sapete qualcosa del territorio più avanti?
— Lo conosciamo solo per pochi chilometri. Non ci allontaniamo molto dal campo. È più prudente.
— Immagino che siate come noi. Non so come definire quello che siamo. Non ci ho mai pensato. Siamo stati portati qui.
— Anche noi — disse Correy. — Forse ci sono altri gruppi come il nostro, ma se ci sono non sappiamo dove siano. Sapete, naturalmente, che pochi sopravvivono. Noi siamo un gruppetto di superstiti. Siamo trentadue. Dodici uomini, e il resto donne. Certuni sono qui da anni.
Il francese gli disse qualcosa, e Correy si rivolse a Lansing: — Scusami, dimenticavo le buone maniere. Non volete venire con noi al campo? Presto sarà buio, e la cena è quasi pronta. Abbiamo un pentolone di spezzatino di coniglio, e una quantità di pesci da friggere. Non mi sorprenderei se ci fosse anche un’insalata, però abbiamo finito da un pezzo l’olio e dobbiamo arrangiarci con il grasso caldo. E devo avvertirvi che siamo a corto di sale. Ormai ci siamo abituati e non ne sentiamo più la mancanza.
— Non la sentiremo neppure noi — disse Melissa. — Accettiamo l’invito con piacere.
Poco più avanti, quando superarono un boschetto che lo nascondeva, trovarono un campo di granoturco dove c’era ancora qualche pannocchia. Oltre il campo, in una caletta riparata formata da un’ansa del fiume, c’era un assortimento di rozze capanne e alcune tende malconce. I fuochi erano accesi e tutto intorno c’erano gruppetti di persone in attesa.
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