Seguì un imbarazzato silenzio. «Mi spiace» disse Nick, di nuovo toccato dalla franchezza di Troy. Troy si strinse nelle spalle, lottando con l’improvviso ricordo.
Nick cambiò argomento. Parlarono della barca, e di Homer e del suo equipaggio, per diversi minuti. Poi, a un tratto, Nick guardò l’orologio. «Oh, Cristo!» esclamò. «Sono le quattro passate, e alle quattro dovevamo incontrare Carol Dawson, no?»
«Dovevamo altroché» fece Troy, balzando dalla poltrona. «Bei soci che siamo» ghignò «a passare tutto un pomeriggio a bere birra e a giocare!» Dopo una reciproca pacca, gettarono le lattine vuote nella spazzatura e lasciarono la casa per la macchina di Nick.
Seduta nella sala comunicazioni del Marriott, Carol appariva chiaramente irritata. Tambureggiando con le dita sul tavolo, ascoltava il “libero” del telefono. Un clic, finalmente, poi la voce di Nick: «Al momento, sono fuori casa, ma se…». Pigiando di furia il tasto, completò lei stessa la frase, sfogando un po’ di frustrazione col sarcasmo: «Ma se volete lasciare nome, numero e ora di chiamata, verrete richiamati al mio ritorno. Merda. M-E-R-D-A. Lo sapevo che avrei dovuto chiamare prima di partire da Miami!».
Compose un altro numero. Rispose Bernice, che la mise in comunicazione-video col dottor Dale Michaels. «Ci crederesti che non riesco a pescare quello stupido bastardo?» esordì, saltando i convenevoli. «Non è sulla sua barca, non è a casa e nessuno sa dove sia. Tanto valeva che rimanessi a Miami a farmi un sonnellino!»
A Dale, di Nick e Troy, non aveva detto gran cosa, e il poco che aveva detto di Nick era stato tutt’altro che riguardoso. «Be’, e che ti aspettavi?» rispose Dale. «Hai voluto tu uscire con dei dilettanti per copertura. E perché, poi, lui dovrebbe farsi trovare prima dell’appuntamento? I tipi del suo genere usano stare a letto con la dama del giorno finché non gli pare che sia giunta l’ora di salutare il mondo» concluse, ridacchiando fra sé.
Carol si sentì stranamente irritata da questo sprezzante commento sulla vita amorosa di Nick. Fu lì lì per replicare, ma si trattenne. «Senti, Dale,» disse invece «questa linea telefonica è assolutamente sicura? Perché avrei un paio di cose delicate da discutere con te.»
«Ma certo» sorrise lui. «Ho dei sensori che lampeggiano alla minima interruzione immotivata in qualsiasi punto della linea — a partire dal tuo.»
«Bene» disse Carol, estraendo il taccuino e percorrendo con lo sguardo un elenco scritto a mano. «Per quanto risulta ad Arnie Webber» disse, alzando gli occhi alla telecamera «non esistono divieti al recupero di cose appartenenti al governo degli Stati Uniti, purché i pezzi recuperati vengano restituiti al legittimo proprietario a brevissima distanza dal ritrovamento. Perciò, tirando su il missile, non commetterei tecnicamente alcun illecito.» E spuntò il primo punto dell’elenco.
«Nel volo da Miami, però, ho riflettuto a una cosa, Dale: che qui si tratta, in fin dei conti, di un missile teleguidato, che potrebbe anche esplodere. Sono matta, a preoccuparmi? O questo coso è stato reso inoffensivo o altro, dopo tanti giorni di sabbia e acqua salata?»
«A volte, Carol, sei proprio impagabile!» rise Dale. «Il nuovo missile, ne sono abbastanza sicuro, è stato progettato perché operi o via aria o via acqua, per cui non credo che la sabbia possa averne danneggiate le parti fondamentali in così poco tempo. Comunque, il fatto che non sia ancora esploso mi fa pensare che probabilmente non sia stato armato in partenza, eccetto forse che con un piccolo congegno distruttore che può, ma può anche non essere andato fuori uso. Recuperandolo, ti assumi un rischio calcolato, e io resto del parere che faresti meglio a limitarti a fotografarlo e a dare quindi in pasto la storia al pubblico. Tirarlo su per esibirlo mi sembra più una bravata che un lavoro da giornalista. Ed è pericoloso.»
«Come ti ho detto in macchina,» replicò brusca Carol «hai diritto a pensarla come ti pare. La Marina potrebbe sostenere che le mie foto sono truccate, mentre con un missile fisicamente presente e chiaramente visibile al pubblico televisivo di una nazione intera, non potrà dire neanche tanto così. Insomma, voglio il massimo impatto per questa storia.»
Spuntata un’altra voce dall’elenco, continuò: «Ah, sì… Stamane ho dimenticato di dirti che ho conosciuto un altro padrone di barca, quaggiù: un tipo un po’ da brividi, a dire la verità, più vecchio dell’altro e grasso, di nome Homer, che è sembrato riconoscermi all’istante. Uno ricco, yacht di qui a là, e tutte quelle cose lì. Strano equipaggio, anche».
«Non si chiama mica Ashford, di cognome, per caso? Homer Ashford?» la interruppe Dale.
Carol annuì. «Perché lo conosci?» chiese.
«Ma sicuro» rispose Dale. «Era il capo della spedizione che ha trovato il tesoro della Santa Rosa , nel 1986. E lo conosci pure tu, anche se chiaramente non te ne ricordi. Lui e la moglie sono stati invitati al banchetto di premiazione dell’IOM ai primi del ’93.» Dopo un istante di riflessione, continuò: «Sì, ora ricordo: è stato quando sei arrivata tardissimo per via della minaccia che avevi ricevuto da Juan Salvador. Mi stupisce, però, che tu abbia dimenticato quei due. La moglie, specialmente: quella grassona che credeva tu fossi il pigiama del gatto!».
Pian piano, nella mente di Carol si riaccese, sempre più netto, il ricordo di una bizzarra serata risalente a poco dopo l’inizio della sua relazione con Dale. In un servizio sul traffico di cocaina pubblicato sull’ Herald , aveva sostenuto che le indagini della polizia venivano ostacolate di proposito dall’assessore cubano Juan Salvador. Il mezzogiorno seguente, una fonte solitamente affidabile aveva telefonato al direttore del giornale per dirgli che il senor Salvador aveva appena «stipulato un contratto» per la vita di Carol. L’ Herald le aveva perciò assegnato una guardia del corpo, raccomandandole di cambiare la routine quotidiana in modo da rendersi difficilmente localizzabile.
La sera del banchetto dell’IOM, lei era stordita. Dopo sole tre ore di presenza della guardia del corpo al suo fianco, si sentiva già confinata e limitata nei movimenti. La minaccia, però, l’aveva spaventata sul serio, sicché, nel corso del banchetto, aveva scrutato ogni faccia alla ricerca di quella del possibile assassino, aspettandosi da un momento all’altro che qualcuno facesse una mossa. Quattordici mesi dopo, seduta nella sala comunicazioni, ricordò vagamente di aver riconosciuto Homer (vestito in smoking) e una grassona allegra che l’aveva seguita per una ventina di minuti. Di nuovo ’sta memoria, maledizione , pensò. Avrei dovuto riconoscerlo subito. Che scema!
«Sì, ora ricordo» disse a Dale. «Ma come mai erano al banchetto di premiazione dell’IOM?»
«Perché la serata era in onore dei nostri principali benefattori,» rispose Dale «e Homer ed Ellen sono stati dei grossi finanziatori del nostro progetto di sorveglianza sottomarina». Dirò di più: lui ha sperimentato molti nostri progetti nella sua installazione di Key West, fornendoci dati di prim’ordine: la miglior compilazione di risposte sentinella/intruso mai effettuata! Pensa che è stato lui a mostrarci come si poteva ingannare l’MQ-6 e…»
«Va bene, va bene,» interruppe Carol, consapevole di avere una soglia di tolleranza ancora estremamente bassa «grazie delle informazioni. Adesso, visto che sono le quattro meno un quarto, vado al porto a incontrare Nick Williams e a mettermi d’accordo per domani. In caso di novità, ti chiamerò stasera a casa.»
«Ciao,» disse Dale Michaels, in un vano tentativo di apparire sofisticato «e sta’ attenta, ti prego.»
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