«Vuol dire che sei pronto a continuare, professore?» fece Troy, con un gran sorriso di soddisfazione per l’elogio avuto. «Permetti un consiglio, però. Quando sarai in biblioteca, da’ un’occhiata all’ Enciclopedia dei veicoli spaziali , così da metterti in grado, perlomeno, di riconoscere le navi nemiche, quando ti capiteranno sullo schermo. Altrimenti, alle parti eccitanti del gioco non ci arrivi.»
Il pomeriggio passò in fretta. Nick trovò splendidamente distensiva l’evasione nel fantasioso mondo del gioco di Troy: proprio il tonico che gli ci voleva dopo i ricordi di Monique. Troy, rendendosi conto del suo divertimento, ringalluzzì tutto: provò un empito di fervore creativo, e sentì rinascere in sé la convinzione che Avventura aliena sarebbe stata il suo biglietto d’ingresso nel mondo del successo.
Nella sua vana ricerca della principessa Heather, Nick morì un altro paio di volte. La prima, quando atterrò su un pianeta, non segnato dalla carta, di nome Thenia. Qui, un nero dalla testa di lucertola venne a dirgli che se ne andasse, perché su quel pianeta c’erano solo guai. Ignorando il consiglio, lui si allontanò dalla navetta con un fuoristrada, ciò che lo portò a schivare di misura un’eruzione vulcanica, ma a finir intrappolato e inghiottito da un gigantesco budino melmoso trasudante dal terreno in prossimità del luogo d’atterraggio della navetta.
In un’altra reincarnazione, incontrò Samantha, la sorella della principessa Heather, interpretata in un paio di scene da Corinne, l’amica del cuore di Julianne. Troy aveva dato a Corinne l’aspetto di Susie Q, la famosa pornodiva dei primi anni Novanta, e gran parte delle inquadrature sullo schermo proveniva appunto da Piacere al limite del dolore , il suo classico dell’osceno. Un’abile interfacciatura di fotogrammi nuovi e fotogrammi del film dava l’illusione di esser dentro il film con Susie Q, e di riceverne prestazioni sessuali irrifiutabili.
Samantha, alias Susie Q, prima sedusse Nick, poi lo trafisse a morte con uno stiletto mentre giaceva nudo e in attesa sul letto. A questo punto, i due uomini stavano bevendo l’ultima confezione di sei birre, sicché la combinazione di scene pornografiche e alcol aveva fatto degenerare la conversazione nell’osceno. «Cazzo,» esclamò Nick, pregando Troy di ripassare la scena in cui una nuda Samantha/Susie Q veniva zumata in atto di prendergli in bocca il pene eretto «mai in vita mia, ma proprio mai, ho sentito di un videogioco nel quale quasi quasi ti fanno un pompino! Tu, caro mio, hai proprio un cervello bacato. Sei un genio, questo sì, però di un bacato al cento per cento. Ma come Cristo t’è saltato in testa di metterci dentro delle scene di sesso?»
«Oh bella,» rise Troy, mettendogli il braccio attorno alle spalle mentre tornavano barcollando in soggiorno «ma perché il gioco si chiama “Vendere”! E qui, su Programmi elettronici da gioco » e prese la relativa rivista dal tavolo «c’è scritto che il settantadue per cento — dico: il settantadue per cento , amico — della clientela dei videogiochi è costituito da maschi dai 16 ai 24 anni. E lo sai che cosa piace a questa clientela oltre ai videogiochi e alla fantascienza? Il sesso , caro mio. E non te lo vedi, forse, lo stupidotto adolescente che si ritira in camera a giocare una partita per farsi una sega? Iii-aah! » Troy si abbatté su una poltrona tambureggiandosi il petto.
«Tu sei proprio suonato, Jefferson» disse Nick osservando l’esibizione alla Tarzan. «Ma proprio da manicomio: come faccio a fidarmi a stare solo con te sulla barca, d’ora in poi? Voglio dire, immagina gli annunci sui giornali “ Avventura aliena : un incontro con Susie Q, la regina del porno, in un castello sotterraneo sull’asteroide Vitt”. E, a proposito: come accidenti hai fatto a inserire tutti quegli spezzoni di film?»
«Con un fracco di ricerche e di duro lavoro, professore» rispose Troy, cominciando a calmarsi un poco. «Lanny e tre suoi amici si sono sorbiti almeno un migliaio d’ore di visionamento per trovarmi gli spezzoni giusti. E niente di tutto ciò sarebbe stato possibile, naturalmente, senza i nuovi metodi d’immagazzinamento-dati. Oggi possiamo immagazzinare un’ottima versione digitale di ogni film mai fatto negli Stati Uniti in uno spazio non molto superiore a quello di questa villetta bifamiliare. Io ho semplicemente sfruttato al meglio le capacità della banca-dati.»
Nick schiacciò una lattina di birra fra le mani. «Favoloso, niente da dire. Ma, in quanto alla faccenda del sesso, non saprei. E perché vuoi che il giocatore dichiari la sua razza all’inizio del gioco? Non pensi che potrebbe offendere qualcuno? Nel gioco, non ho visto niente che fosse basato su questo tipo d’informazione.»
Benché ubriaco, Troy diventò momentaneamente serio, anzi quasi sobrio. «Il sesso e la razza fanno entrambi parte della vita, caro mio» disse deciso. «Ora, sarà anche vero che la gente gioca ai videogiochi principalmente per divertimento, e che preferisce non dover affrontare certi argomenti mentre si diverte, però io credo che una certa licenza creativa me la si debba concedere. La razza è con noi quotidianamente, e, ignorandola, non si fa, secondo me, che aggravare il problema.»
Poi, illuminandosi, continuò: «Ehi, professore, hai notato che l’uomo lucertola di Thenia era nero? Tu hai proceduto ignorandone l’avvertimento: ma, e se fosse stato bianco? Saresti forse tornato alla navetta? Ebbene, quando a giocare è un nero, l’uomo lucertola di Thenia è bianco. Fa parte dello spettacolo, ecco tutto. E lo scenario contiene appunto una ventina di variazioni a seconda della razza inserita».
All’espressione manifestamente incredula di Nick, Troy disse, alzandosi per tornare con lui nella stanza dove avevano giocato: «Dico sul serio. Ora ti mostro che succede se inserisci “Maschio” e “Nero”».
Punto dalla curiosità, Nick lo seguì. Troy accese e lui inserì i dati biografici cambiando la razza da bianca in nera. Stavolta, quando l’immagine sul televisore della cabina spaziale fu a fuoco, la principessa Heather risultò nera — e impersonata da Angie Leatherwood! «Che mi pigli un colpo secco!» esclamò Nick, rivolto a un Troy raggiante. «Signor Jefferson, lei è proprio un califfo.» Dopodiché lasciò la stanza fischiettando e scuotendo la testa, mentre Troy spegneva la macchina e lo seguiva.
«Bene,» disse Nick, una volta che furono tornati in soggiorno e che si furono accomodati sul divano: «un’ultima domanda sul gioco, e poi basta, per il momento. Come hai fatto a inserirci il mio nome? Mi è sembrata la cosa più sbalorditiva.»
«L’idea originaria è stata di Lanny, e gli è venuta da un film su un fonoiatra. Lui ha preso tutti i personaggi minori e gli ha fatto passare una giornata a pronunciare tutti i suoni vocalici e consonantici tipici di una prova sperimentale. Dopodiché abbiamo semplicemente messo insieme i suoni per mezzo di quelle che si chiamano tecniche audioanalitiche continuative.» Ridendo (si sentiva in effervescenza per tutti quei complimenti), continuò: «C’è un punto debole, però: il nostro interprete sa solo leggere parole inglesi delle più semplici, per cui, volendo vendere all’estero, dovremo probabilmente eliminare questa caratteristica».
«Be’, ho esaurito i superlativi» disse Nick, alzandosi. «Fra parentesi: di tipi come te, ce n’è altri? fratelli, sorelle, roba così, insomma? Perché qui mi sa che sarà meglio che metta in guardia il resto del mondo.»
«No, adesso ci sono soltanto io» rispose Troy, il volto fuggevolmente attraversato da uno sguardo perduto in lontananza. «Avevo un fratello, Jamie, maggiore di me di sei anni, al quale ero molto legato, ma è morto in un incidente di macchina quando avevo quattordici anni.»
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