— No, non l’ho notato, signore. Avevo da fare.
— Non ha lasciato detto qualcosa? Non ha lasciato un biglietto?
La donna disse: — Mi pare di sì. L’ho messo via. Ora vado a prenderlo.
Corse fuori, e Lansing attese. Dopo un po’ la donna ritornò portando una bottiglia e un boccale e li mise sul tavolo davanti a lui.
— Non so come sia successo — gli disse. — Ma non riesco a trovare il biglietto. Devo averlo perso.
Lansing scattò in piedi, furioso. — Come può aver perso un biglietto? Un biglietto che le è stato dato questa mattina?
— Non so come ho fatto, signore. Ma a quanto pare l’ho perso.
— Bene, allora lo cerchi. Guardi meglio.
— Ho cercato dappertutto — disse. — Non è dove credevo di averlo messo. Non c’è da nessuna parte.
Lansing si lasciò ricadere sulla sedia. La donna gli versò da bere e glielo porse. — Accenderò il fuoco, così si scalderà, e le preparerò qualcosa — disse. — Probabilmente ha fame.
— Sì, ho fame — ringhiò Lansing.
— La signora — disse la donna, — non aveva denaro…
— Maledizione — gridò Lansing. — Pagherò io il suo conto. È sicura che il biglietto si sia perso?
— Sicurissima, signore — disse la locandiera.
Lansing rimase seduto a bere, incupito, mentre lei accendeva il camino.
— Si fermerà questa notte? — chiese la locandiera.
— Sì — rispose lui. — Partirò domattina presto.
Dove poteva essere andata Mary? Alla torre che cantava, per aspettarlo, sapendo che lui sarebbe arrivato? Oppure aveva riattraversato le maleterre per tornare alla città? No, non era tornata alla città, pensò, no, certamente. O forse sì. Poteva anche darsi. Forse aveva pensato che ci fosse qualcosa da esaminare meglio, un aspetto della città che prima avevano trascurato. Ma perché non l’aveva atteso lì? Sapeva indubbiamente che l’avrebbe seguita.
Continuò a riflettere, considerando i pensieri che gli affioravano via via nella mente. Quando la locandiera venne a portargli la cena, aveva preso una decisione. Sarebbe ritornato alla torre che cantava; e se non l’avesse trovata lì, si sarebbe rimesso in cammino… dalla torre alla locanda, e poi verso la città. Se Mary non fosse stata nella città, sarebbe tornato al cubo. Continuava a ricordare che Mary aveva sempre pensato che la soluzione fosse il cubo.
Era a poche ore di marcia dalla torre quando incontrò gli altri due, Jorgenson e Melissa. Non aveva più visto il Lamentatore.
— Mio Dio — disse Jorgenson. — Sono contento che ti abbiamo trovato. Alla torre non c’era nessuno.
— C’era soltanto Sandra, ed è morta — disse Melissa.
— Dove sono gli altri due? — chiese Jorgenson.
— Jurgens s’è perduto nel Caos — rispose Lansing. — E io sto cercando Mary. Siete sicuri di non averla vista?
— Sicurissimi — disse Jorgenson. — Dove credi che possa essere andata?
— È stata alla locanda. Pensavo che fosse tornata alla torre. Ma dato che non l’ha fatto, immagino che si sia diretta verso la città.
— Avrebbe dovuto lasciarti detto qualcosa alla locanda — disse Melissa. — Voi due eravate molto amici.
— Aveva lasciato un biglietto. La locandiera non è riuscita a trovarlo. Ha detto che l’ha perduto. L’ho aiutata a cercarlo, prima di ripartire.
— È strano — disse Jorgenson.
— Sì, è molto strano. Sembra che tutto, qui, congiuri contro di noi.
— Cos’è successo a Jurgens? — chiese Melissa. — Mi era simpatico. Era molto caro.
Lansing raccontò, in fretta, poi chiese: — Cosa c’è a ovest? Avete trovato qualcosa?
— Non abbiamo trovato niente — rispose Jorgenson. — Siamo rimasti in giro un paio di giorni più del previsto, nella speranza di trovare qualcosa. È una zona arida, non proprio desertica, ma quasi. Abbiamo avuto difficoltà con l’acqua, ma ci siamo arrangiati.
— È un territorio vuoto — disse Melissa. — Potevi cercare per chilometri e chilometri e… niente.
— Poi siamo arrivati alla fine della scarpata che stavamo attraversando — disse Jorgenson. — Naturalmente non sapevamo che era una scarpata. A un certo punto il terreno si spezzava in una lunga linea di strapiombi, e là a quanto abbiamo potuto vedere, c’era il deserto. Un vero deserto: non c’era altro che sabbia. Si estendeva a perdita d’occhio ed era ancora più vuoto, se possibile, del territorio che avevamo attraversato. Così siamo tornati indietro.
— Il Caos a nord e niente a ovest — disse Lansing. — Resta il sud, ma non andrò a sud. Andrò alla città; credo che Mary sia là.
— Il sole sta per tramontare — disse Jorgenson. — Perché non ci accampiamo? Ripartiremo domattina. Decideremo quello che vogliamo fare e ripartiremo domattina.
— D’accordo — disse Lansing. — È inutile raggiungere la torre, dato che l’avete appena lasciata. Ditemi di Sandra. L’avete sepolta?
Melissa scrollò la testa. — Ne abbiamo parlato, ma non ci siamo decisi a farlo. Non sembrava giusto seppellirla. Abbiamo pensato che fosse meglio lasciarla dov’era. È poco più di una mummia. Credo che sia morta come avrebbe desiderato morire. Abbiamo concluso che era meglio lasciarla così.
Lansing annuì. — Anch’io ho pensato la stessa cosa. Mi sono persino chiesto se era morta davvero. Mentre la guardavo avevo la sensazione che se ne fosse andata, semplicemente. Che la sua vita, il suo spirito, fossero andati altrove, lasciando un guscio vuoto e inaridito.
— Credo che abbia ragione — disse Melissa. — Non so esprimermi bene, ma credo che tu abbia ragione. Era diversa da noi tutti; non è mai stata una di noi. Quello che sarebbe giusto per noi, per lei non lo sarebbe.
Accesero il fuoco, prepararono la cena e il caffè e mangiarono rannicchiati intorno al fuoco. Sorse la luna, le stelle spuntarono. La notte era solitaria.
Mentre teneva fra le mani la tazza del caffè e beveva un sorso ogni tanto, Lansing pensò al Caos e a Jurgens, soprattutto a Jurgens. Avrebbe potuto fare qualcosa, si chiese, per salvare il robot? C’era stato un modo, se lui fosse riuscito a pensare lucidamente e in fretta, per scendere il pendio sabbioso e afferrare il suo amico e trascinarlo in salvo? Non riusciva a immaginare come avrebbe potuto farlo. Eppure non poteva sottrarsi al rimorso che saliva a soffocarlo. Lui era là. Indubbiamente avrebbe potuto fare qualcosa. Aveva tentato, certo; s’era avventurato sul pendio infido, aveva cercato di salvarlo, ma non era bastato. Aveva tentato e aveva fallito, e quel fallimento spiegava il rimorso.
Dov’era Jurgens, adesso? Dov’era andato, dov’era finito? Lui, Lansing, non era neppure rimasto a vedere dov’era andato il suo amico. Era stato troppo indaffarato per cercare di salvarsi; ma anche così, avrebbe dovuto notare cosa era stato del robot. Sembrava, si disse cupamente, che il rimorso non avesse fine. Qualunque cosa facesse un uomo, c’era sempre il rimorso.
Con ogni probabilità Jurgens aveva continuato a scivolare, senza potersi fermare, fino a quando era arrivato al punto dove la nera cortina del Caos ruggente (qualunque cosa fosse il Caos) scendeva a toccare la sabbia. E cos’era accaduto allora? Cosa aveva detto Jurgens, poco prima di cadere? La fine di tutto. L’universo scompare. Divorato dalla tenebra. Jurgens ne aveva avuto la certezza? O l’aveva detto soltanto per dire? Era impossibile saperlo.
Era strano, pensò Lansing: i modi in cui si erano perduti. Il reverendo aveva varcato una porta. Il generale di brigata era stato afferrato (afferrato?) da due file di macchine che canticchiavano in sordina. Sandra era stata risucchiata da una torre che cantava. Jurgens era scivolato nel Caos. E Mary… Mary se n’era andata. Ma non era ancora perduta… almeno, a quanto ne sapeva lui, non era perduta come gli altri. Per Mary c’era ancora speranza.
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