Arthur Clarke - Culla

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Un missile top secret che svanisce in volo. Un tridente d’oro che cambia sorprendentemente forma. Una caverna subacquea custodita da balene... Qualcosa si nasconde nel fondo marino al largo di Key West, un mistero in parte umano ma nello stesso tempo terribilmente alieno. Il suo potere è immenso e terrificante e potrebbe distruggere ogni forma di vita sulla Terra. Ma qualcuno ha deciso di scoprire il terribile segreto. E da quel momento non esiste più alcuna certezza, nessun luogo sicuro in cui nascondersi, nessuna alleanza su cui poter contare. Intorno a una giornalista bella e ambiziosa, disposta a correre qualsiasi rischio pur di arrivare alla verità, si stringe la rete di una cospirazione implacabile: spie militari, killer spietati, ma soprattutto una forza estranea e sconosciuta, le cui mosse nessuna mente umana potrebbe comprendere e prevedere... L’inesauribile immaginazione di Arthur C. Clarke spazia in questo nuovo romanzo dagli enigmi irrisolti del passato alle soglie indecifrabili del futuro, dagli infiniti oceani di stelle all’imperscrutabile fondo del mare. In un appassionante viaggio ai confini della realtà, Culla esplora i percorsi dell’avventura e dell’ignoto.

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Tentò di fermarlo con le mani, ma lui non se ne diede per inteso. Poi, un attimo prima che intervenisse Troy a fermarlo gli allungò un ceffone con la mano libera dalla busta. Sgomento, Nick perse l’equilibrio e cadde sull’erba a pancia sotto.

Sempre furibonda, Carol gli si chinò sopra e lo rivoltò con forza sulla schiena. «Non ti azzardare mai più a usare la forza con me, mai più. In nessuna circostanza! » gli gridò. Poi gli buttò la busta sullo stomaco e si drizzò di scatto. Uno sguardo a Troy, e si avviò a grandi passi, scuotendo la testa dal ribrezzo, giù per il vicolo.

ASSEMBLAGGIO E PROVA

Sotto il microscopio elettronico sembrano molle avviticchiate con un codino. Quando vengano messe in acqua o in altro liquido, le molle sembrano distendersi e dalla coda si estendono di pochi angstrom delle appendici ciliate che provvedono alla mobilità.

Sono a milioni, concentrate in un miscuglio grande quanto una gocciolina d’acqua, e, al momento, vengono minuziosamente esaminate da un apparecchio laser, che le conta e vaglia a misura che procede nell’illuminazione di porziuncole del miscuglio. Al termine della conta, la divisione più piccola del miscuglio separato viene versata, attraverso un condotto, dal recipiente metallico in un altro liquido — verde-smeraldo, questo — che è contenuto in un becher foggiato a bottiglia. Una volta (nel becher), le molle si snodano e prendono a vagare a caso.

Il liquido verde-smeraldo viene agitato con regolarità da meccanismi esterni. Minuscoli sensori piazzati all’interno del becher registrano temperatura, pressione, e caratteristiche chimiche ed elettriche precise del fluido. Ci dev’essere qualche parametro non perfetto al cento per cento, perché, alla base del becher, si apre ora una valvolina che inietta nella soluzione verde una nuova sostanza chimica. Rilevazioni ininterrotte seguono la diffusione dell’additivo. Finalmente, il fluido risulta modificato in maniera appropriata, e si ha il raggiungimento di un nuovo equilibrio.

Tutto è ora pronto. Dall’alto vengono versate nel contenitore diverse migliaia di pallini. Di questi, alcuni galleggiano in superficie, ma la maggior parte s’inabissano a profondità diverse nel liquido. In ciascun pallino è incorporata una complessa struttura ingegneristica ultraminiaturizzata. La superficie esterna dei pallini è munita di sensori che scrutano la regione circonvicina del liquido alla ricerca degli oggetti simili a molle. Un trasmettitore ad alta frequenza, alloggiato accanto ai sensori, invia una chiamata alle molle, attirandole, e attorno a ciascun pallino se ne aggrumano così a mucchi.

Poi, una alla volta, le molle vengono afferrate da piccoli strumenti e portate all’interno della sezione spugnosa esterna del pallino, dove dei vettori elettrificati le trasportano verso la cavità centrale di esso. In questa cavità ha sede una chiazza nera e amorfa, il cui esterno muta costantemente forma a misura che il suo opaco materiale si sposta qua e là sotto la spinta di stimoli ignoti. La chiazza è circondata da una sostanza appiccicosa gialla, che riempie il resto della cavità.

La prima molla sguscia dal vettore, e, localizzata la chiazza, vi penetra. Per un istante la si può vedere in moto verso il suo centro, poi viene frantumata e distrutta nel giro di millisecondi. Altre molle vengono sparate nella cavità a intervalli regolari, e tutte tentano, dopo la penetrazione, di raggiungere qualche regione particolare della chiazza. Finalmente, una ci riesce, e la chiazza muta colore in rosso vivo. In rapida successione, la sezione spugnosa esterna del pallino libera una sorta di enzima che cade nella sostanza appiccicosa gialla, la quale assume una sfumatura verdognola, e il resto delle molle sparisce al completo, apparentemente assorbito dalla struttura del pallino. A questo punto, il pallino s’allunga, ed estende nel liquido smeraldo un sistema propulsore in miniatura. Dopo essersi avventurato con cautela fra i molti ostacoli, il pallino si unisce alla fila di pallini fecondati che attraversano, a uno a uno, una diafana membrana di forma tonda che giace sul fondo del becher.

Il fluido denso di pallini scorre rapido lungo un tubicino fino a raggiungere un contenitore semichiuso grande all’incirca come il becher. All’interno di questo vaso trasparente, un oggetto meccanico foggiato a cucchiaio affonda nel flusso del liquido in arrivo a raccogliere i pallini, i quali, una volta pescati, vengono momentaneamente sospesi, attorno al liquido in entrata, in un gas pesante contenuto nel vaso. Nel giro di pochi istanti, ciascun pallino si spezza, mentre il suo guscio apparentemente si dissolve, e nel vaso rimane visibile una serie di puntolini rossi circondati dalla sostanza verdognola e sospesi in un gas invisibile.

La sostanza si espande lentamente nel vaso al di sopra del liquido in entrata, fino a riempire tutti gli spazi liberi fra i puntolini rossi. Poi, una volta sparito del tutto il liquido smeraldo, si consolida in gelatina e va a tappare i fori di uscita e di entrata del fluido. Nel vaso ci sono ora parecchie migliaia di puntolini rossi alloggiati nella gelatina verdognola, i quali, nel corso del processo non hanno subito mutamenti visibili.

Passa del tempo. Nel vaso trasparente si ha una cessazione dell’attività. Ogni tanto vengono inserite delle sonde meccaniche per verificare la stabilità della gelatina nei fori ostruiti. Alla fine, il vaso viene afferrato da una specie di elevatore a forca robotizzato, che, toltolo dal suo alloggiamento, lo posa su un nastro trasportatore accanto a svariate dozzine di altri vasi, contenenti oggetti di tipo diverso (matite blu, stelle purpuree, e scatole rosse, fra gli altri) anch’essi sospesi in gelatina verdognola. Il nastro li porta tutti a un ampio forno circolare di quasi tre centimetri di diametro, dove vengono messi a cuocere insieme. All’interno del forno, le molecole di materia in essi contenute evaporano all’istante. A questo punto, una coppia di mani manipolatrici prive di corpo avvolge attorno alle strutture gelatinose un tessuto incredibilmente fine di filamenti connettivi. Dopo qualche tempo, l’unità assemblata viene tolta automaticamente dal forno e impaccata in un involucro di metallo dorato, i cui numerosi strati sono stati appositamente concepiti per la protezione ambientale residua.

I combustibili ipergolici si mescolano e s’accendono istantaneamente, saettando fuoco dall’ugello del razzo. L’affusolato veicolo sale, prima lentamente, poi con velocità sbalorditiva. Prima che raggiunga lo zenith della traiettoria, lo stadio sottostante lo strano carico-utile di forma paraboloide si stacca, e sotto il ventre del boomerang volante si accendono minuscoli motori. All’apice della traiettoria, l’intera struttura esplode improvvisamente, in apparenza disintegrandosi, e centinaia di frammenti del carico-utile originario ricadono, apparentemente a caso, verso la superficie del pianeta.

Un esame ravvicinato rivela che ogni singolo frammento risultante dall’esplosione è fatto di materiale di metallo dorato, incapsulato in plastica. Alla plastica è fissato un piccolo involto con sensore di propulsione, atto a fornire le necessarie correzioni di verniero durante la discesa susseguente all’esplosione controllata. I frammenti plastificati cadono su uno strano pianeta ibrido, ovviamente artificiale a giudicare dall’ampia varietà di superfici incongrue e di raggruppamenti nuvolosi già riconoscibili a decine di chilometri d’altitudine. Ci sono, sparsi qua e là, liquidi laghi di tinte diverse e una conformazione discontinua della superficie, con regioni desertiche ed erbose e montagne brulle e canyon. Un settore compatto del pianeta è coperto di nubi, bianche e fioccose in un punto, marroni e dense in un altro. Alcune sono attive: s’impilano e mutano per effetto di turbolenza; altre statiche, esili bave di bianco che striano immobili il cielo.

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